In principio fu il dagherrotipo, un’immagine unica, positiva e non riproducibile. Così il film di Gust Van Den Berghe, girato in tondoscope e visibile attraverso la forma circolare, è un singolare oggetto filmico che “costringe” la visione in una struttura che, nel suo ricondursi alla perfezione del cerchio, propone un originale percorso nel perpetuarsi di quella ciclica, sempiterna, alternanza tra Bene e Male. Lucifero ha un volto irregolare e le sembianze di un francescano. Cammina solingo per le strade di un Messico atemporale e segna le tappe di un cammino articolato in Paradiso, Peccato e Miracolo.
In un microcosmo in movimento, che come in una boule de neige permette – non a caso – anche il rovesciamento dello sguardo, l’angelo caduto calpesta quella Terra che, nei sogni ambiziosi di un prete, mira ad elevarsi, attraverso la costruzione di una scala pressoché infinita, fino alla volta celeste. Tuttavia è nell’esistenza terrena che si consumano i peccati ed i miracoli e, attraverso l’espiazione dei primi, si rendono possibili – per chi crede e vuole crederlo – anche i secondi.
Terza parte di una trilogia di cui fanno parte Little Baby Jesus of Flandr e Blue Bird, Lucifer è un’opera composita e spiazzante che indaga tra le pieghe recondite di un sentimento religioso che si trasforma qui in una più ampia cosmogonia che sembra trascendere il mero dogma di un credo. Non vi è traccia di irriverenza, tantomeno di blasfermia ma, al contrario, il film sembra muovere da una reale curiosità antropologica che attiene allo studio del rituale e ai principi di una fede che si dispiega – tanto religiosamente quanto folkloristicamente – in una mistica liturgica che trae linfa dal tangibile ma non rinuncia al tono onirico.
In una visionarietà che non si rivela un ozioso esercizio stilistico, il giovane regista fiammingo porta avanti una propria, unica, poetica che è indagine e analisi, ma anche profondità narrativa ed esercizio registico. C’è il “giullare” rosselliniano ma anche un afflato dantesco in questo Lucifero così “dannatamente” umano che si affranca da un’iconografia di demoniaca sembianza per (dis)farsi in un rarefatto simbolico e filosofico.
Ed è nell’obiettivo rotondo di questa macchina mentale che si può leggere la Storia, capovolgendone l’immagine (e conseguentemente la visione) per far sì che essa si riveli nella sua chiara interezza. Un processo indubbiamente ostico ma, nel contempo, una sfida affascinante per lo spettatore che saprà accettarla.
© CultFrame 10/2014
TRAMA
Lucifero attraversa il Messico in quella che sarà la strada per il Paradiso. Conoscerà l’anziana Lupita e “guarirà” suo fratello che millanta da quattro anni un’infermità alle gambe. L’angelo caduto seduce anche la giovane Maria e, nel suo percorso, traccerà una sempre più fulgida linea di confine tra il Bene e il Male.
CREDITI
Titolo: Lucifer / Regia: Gust Van Den Berghe / Sceneggiatura: Gust Van Den Berghe / Interpreti: Gabino Rodriguez, Norma Pablo, Maria Toral Acosta, Jeronimo Soto Bravo / Fotografia: Hans Bruch Jr. / Montaggio: David Verdurme / Scenografia: Natalia Trevin / Interpreti: Gabino Rodriguez, Norma Pablo, Maria Toral Acosta, Jeronimo Soto Bravo / Paese: Belgio, Messico, 2014 / Durata: 110 minuti
LINK
Filmografia di Gust Van Den Berge
Festival Internazionale del Film di Roma – Il sito