Nelly è tornata dall’inferno di Auschwitz con l’anima e il volto sfigurati. Se nulla potrà mai risanare la prima, la chiururgia può, almeno, ricostruire il secondo. Attraverso le bende, la donna (ri)vede la sua città e, accudita dalla fedele amica Lene, tenta di riappropriarsi della nuova se stessa. Nell’orrore del campo ciò che le ha permesso di restare aggrappata a quell’istinto, per quanto atrocemente calpestato, di sopravvivenza è stato il pensiero di rivedere suo marito Johnny ma ora, con una faccia diversa, non sa come farsi riconoscere.
Il ricordo del passato e l’incertezza del presente, l’umanità calpestata e la speranza, la verità di un amore e la menzogna del tradimento… Phoenix gioca, fondamentalmente, con gli opposti e, attraverso il processo del progressivo svelamento, concentra la narrazione sul concetto – ampio e sfaccettato – dell’identità, più universalmente intesa come profondo senso di appartenenza a sé stessi, ad un popolo, ad una terra…
Nel “ridisegnare” i lineamenti di Nelly, infatti, Christian Petzold (che ha firmato, nel 2012, l’intenso La scelta di Barbara) vuole tracciare una mappa, soprattutto emotiva, di un momento inciso a caratteri di fuoco sulla Storia; eppure questo suo percorso sceglie il sentiero dell’ovvio e finisce per banalizzare il tragico anche attraverso un contrappunto di dialoghi di abusata retorica e privi di efficacia.
Nel reiterare l’ambiguità del dubbio, il regista tedesco – anche autore della sceneggiatura ispirata al romanzo di Hubert Monteilhet Les retour des cendres – perde di vista non soltanto il senso di verosimiglianza (la Nelly dal nuovo volto è irriconoscibile per il marito ma sono sufficienti un abito, un paio di scarpe e un nuovo colore di capelli per renderla nuovamente “identica” alla moglie che crede morta) ma anche il significato della narrazione stessa che, appiattita da una regia monocorde, smarrisce progressivamente ritmo e coinvolgimento.
Gli occhi di Nina Hoss, saturi da tanto orrore del passato, si fissano allora su un presente che sembra incuterle altrettanta paura ma conferiscono al suo personaggio l’innaturalità di una bambola di cera. Speranza e patimento si alternano così in uno scialbo alternarsi di campo/controcampo per concludersi con una “trovata” che dovrebbe fungere da gran finale e si risolve, invece, in un mesto quanto prevedibile epilogo.
© CultFrame 10/2014
TRAMA
1945. Nelly torna a Berlino dopo essere sopravvissuta al campo di sterminio di Auschwitz. E’ ferita gravemente al volto e, assistita della sua amica Lene, impiegata dell’Agenzia ebraica, si sottopone ad un delicato intervento di chirurgia plastica. Ancora convalescente e contro il parere di Lene, la donna parte alla ricerca di suo marito Johnny che la crede morta. Quando lo incontra non gli rivela la sua identità e l’uomo, credendo di ravvisare in lei una vaga somiglianza con la defunta moglie, la convince a fingersi lei per poter ottenere l’eredità. Nelly diventa così l’impostora di se stessa.
CREDITI
Titolo: Phoenix / Regia: Christian Petzold / Sceneggiatura: Christian Petzold dal romanzo “Le retour des cendres” di Hubert Monteilhet / Fotografia: Hans Fromm / Montaggio: Bettina Böhler / Scenografia: K.D. Gruber / Musica: Stefan Will / Interpreti: Nina Hoss, Ronald Zehrfeld, Nina Kunzendorf / Produzione: Florian Koerner von Gustorf, Michael Weber / Paese: Germania, 2014 / Durata: 98 minuti
LINK
Filmografia di Christian Petzold
Festival Internazionale del Film di Roma – Il sito