Charles Baudelaire contro Oliver Wendell Holmes. Duello a distanza sulla fotografia

SCRITTO DA
Maurizio G. De Bonis

duello sulla fotografiaSappiamo molto bene cosa disse della fotografia il poeta francese Charles Baudelaire. Definì, ad esempio, la disciplina nata nel 1826-1827 (Nicéphore Niépce – Vista dalla finestra a Les Gras, considerata la prima fotografia esistente)una ” grande follia industriale” e parlò addirittura di “idiozia della massa”. Ce lo ricorda Giovanni Fiorentino nel suo libro intitolato Il flâneur e lo spettatore – La fotografia dallo stereoscopio all’immagine digitale (Franco Angeli Editore, 2014). Ma c’è di più, Baudelaire si lanciò in un’incredibile stigmatizzazione dell’americanizzazione dell’individuo medio nonché dei concetti di quantità e serialità artistica. La fotografia sembrava a Baudelaire nemica della capacità umana di immaginazione.

Ebbene, tutto ciò è riportato con assoluta correttezza nel testo di Fiorentino che, oltre a scrivere un interessante saggio sull’evoluzione dell’immagine, a partire dallo stereoscopio (dispositivo ottico per la visione di immagini stereoscopiche presentato nel 1851 durante l’esposizione universale di Londra) fino al digitale, compie un’acuta operazione comparativa di carattere critico-storicistico. Accanto alla potente invettiva di Baudelaire, intitolata Il pubblico moderno e la fotografia, colloca tre riflessioni molto ampie di Oliver Wendell Holmes. Quest’ultimo fu un importante medico e scrittore americano che si occupò di fotografia nello stesso periodo in cui Baudelaire scriveva le sue filippiche anti-fotografiche (i testi proposti sono stati scritti tra il 1859 e il 1863). L’approccio di Holmes fu molto diverso, come sostiene Fiorentino. Il medico statunitense considerava la fotografia “fonte artificiale del sapere” e gli “autoritratti della natura” (estremamente significativa e illuminante questa definizione) da affiancare a discipline come moda architettura e musica, intuendo in maniera precisa il potenziale sviluppo industriale e comprendendo come questo strumento tecnologico fosse in grado di produrre, allo stesso tempo, elementi culturali/creativi ma anche valori di tipo addirittura post-industriale. Come afferma Giovanni Fiorentino:

“La steroscopia di Holmes… si fa espressione di bisogni di visibilità e comunicazione postindustriale, intravede un ambiente tecnologico e sociale più accogliente, sembra ragioni in sintonia con le “frontiere dell’immaginazione” disegnate da Vannevar Bush nel 1945, quando scrive visionariamente di biblioteche digitali. Offre diverse opportunità di rileggere il presente.”

                        duello sulla fotografia               duello a distanza

1. Charles Baudelaire. Fotografia di Etienne Carjat, c. 1863/ 2. Oliver Wendell Holmes (c.1879)

In tal senso, Holmes appare moderno, con lo sguardo concentrato sul suo presente ma anche proiettato verso il futuro (cioè il nostro presente), e Baudelaire praticamente un antiprogressista (la fotografia, infatti, non dovrebbe sconfinare nell’immaginario, secondo il poeta francese); e ciò rende il confronto ancor più stimolante poiché le tesi di Baudelaire, seppur molto fastidiose e ruvide (e per molti versi insostenibili), contenevano anche alcuni elementi su cui riflettere (ancora oggi), come ad esempio la questione della presunta “esattezza” della fotografia (equivoco che tuttora persiste) e il ruolo (appropriato per Baudelaire) della fotografia in funzione della documentazione, della catalogazione, della memoria e del rapporto con la scienza.

Ciò che mette in evidenza Fiorentino in questa suo libro è che pur avendo approcci diversi, Baudelaire e Holmes si sono occupati sostanzialmente del medesimo argomento: cioè le implicazioni sociali dello strumento fotografico, la sua dimensione industriale e l’enorme potere delle immagini riproducibili. Questo duello a distanza non deve però servire al lettore per prendere una posizione netta, a parteggiare per l’uno o per l’altro, quanto piuttosto per rendersi conto della complessità culturale e sociologica del mediumfotografico, ancor di più oggi nell’era del digitale e della fotografia alla portata di tutti.

© CultFrame – Punto di Svista 11/2014
(pubblicato su L’Huffington Post Italia)


CREDITI

Titolo: Il flaneur e lo spettatore / Sottotitolo: La fotografia dallo stereoscopio all’immagine digitale / Autore: Giovanni Fiorentino / Editore: Franco Angeli / Collana: Comunicazione e società / Anno:2014 / 112 pagine / Prezzo: € 15,00 / ISBN: 9788891708960

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Maurizio G. De Bonis

Maurizio G. De Bonis è critico cinematografico e delle arti visive, curatore, saggista e giornalista. È direttore responsabile di Cultframe – Arti Visive, è stato direttore di CineCriticaWeb e responsabile della comunicazione del Sindacato Nazionale Critici Cinematografici Italiani. Insegna Cinema e immagine documentaria e Arti Visive Comparate presso la Scuola Biennale di Fotografia di Officine Fotografiche Roma. Ha pubblicato libri sulla fotografia contemporanea e sui rapporti tra cinema e fotografia (Postcart), sulla Shoah nelle arti visive (Onyx) e ha co-curato Cinema Israeliano Contemporaneo (Marsilio). Ha fondato il Gruppo di Ricerca Satantango per il quale ha curato il libro "Eufonie", omaggio al regista ungherese Bela Tarr. È Vice Presidente di Punto di Svista - Cultura visuale, progetti, ricerca.

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