Correva l’anno 1984, in Gran Bretagna l’omosessualità, dal 1967, non era più un reato per i maggiorenni ma l’omofobia imperava. Negli anni plumbei del governo Thatcher la variopinta sfilata del Gay Pride faceva il rumore di uno schiaffo sul volto inclemente della Lady di ferro ma la sua eco andò ben oltre la manifestazione per il riconoscimento dei diritti di una corposa comunità, acquisendo la forza di un vero e proprio atto politico.
Nello stesso anno nel sud del Galles i minatori iniziarono uno dei più drammatici scioperi della storia del paese che durò un anno intero. Nel progetto thatcheriano dello smantellamento dei siti minerari oltre 20.000 persone persero il lavoro e nella valle di Dulais gli scioperanti furono messi a dura prova: affamati, vessati e trattati come criminali dalla polizia. Contro i lavoratori che difendevano il proprio posto di lavoro, nonché la loro unica fonte di sostentamento, il governo applicò misure estreme arrivando a tagliare non soltanto il gas ma anche i fondi sindacali, impedendo le donazioni dirette.
A Londra, uno dei gruppi che abitualmente si raccoglieva attorno alla libreria Gay’s The World, In Marchmont Street, segue con trepidazione e naturale empatia la difficile situazione gallese e il giovane Mark Ashton, infiammato d’entusiasmo, coinvolge i suoi compagni nell’intenzione di portare un aiuto concreto agli scioperanti. Nasce LGSM (Lesbiche e gay a sostegno dei minatori) che, non senza difficoltà, riesce a raccogliere denaro e generi di conforto. Nonostante l’iniziativa sia più che lodevole, l’incontro con i sindacati e con i rappresentati della comunità gallese non avverrà sotto i migliori auspici poiché, in quei villaggi rurali superare il pregiudizio non sarà cosa da poco e porterà ad uno scontro tra due mondi che, seppur uniti da un comune destino di minoranza angariata, non troverà facilmente un punto di contatto.
Matthew Warchus raccontando la storia (vera) di uno degli scontri operai più significativi dell’era Thatcher trasla, in realtà, un dramma del passato nel nostro angusto presente di crisi. La perdita del lavoro è, in sé, una perdita di identità, di personale dignità con la quale affrontare il mondo e la vita stessa. La lotta strenua dei minatori si fa, più universalmente, una battaglia contro il sopruso del potere e una politica che ignora l’individuo, che smembra la società e ne fa carne da macello per la fagocitante ideologia dell’interesse. La comunità omosessuale che coraggiosamente, all’epoca, si espose in prima persona si fa anche simbolo di volontà e di autoaffermazione in barba alla grettezza dei benpensanti e dimostrò, di fatto, una concreta lungimiranza.
Descrivendo il confronto/scontro tra i sei ragazzi londinesi (nella realtà furono 26) e i minatori gallesi, Warchus sceglie, con intelligenza, il registro dell’ironia dosando sapientemente comicità e commozione, rifuggendo ogni escamotage ricattatorio e restituendo, intatta, l’atmosfera di un periodo attraverso quella musica che racchiudeva in sé il peculiare mood degli anni Ottanta, un misto di edonismo e inquietudine, tra la leggerezza pop che minò alle fondamenta il moralismo più trito – liberando la sessualità da ogni giogo conformista – e la paura dell’ombra oscura dell’Aids che avanzava.
La ricerca del regista, grazie alla meticolosa indagine dello sceneggiatore Stephen Beresford che ha scovato semi-dimenticati materiali di repertorio e ha raccolto le testimonianze di chi partecipò a quella lotta, quindi il sapore di un lavoro sul campo che si ispira al reale per convertirlo, con le adeguate licenze artistiche, in una narrazione che mette al centro un valore autentico e fondante, quello della solidarietà, come unica forma di coesione possibile di qualsivoglia battaglia.
Un film corale, sostenuto da un cast in perfetta sintonia, una “commedia politica” in cui ad ogni voce (la lotta dei minatori) corrisponde un controcanto (il sostegno del’LGSM) nell’insieme di un coro unanime contro la sopraffazione. Si vogliono giustizia, “il pane e le rose” ma anche la libertà di espressione, di rivendicare se stessi e vincere il pregiudizio.
Di quel tempo restano, ad oggi, non solo il ricordo di una lotta ma quello di un eroe della vita quotidiana (Mark Ashton morì a 27 anni di Aids), di chi non ha smesso di combattere (Jonathan Blake, ora 65enne, è uno dei primi sieropositivi inglesi) e di chi lo fa ancora da “dentro” (Siān James è membro del Parlamento per i Labouristi).
Pride è davvero un film dell’orgoglio, inteso come fierezza, forza di volontà, amor proprio ma anche uno spaccato intenso e mai ammicante di umana fragilità. Si ride, sì, ma non senza ricordare il prezzo pagato per quella lotta e quello che, in piena crisi globale, ancora ci costerà come risultante di una somma che, sartrianamente, è la totalità “di quello che non si ha ancora, di quello che si potrebbe avere”.
© CultFrame 12/2014
TRAMA
Ispirato ad eventi realmente accaduti, il film racconta il drammatico sciopero dei minatori del Galles nel 1984, in piena era thatcheriana, che durò un anno e vide gli operai messi a dura prova dal governo che, oltre a chiudergli i gas e i fondi sindacali, li trattò come criminali. Un gruppo di ragazzi londinesi della comunità gay decisero di intervenire a favore dei lavoratori della valle di Dulais e organizzarono una raccolta fondi per i minatori e le loro famiglie. L’incontro tra i giovani e la gente del villaggio gallese fu, sulle prime, irto di difficoltà dovute al fortissimo pregiudizio nei confronti degli omosessuali ma ben presto si trasformò in una lotta comune contro il sopruso e, un anno dopo, al Gay Pride del 1985, furono proprio i minatori a sfilare in testa al corteo in segno di solidarietà con coloro che gli avevano prestato aiuto durante il durissimo sciopero.
CREDITI
Titolo: Pride / Titolo originale: Id. / Regia: Matthew Warchus / Sceneggiatura: Stephen Beresford / Fotografia: Tat Radcliffe / Montaggio: Melanie Oliver / Musica: Christopher Nightingale / Scenografia: Simon Bowles / Interpreti: Bill Nighy, Imelda Stauton, Dominic West, Paddy Considine, Ben Schnetzer, Jessica Gunning / Produzione: Pathè, BBC Films / Distribuzione: Teodora Film / Durata: 120 minuti
SUL WEB
Sito ufficiale del film Pride di Matthew Warchus
Filmografia di Matthew Warchus
Teodora Film