Une femme française en Orient è un libro della fotografa franco-spagnola Flore. Ma non si tratta di un semplice volume fotografico, non è il solito album di immagini che illustra il lavoro di un autore. È qualcosa di più. O meglio, di altro. È un’iniziativa editoriale che grazie alle opere di Flore fa emergere il senso profondo del fare fotografia, quest’ultima non intesa come disciplina semplicemente in grado di catturare la realtà ma come esperienza interiore che si manifesta grazie all’azione dello sguardo.
Nel caso delle fotografie di Flore inserite in questo libro, l’azione della sguardo non è caratterizzata, però, dal comportamento da predatore, tipico di chi fotografa, ma da un atteggiamento opposto, da una sorta di totale e libera disponibilità a farsi attraversare dal flusso dell’esperienza. L’Oriente, dunque, (sia esso il Marocco, o la Turchia) non risponde a coordinate geo-politiche, non è catalogabile e non viene rappresentato in modo folcloristico e o colonialista (come spesso si vede in fotografia e anche nel cinema).
Nel caso di questo libro, l’Oriente si trasforma in una specie di sogno ad occhi aperti, nello spazio di un viaggio mentale e sensoriale che non intende evidenziare il reale, e meno che mai documentare. Semmai vuole evocare un universo di sensazioni, una scia di turbamenti e sentimenti che non ha alcuna direzione. Spazio e tempo, considerati secondo la logica ordinaria, sono fattori totalmente annullati in questo lavoro di Flore. La visione del mondo si fonde con l’immaginazione, con la quasi sublime astrazione di un sogno.
Ogni immagine pubblicata in Une femme française en Orient possiede, dunque, una sua evidente connotazione lirica, diviene metafora di una percezione visiva mai aggressiva che non intende definire il mondo. Si ha l’impressione che Flore si sia volutamente perduta, si sia abbandonata al suo “sentirsi straniera” (anche nella lingua fotografica). Si sia lasciata, inoltre, trasportare in una dimensione che nulla ha a che fare con lo spostamento fisico nello spazio. Immaginazione, malinconia, tristezza e attrazione, delicatezza e forza evocatrice. Tutto si manifesta come inevitabile concretizzazione di un’esperienza soggettiva che non è conciliabile con l’idea tradizionale di fotografia. In tal senso, la citazione proustiana posta all’inizio del volume (“i veri paradisi sono quelli che abbiamo perduto”), costringe il lettore non solo a guardare le immagini con profondità ma anche a effettuare il proprio percorso personale dentro un’idea di Oriente lontana dagli stereotipi.
Il bianco e nero morbido e impastato usato da Flore (come indicato nel libro le “opere originali sono stampate ai sali d’argento e virate al selenio) e le inquadrature non convenzionali che possiamo vedere edificano un universo espressivo lontano dall’idea banale della rappresentazione. Nulla è semplicemente raffigurato in questo prezioso ed elegante volume, si posiziona nell’area scontata del significato. Tutto è riflesso, sfocatura, evocazione, impressione impalpabile di uno sguardo vagante.
Accompagna il percorso visuale di Flore, un testo che non posso non definire poetico, perfettamente aderente al tono delle immagini, firmato da Natacha Wolinski, critica d’arte e scrittrice figlia del celebre disegnatore Georges Wolinski (morto recentemente nel terribileattentato terroristico alla rivista Charlie Hebdo).
© CultFrame – Punto di Svista 01/2015
(pubblicato su L’Huffington Post Italia)
CREDITI
Titolo: Une femme française en Orient / Autore: Flore / Editore: Edizioni Postcart (con il supporto della galleria 127) / Testi: Natacha Wolinsky / Lingua: Inglese, Francese / Pagg. 98 / Fotografie: 51 / Anno: 2014 / Prezzo: 39,00 euro / ISBN: 978-88-98391-28-8
SUL WEB
Il sito di Flore
Postcart Edizioni
Galerie 127, Parigi