Turner ⋅ Un film di Mike Leigh

SCRITTO DA
Eleonora Saracino

Londra, 1832. Siamo alla Royal Academy e William Turner, cinquantasettenne, presenta “Helvoetsluys: la “Città di Utrecht” prende il mare mentre il suo pressoché coetaneo John Consatable, rivale di sempre, espone “L’inaugurazione del ponte di Waterloo”.  Il regolamento permetteva ad ogni pittore, fino a pochi giorni prima dell’apertura, di modificare la propria opera. Turner vede Constable immerso in un lavoro incessante, con i suoi pennelli bagnati nel rosso vermiglio, mentre ritocca di continuo la tela che risplende di oro e di luce, e la sua marina, per quanto fosca e potente, sembra allora annegare nel grigiore dell’acqua. Di fronte al “suo” mare Turner aggiunge, di slancio, una pennellata di rosso, un piccolo gavitello tra le increspature e subito il quadro annulla tutto il resto, dissolvendo in un istante i bagliori del Tamigi di Constable che, nel lasciare a capo chino la stanza, ebbe a dire con amarezza: “Turner è stato qui e ha sparato una cannonata!”.

E’ una delle scene più belle di Turner e anche la summa del carattere, poliedrico quanto sfuggente, dell’artista inglese al quale Mike Leigh dedica molto di più di un semplice – si fa per dire – biopic ma racconta gli ultimi venticinque anni di vita di un uomo sulla cui tela ha espresso tutta la genialità, nonché il tormento, di un animo visionario. Il regista di Salford ha dichiarato che proprio dai paesaggisti inglesi ha compreso appieno la potenza del cinema e la pittura da lui definita “cinematica” di Turner anticipava proprio quella potenza, nell’uso del colore e nella profondità di campo.

Taciturno e scostante il pittore londinese, disegnava febbrilmente sul suo inseparabile taccuino; palesemente disinteressato all’umanità (fatta eccezione per il padre con il quale visse a lungo e che gli fece da premuroso assistente fino alla morte) ma immerso totalmente nella Natura e nei suoi sorprendenti cromatismi che cercava di catturare, sfumatura dopo sfumatura, per riprodurli, vividi e palpitanti, sulle sue tele.

Seppur vissuto in epoca romantica, Turner è stato un impressionista ante litteram e, avanti sul proprio tempo, guardava al mondo con gli occhi di chi vedeva fondersi la luce con la materia, andando oltre l’immagine, sublimandola in riflessi rarefatti che furono il tratto distintivo della sua arte destinata, come capita sovente ai grandi, a non essere del tutto compresa dai contemporanei.

Leigh, allora, con sublime maestria ci conduce nel mondo turneriano e ce lo mostra con gli occhi del protagonista, anche grazie all’uso di una straordinaria fotografia che, nella vividezza del digitale, restituisce tutta la suggestione del cromatismo di Turner: i cieli cupi delle tempeste, i toni scuri delle onde, i cieli rossi di Venezia e quelli feriti dagli incendi, la bruma del paesaggio inglese e i tramonti folgoranti sull’orizzonte olandese.

Qui l’arte e la vita si mescolano, tanto che la seconda, consacrata alla prima, non sarà poi così prodiga di soddisfazioni professionali e personali. Circondato da un’umana bruttezza, restio alle relazioni, Turner non si sposò mai pur avendo avuto due figlie dalla stessa donna e si legò, nella maturità, alla vedova Booth che gli fu accanto fino alla fine. Il cuore dell’artista sembra allora palpitare solo di fronte all’immenso patrimonio naturale e il suo intelletto essere stuzzicato dalle meraviglie della modernità come il treno a vapore e la fotografia.

In quegli abiti logori e gualciti, alberga l’animo di un uomo al quale Timothy Spall (vincitore della Palma d’Oro a Cannes 2014 per la migliore interpretazione maschile) infonde un carattere di autentica complessità, appropriandosi, fin nel profondo, del personaggio e dimostrando, se mai ce ne fosse stato ancora bisogno, la sua levatura di attore. Il linguaggio dickensiano – che, purtroppo, smarrirà la sua bellezza nel doppiaggio – ci immerge nel suono di un eloquio cadenzato al quale si contrappone il “rumore” di Turner, i suoi lunghi silenzi intervallati da grugniti e le parole aspre, brusche e rapide come le sue pennellate.

Ardito, visionario, iconoclasta, John Mallord William Turner amava anche giocare con la dissimulazione, inventare di volta in volta il suo luogo di nascita, spacciarsi per ammiraglio o per cancelliere del tribunale… Mistificare, insomma, ma mai con la sua arte, poiché ad essa ha dedicato tutta la sua sincerità, l’ampiezza della visione, lo sguardo di un pittore che, sempre più, prese “congedo dalla forma” per dilatarla, sublimandone i contorni, verso la sostanza rarefatta della luce.

Con Leigh il cinema si fa qui affresco, dove i personaggi, la parola e gli sfondi si fissano sullo schermo con pennellate di nitida brillantezza non già per farsi quadro di maniera ma ritratto appassionato di un genio dell’immagine.

© CultFrame 01/2015

TRAMA
William Turner è un pittore di fama che vive con il padre, suo devoto assistente, e una governante che, di tanto in tanto, non gli nega anche il piacere. Viaggiatore indefesso, inseparabile dal suo quaderno sul quale disegna senza sosta, l’artista trae ispirazione dalla natura e dai suoi colori. Alla morte del padre si rifugia sempre più in se stesso, allontanandosi dalla gente e dedicandosi alla pittura con attività febbrile. Quando incontra la Signora Booth, proprietaria di una pensione in riva al mare, decide di ricominciare un altro capitolo della sua arte e della sua vita con una compagna che gli sarà accanto fino alla morte.


CREDITI

Titolo: Turner / Titolo originale: id. / Regia: Mike Leigh / Sceneggiatura: Mike Leigh / Fotografia: Dick Pope / Montaggio: Jon Gregory / Musica: Gary Yershon / Scenografia: Suzie Davie / Interpreti: Timothy Spall, Dorothy Atkinson, Marion Bailey, Paul Jesson, Martin Savage, Ruth Sheen / Produttore: Georgina Lowe / Distribuzione: Bim / U.K. 2014 / Durata: 149 minuti

SUL WEB
Sito italiano del film Turner di Mike Leigh
Filmografia di Mike Leigh
BIM

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Eleonora Saracino

Eleonora Saracino, giornalista, critico cinematografico e membro del Sindacato Critici Cinematografici Italiani (SNCCI), si è laureata in Storia e Critica del cinema con una tesi sul rapporto Letteratura & Cinema. Ha collaborato con Cinema.it e, attualmente, fa parte della redazione di CulfFrame Arti Visive e di CineCriticaWeb. Ha lavorato nell’industria cinematografica presso la Columbia Tri Star Pictures ed è stata caporedattore del mensile Matrix e della rivista Vox Roma. Autrice di saggi sul linguaggio cinematografico ha pubblicato, insieme a Daniel Montigiani, il libro “American Horror Story. Mitologia moderna dell'immaginario deforme” (Viola Editrice).

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