Cerchiamo di affrontare la questione delle problematiche (e delle banalità dette su tali problematiche) vissute dai giovani autori italiani per fare cinema in questo nostro disastrato paese partendo da un esempio concreto: Perfidia.
Si tratta di un film di Bonifacio Angius, al suo esordio nella direzione di un lungometraggio di finzione dopo aver girato corto e mediometraggi. Perfidia (titolo già affibbiato in modo arbitrario in Italia a pellicole di Nick Gride e Roberto Bresson, ma è anche un brano di Nat King Cole), senza “particolari santi in paradiso” e senza una poderosa macchina di marketing dietro le spalle, è andato in concorso al Festival di Locarno ed è in distribuzione nelle sale italiane.
Dopo questa premessa, potrei iniziare con la sequela delle solite ovvietà che si possono dire in questo caso, come ad esempio: è possibile fare anche in Italia cinema di qualità con un budget basso. Oppure: esiste un cinema italiano indipendente che ha una sua vita, anche se il mercato è attraversato da innumerevoli difficoltà, strettoie e meccanismi intoccabili.
In questa riflessione che scaturisce direttamente dalla visione del film, vorrei però puntare su un altro, più importante, aspetto: la qualità artistica dell’opera. Questo argomento è quasi un tabù (mi riferisco al nostro paese in cui solo la parola autore desta perplessità), mentre rappresenta il valore aggiunto di un’operazione creativa e produttiva, che pur presentando difetti (come è normale che sia), si mostra come un lavoro che si situa in un contesto/immaginario creativo di tipo internazionale. In sostanza, Perfidia è stato girato non in modo prevedibile (come spesso succede in Italia) ma con un respiro che va addirittura al di là del cinema stesso. Intendo dire, che in ogni inquadratura si percepisce non solo la sedimentazione della storia della cinematografia mondiale (anche se è inutile fare nomi roboanti per dimostrare ciò) ma anche una tendenza espressiva fortemente contemporanea, altra rispetto alla “modestia visuale” di certa produzione nostrana, e più legata alla cultura visiva di oggi (alla fotografia contemporanea o alla videoarte, ad esempio) che alla logica comunicativa dei “soliti” film che vediamo nelle sale.
È proprio per tale motivo che la location di Sassari risulta interessante. Non perché sia Sassari il palcoscenico dello straniamento del protagonista, ma perché la città sarda è inquadrata e fotografata come fosse un qualunque centro europeo di provincia, un luogo di straniamento, appunto, in cui prevale un’organizzazione dello spazio standardizzata e comune, una geometria urbanistica della solitudine e dell’angoscia. E ancora: le coste sarde, le sue scogliere scoscese, sono inquadrate da Angius evitando ogni stereotipo, come fossero litorali irlandesi. Il luogo perde la sua condizione di territorio riconoscibile e geografico per divenire spazio “altro”, ambiente metaforico che allude alla condizione degli esseri umani, al di là delle “aree di appartenenza”.
Ebbene, questa è proprio l’impostazione che si rintraccia nei percorsi creativi di numerosi videoartisti e fotografi del mondo contemporaneo e basta uscire dalle sale cinematografiche e visitare biennali d’arte contemporanea e musei per rendersene perfettamente conto. La particolarità e il valore di Perfidia a mio avviso sta, dunque, nella sua connotazione visiva, nel suo altissimo tasso di adesione alla categoria che potrei definire “espressione d’arte visuale”. La sua forza inequivocabile è nelle immagini e nello sguardo del suo autore, nell’essere di fatto (anche se non del tutto) “fuori dalla logica cinematografica”.
In relazione a Perfidia, ho prima detto della presenza di quelli che potrei definire difetti (mi verrà perdonata la semplificazione giornalistica). Ebbene, tali problemi li ho riscontrati quando l’opera cerca di rientrare nei ranghi del racconto filmico (alcune sequenze basate su dialoghi, ad esempio), attraverso una narrazione che in alcuni tratti si palesa come un “freno a mano tirato” nei riguardi di un flusso di segni e forme che già da solo narra perfettamente i contenuti che si intende veicolare con l’opera. La drammaturgia rischia, infatti, di divenire un inutile antidoto nei riguardi della potenza evocatrice delle inquadrature, rischia di ingabbiare in uno schema certo ciò che invece è totalmente libero.
Il mio consiglio per chiunque riesca a vedere Perfidia è quello di abbandonarsi a una fruizione libera dalla “storia”, a una fruizione concentrata sull’atto della visione e sul flusso delle immagini e dei movimenti di macchina, di lasciarsi trasportare in sostanza dalla musicalità delle sequenze come se Perfidia fosse una composizione sonora e non un lungometraggio. Solo in questo modo si potrà percepire la qualità chiara di questo lavoro. Altrimenti si vedrà solo un film.
© CultFrame – Punto di Svista 01/2015
TRAMA
Angelo è un uomo di trentacinque anni. Vive a Sassari con il padre, dopo la morte della madre. Angelo non fa nulla, non ha un lavoro, non ha passioni. Il padre vorrebbe sistemarlo, trovargli un’occupazione ma ogni tentativo risulta vano. Le sue giornate passano tutte uguali: il bar, alcuni amici, il ritorno a casa. Tutto, fino a quando il padre avrà problemi di salute.
CREDITI
Titolo: Perfidia / Regia: Bonifacio Angius / Sceneggiatura: Bonifacio Angius, Fabio Bonfanti, Maria Accardi / Fotografia: Pau Castejón Úbeda / Montaggio: Tommaso Gallone / Scenografia: Luca Noce / Interpreti: Stefano Deffenu, Mario Olivieri, Noemi Medas, Alessandro Gazale, Andrea Carboni, Domenico Montixi / Produzione: Francesco Paolo Montini (Movie Factor), Grazia Porqueddu e Bonifacio Angius (Il Monello Film) / Origine: Italia / Anno: 2014 / Durata: 103 minuti
SUL WEB
Filmografia di Bonifacio Angius
Il Monello Film