“Cos’è questo Freak Show se non la rappresentazione dei nostri peggiori incubi?” ci si chiede nella Season 4 di American Horror Story, firmato dalla ormai premiata ditta Ryan Murphy e Brad Falchuk che, dopo aver inaugurato nel 2001 la prima stagione di quello che era destinato a divenire il serial di maggior successo della tv statunitense via cavo FX, ha mandato in onda (ottobre 2014- gennaio 2015) la quarta che, in Italia, il canale satellitare Fox trasmetterà a partire dal prossimo 24 febbraio.
Freak Show, appunto, in cui pur non mancando l’orrore, è certamente la serie di episodi meno spaventosa, in senso letterale, ma non meno agghiacciante. Anzi. E’ sicuramente la più agghiacciante perché “mette in scena” – nel vero senso della parola – incubi e mostruosità che attengono alle nostre paure più profonde, al gorgo oscuro in cui l’anima precipita quando non sa più nutrirsi di speranza.
Il primo episodio – eloquentemente intitolato Monsters among us – è sceneggiato dagli stessi Falchuk e Murphy e diretto da quest’ultimo (di 64 minuti, 24 in più della durata standard) e ci proietta da subito nell’inquietante atmosfera circense in cui le gemelle, con due teste su un unico corpo, Dot e Bette Tattler (Sarah Paulson) si apprestano ad entrare, proprio come noi, per la prima volta sotto quel tendone che ci dischiuderà un nuovo universo di orrori.
“Le ombre che mi avevano protetto vennero bandite dalla luce accecante della visibilità. E allora seppi che stavo varcando i cancelli dell’inferno” scrive Dot nel suo diario e le cui parole sentiamo in fuori campo mentre, si appresta, con l’inseparabile sorella, ad entrare nel regno dei freak di Elsa Mars interpretata dalla star, nonché anima della serie, Jessica Lange.
Siamo a Jupiter, in Florida, nel 1952, e la diversità, la malattia e la deformità fisica sono ancora, socialmente, considerate un’onta. Elsa Mars, attrice tedesca dal look alla Dietrich e dai sogni di celluloide spezzati, è a capo del Freak Show, uno spettacolo itinerante dove gli scherzi della natura, contrariamente al modo in cui il mondo esterno li accantona o li nasconde, qui sono le stelle del palcoscenico e mostrano, ciascuno a suo modo, il proprio talento.
Fin da subito l’intento di omaggiare un cult movie come Freaks di Tod Browning è palese. I riferimenti al capolavoro, dal travagliato destino, del 1932 sono numerosi ma non i soli. In questa quarta stagione, infatti, si rintraccia una moltitudine di rimandi che non si limita al semplice gioco cinefilo. Il quadro, infatti, puntata dopo puntata, si fa sempre più composito e vi si notano talmente tanti riferimenti da non poter essere considerati mere coincidenze.
Al film di Browning gli autori di certo si ispirano – anche qui molti attori sono degli autentici freaks – ma non dimenticano i clown sanguinari di Stephen King, la bambola assassina di Tom Holland, i deliri di onnipotenza di American Psycho, gli arti surrogati di burtoniana memoria, la lotta tra il bene e il male del serial della HBO Carnivàle o le suggestioni lynchiane di The Elephant Man. Non è un caso, infatti, che la poliedrica Jessica Lange/Elsa si esibisca in una straordinaria performance rivisitando Life on Mars (nel gioco di parole del suo cognome) di David Bowie che, dal 1980 al 1981, interpretò a Broadway proprio John Merrik, l’uomo elefante al quale David Lynch dedicò il suo secondo lungometraggio (1980). Il trucco e i costumi di Elsa sono ispirati, in più di una puntata, a quelli del Duca Bianco che, nel 1974, nell’album Diamond Dogs cita il film e il regista di Freak nei versi “With your silicone hump and your ten inch stump / Dressed like a priest you was / Tod Browning’s freak you was”.
Insomma, la quarta stagione di American Horror Story si presenta come una sorta di matrioska di richiami e di rimandi al cinema e alla letteratura della difformità ma, fondamentalmente, si fonda sulla potenza, spesso devastante, di quell’eterno sentimento che è l’amore. Un amore (de)formato dalla vergogna o dall’umiliazione, sofferente perché non corrisposto, infelice perché impossibile, disperato perché negato e, come una madre gravida di mostruosità, il circo di Elsa Mars partorisce solo dolorose disgrazie.
Tutti i personaggi di Freak Show, infatti, sono stati feriti nei sentimenti e quel che accomuna la maggior parte di loro è il rapporto, sempre in qualche modo prostrato, con la maternità. La stessa Elsa è mater dolorosa, ma nondimeno crudele, di tutti i suoi “prodigi”. Ethel, la donna barbuta (Kathy Bates) ama il figlio Jimmy, mani di aragosta (Evan Peters) ma gli serba un segreto inconfessabile che finirà per devastare il loro rapporto; Daisy, la donna con tre seni (Angela Bassett) non può avere figli e l’unica speranza che il suo corpo ermafrodita ha di procreare le verrà crudelmente spezzata; Dandy (Finn Wittrock) psicopatico e viziato subisce il soffocante affetto della genitrice (Frances Conroy) che ne amplifica la follia omicida e che, atrocemente, si riverserà, tra gli altri, anche sulla madre di Regina (Gabourey Sidibe), sua compagna di giochi d’infanzia.
Il filo rosso sangue che attraversa ogni puntata si intreccia, con nodi di crudeltà e di violenza, a quello di legami emotivi sempre lacerati. Che sia l’odio o la gelosia, la menzogna o l’egoismo, ogni forma di amore, sotto la tenda di questo circo feroce, viene privata di qualsiasi sfumatura di purezza. Essa, infatti, pare concessa solo alla minuscola Ma Petite (Jyoti Amge) e ai “pinhead” (teste di spillo) come Salty (Christopher Naiman) e Pepper (Naomi Grossman), creature dall’aspetto grottesco e dall’animo di bambino, che non sembrano sfiorati dalla disperata consapevolezza della loro deformità ma vivono nella giocosa incoscienza di un’eterna infanzia che è, nel contempo, il loro dono e la loro fragilità, sovente destinata a ridurli in pezzi.
Pepper, inoltre, è una delle due sole attrici che ritroviamo nello stesso personaggio da Asylum a Freak Show e che, insieme all’altra (sulla quale non faremo spoiler ma possiamo anticiparvi che apparirà in modo sorprendente) starà quindi ad evidenziare la stretta connessione tra tutte le stagioni della serie.
Murphy e Falchuk, quindi, non si limitano a raccontare una storia ma, una storia delle e (nelle) storie, dove quel che conta non è tanto la trama in sé quanto le suggestioni evocate dai tragici eventi che si consumano sotto quel tendone. La narrazione, infatti, procede per accumulo, tra flashback e immagini oniriche, dove il fascino perverso del cinema (non mancano nemmeno reiterate sequenze di uno snuff movie) è sempre, prepotentemente, presente.
In questa stagione gli sceneggiatori, così come i registi, sono sempre diversi, fatta eccezione per quattro episodi scritti, due ciascuno, da Jennifer Salt e James Wong e altri due, Blood Bath e Tupperware Party Massacre, rispettivamente firmati da Murphy e da Falchuk; tuttavia la visione d’insieme non ne soffre poiché l’atmosfera mortifera del freak show avvolge ogni episodio di inquietante pericolo o di fosco presagio.
Come in un crescendo musicale la violenza si esprime in modo sempre più atroce man mano che i personaggi lasciano emergere, in atto, l’impulso assassino che, in potenza, posseggono. Che siano psicopatici veri o costretti al delitto, tutti – o quasi – compiono il loro destino di sangue e, laddove l’amore, sotteso o manifesto che sia, viene negato si amplifica a dismisura l’orrore che spesso si dispiega non solo nell’efferatezza dell’azione ma anche nella crudeltà verbale, nell’umiliazione, nella sopraffazione dell’uomo sull’uomo. Ecco allora che questo Freak Show diviene davvero la materializzazione dei nostri peggiori incubi e, così come nel film di Browning, la famiglia disfunzionale di Elsa Mars si fa alleanza sanguinaria e sanguinosa contro la cosiddetta “normalità”, come matrigna e nemica.
Questa quarta stagione potrebbe essere definita dell’eccesso, come anche la regia – con l’uso delle immagini distorte o i primissimi piani deformanti – tende a sottolineare non sottraendosi a quel gusto kitsch che, in un simile contesto, ribaltando completamente il concetto di gusto, raggiunge le vette del sublime in due scene cult in cui Jessica Lange si esibisce come cantante sia nella già citata Life on Mars di Bowie che in Gods and Monsters di Lana del Rey. Non vi è dubbio che sia lei, la sessantacinquenne attrice del Minnesota, la punta di diamante dell’intero progetto American Horror Story che in Freak Show raggiunge la perfezione recitando in un inglese dal marcato, ma mai posticcio, accento tedesco e misurandosi con un personaggio non poco rischioso al quale è riuscita ad infondere non solo una straordinaria sensualità ma anche crudeltà e tenerezza, dimostrando una notevole autoironia. Circondata da comprimari di alto livello, su tutti Katie Bates e Sarah Paulson, Elsa, allora, diventa madre e matrigna, malevola compagna di viaggio del suo circo di “prodigi” e “curiosità” che la venera come una dea crudele amandola di quell’amore estremo che finisce per confondersi, al parossismo, anche con il suo contrario.
In un finale di suprema crudeltà, in cui si omaggia platealmente il cult di Browning, il Freak Show sembra andare incontro al suo destino di oblio, oscurato non solo dall’ombra della morte ma dall’avvento di un tipo di spettacolo dalle potenzialità infernali: quello della televisione, fabbrica di sogni più effimeri e fagocitanti del cinema stesso. Non ci sarà più spazio per i “mostri” – seppur molto più umani di quelli che li seguiranno – ormai sepolti da quel presente che li relegherà per sempre al passato e ai quali Elsa, in un moto di fugace pietà, dedicherà una personale preghiera.
“La morte di un mostro caro è sempre una sofferenza, ma non è mai una sorpresa. Se gli organi malformati o una qualsiasi anomalia fisica non li uccide, allora lo farà l’assoluta intensità del loro splendore.”
© CultFrame 02/2015
CREDITI
Titolo: American Horror Story – Freak Show / Ideatori: Ryan Murphy e Brad Falchuk / Produttori esecutivi: Dante Di Loreto, Ryan Murphy, Brad Falchuk, Tim Minear / Registi: Ryan Murphy, Alfonso Gomez-Rejon, Michael Uppendahl, Howard Deutch, Anthony Hemingway, Bradley Buecker, Loni Peristere, Michael Goi / Fotografia: Michael Goi/ Montaggio: Adam Penn, Regis Kimble, Fabienne Bouville, John Petaja / Musiche: James S. Levine, Mac Quayle/ Casa di produzione: 20th Century Fox Television, Ryan Murphy Productions / Interpreti: Jessica Lange, Kathy Bates, Sarah Paulson, Evan Peters, Angela Bassett, Emma Roberts, Frances Conroy, Denis O’Hare, Danny Huston, Gabourey Sidibe, Jamie Brewer, Finn Wittrock, Jyoti Amge, Christopher Naiman / Origine: USA / Emittente tv USA: FX / Emittente tv Italia: Fox / Episodi: 13/ anno: 2014/2015
SUL WEB
Fox Tv. American Horror History