L’esperienza e il risveglio | Alfred Stieglitz nella fotografia e nell’arte del suo tempo ⋅ Un libro di Pier Francesco Frillici

SCRITTO DA
Maurizio G. De Bonis

Ogni volta che ci si immerge nella “lettura” del doppio, monumentale e straordinario, volume intitolato Alfred Stieglitz – The Key Set (firmato da Sarah Greenough e pubblicato da National Gallery of Art, Washington e Harry N. Abrams, INC Publishers) si compie un’operazione che per il fruitore rappresenta una vera e propria esperienza di viaggio visuale, un’operazione che lascia un segno dentro lo sguardo. Ci si rende conto, infatti, dell’importanza di questo autore, sia come fotografo che come operatore culturale in grado di gettare le basi affinché la fotografia si trasformasse in forma d’arte.

In particolare, ogni volta che mi è capitato di affrontare questo percorso, anche sensoriale, dentro la storia creativo-culturale di Stieglitz, il mio occhio è stato sempre catturato da due distinte serie: From the Back Window – 291 (1915) e Music – A Sequence of Ten Cloud Photographs (1922) La prima riguarda alcune vedute effettuate da Stieglitz da una finestra della Galleria 291 di New York (che fondò e gestì fino al 1917), la seconda è incentrata sulla raffigurazione di cieli e nuvole. Mi ha sempre colpito, di queste due serie, la straordinaria modernità concettuale delle opere (ancora oggi letteralmente copiata da molti autori contemporanei) e la dimensione poetica delle immagini, contraddistinte da una profonda libertà espressiva.

Ebbene, ho recentemente ritrovato due fotografie tratte da questi lavori in un piccolo ma interessante lavoro editoriale incentrato sulla figura di Alfred Stieglitz intitolato L’esperienza e il risveglio – Alfred Stieglitz nella fotografia e nell’arte del suo tempo (Editrice Quinlan, 2014). L’autore di questo testo, Pier Francesco Frillici, le ha utilizzate (insieme anche a Winter, Fifth Avenue  del 1915 e non solo) per edificare un ritratto critico di Stieglitz in grado di rendere merito al “genio” di un fotografo, in qualche caso non proprio dimenticato ma quanto meno un po’ maltrattato.

Frillici compie, dunque, un’operazione corretta e giusta, cioè chiarisce una volta per tutte come il calibro di questo autore non possa essere misurato in modo preciso se si tende a separare la pratica creativa dall’attività critica, divulgativa e curatoriale. Non solo, come giustamente sostenuto da Claudio Marra nella prefazione, l’autore del libro identifica con chiarezza la poetica di Stieglitz contestualizzandola, oltretutto, in una dimensione di relazioni artistico-filosofiche di primissimo piano.

In particolare, mi ha positivamente colpito un passaggio in cui Frillici mette a fuoco con decisione e lucidità, una significativa fase evolutiva della poetica di Stieglitz in relazione alla serie Music: A Sequence of Ten Cloud Photographs. Sostiene l’autore:

“L’allusione è inequivocabile: da una fotografia come rappresentazione del visibile, al di là delle differenze di codice e di linguaggio, inizia a farsi strada l’idea di una fotografia come rivelazione dell’invisibile (…)”.

Ebbene, tale acuta analisi, oltre ad essere perfettamente appropriata rispetto all’universo poetico-creativo di Stieglitz, fa emergere un elemento teorico fondamentale riguardo la disciplina fotografica tutta, anche in relazione a ciò che è divenuto nei nostri giorni l’insegnamento della fotografia nelle accademie e nelle scuole specialistiche.
Ed è interessante che un simile discorso venga fuori in un saggio che si occupa di un fotografo che sviluppò il suo personale discorso addirittura nei primi decenni del Novecento. Così come è significativo il fatto che il saggio di Frillici sia il risultato di una ricerca analitica e interpretativa che riesce a coniugare aspetti storicistici, estetici, linguistici e filosofici. Il tutto all’interno del territorio dell’espressione artistica. In barba a tutti quelli (compresi alcuni notissimi fotografi di casa nostra) che, ancora oggi nel terzo millennio, continuano anacronisticamente a sostenere che la fotografia sia solo fotografia, cioè qualcosa di inferiore rispetto ad altre forme espressive considerate artistiche a tutti gli effetti.

© CultFrame 02/2015


INDICE DEL LIBRO
L’esperienza e il risveglio
INTRODUZIONE di Claudio Marra
PARTE I / Ricominciare dalla strada / La visione del tempo / I conti con il pittorialismo / Il metodo straight / La fotografia come arte / Effetto Picasso / La macchina al lavoro / L’ultime stagione
PARTE II / Il circolo di Stieglitz / Una fotografia dell’intimità / Che cosa sono le nuvole / Musica e fotografia / Esperienze equivalenti / La stanza dei risvegli / L’energia spirituale / La “corporazione” degli artisti: Marin, Dove, O’Keeffe / Verso un’estetica del display
NOTE / RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI / INDICE DEI NOMI

CREDITI
Titolo: L’esperienza e il risveglio / Sottotitolo: Alfred Stieglitz nella fotografia e nell’arte del suo tempo / Autore: Pier Francesco Frillici / Casa editrice: Editrice Quinlan (Castel Maggiore – Bologna) / Anno: 2014 / Prezzo: 16.00 euro / ISBN: 978-88-906526-8-4

SUL WEB
Editrice Quinlan

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Maurizio G. De Bonis

Maurizio G. De Bonis è critico cinematografico e delle arti visive, curatore, saggista e giornalista. È direttore responsabile di Cultframe – Arti Visive, è stato direttore di CineCriticaWeb e responsabile della comunicazione del Sindacato Nazionale Critici Cinematografici Italiani. Insegna Cinema e immagine documentaria e Arti Visive Comparate presso la Scuola Biennale di Fotografia di Officine Fotografiche Roma. Ha pubblicato libri sulla fotografia contemporanea e sui rapporti tra cinema e fotografia (Postcart), sulla Shoah nelle arti visive (Onyx) e ha co-curato Cinema Israeliano Contemporaneo (Marsilio). Ha fondato il Gruppo di Ricerca Satantango per il quale ha curato il libro "Eufonie", omaggio al regista ungherese Bela Tarr. È Vice Presidente di Punto di Svista - Cultura visuale, progetti, ricerca.

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