Inherent vice: vizio intrinseco. Il titolo originale del romanzo di Pynchon suggerisce una chiave di lettura del grandioso affresco di Anderson in cui ogni delirante personaggio sembra “difettato”, reso fragile da un vizio personale e radicato che ne segna ineluttabilmente il destino. È il destino di un’intera generazione, aggrappata ad un’epoca che sta cambiando nel passaggio dai ’60 ai ’70, dall’innocenza hippy al vietnam, dall’amore libero alle paranoie anticomuniste dell’amministrazione Nixon.
Vizio di Forma è un film sul rimpianto, un film nostalgico e sentimentale che parte da Pynchon per arrivare ad Altman, che smorza la psichedelia esasperata di Paura e Delirio con l’adorabile noncuranza di Lebowski. Anderson, tra i pochissimi veri autori cinematografici, vince la scommessa di tradurre in immagini la scrittura debordante di Pynchon, un coacervo di trame, sottotrame, nomi e personaggi già complicatissimo sulla carta. Per questo è necessario tralasciare l’intreccio, poco più che un pretesto per rappresentare un universo di perdenti e di sballati, di finte ingenue e vere muse, mentre la California subisce l’attacco cementizio dei palazzinari, nuovo orribile ceto in ascesa.
Il protagonista, l’investigatore strafatto Doc Sportello interpretato da un Phoenix in stato di grazia (facilitato forse dalla canna perennemente accesa), è il custode di un sogno lisergico, ostinatamente sciatto, orgogliosamente lurido, coraggiosamente squattrinato, perdutamente innamorato. In due ore e mezza Anderson ci scaraventa in un racconto stupefacente in cui ogni due minuti spunta un nome nuovo (e che nomi: Sortilège, Japonica…) e un personaggio bislacco, mentre le svolte narrative si fanno via via più indecifrabili, ma non importa: in fondo anche Il Grande Sonno (Hawks, 1946, per rimanere in tema noir) risultò incomprensibile, ma segnò l’immaginario del pubblico.
Anderson gira con disinvoltura ed eleganza classica, gioca con le atmosfere, i luoghi e i volti dei suoi fantastici attori, li ama, concede a ognuno il proprio spazio e ne ricava il ritratto di un’umanità sull’orlo dell’abisso, grazie alla fotografia satura del grande Robert Elswit e alle performance degli interpreti (segnalo per i cultori del genere il cameo della pornostar Belladonna), tra tutti un ambiguo Josh Brolin, un fumettistico Martin Short ed un sempre stralunato Del Toro, curiosamente anche qui avvocato di un tossico (vedi Paura e Delirio). Grande film, da gustare rilassati e divertiti, per chi rimpiange quegli anni e anche per chi non li ha vissuti, ma avrebbe voluto, con un finale di struggente bellezza che si discosta da quello letterario per lasciare un vago retrogusto di malinconica speranza, un rapido sguardo, un lungo addio.
© CultFrame 03/2015
TRAMA
California, fine anni Sessanta. Doc Sportello, un investigatore privato dedito al surf e alle droghe, viene contattato da una vecchia fiamma che lo mette a conoscenza di un complotto per rapire il suo nuovo amante, un costruttore miliardario di cui è veramente innamorata. Prima ancora di avviare le indagini, il detective viene arrestato con l’accusa di aver ucciso un bodyguard dello stesso costruttore.
CREDITI
Titolo: Vizio di forma / Titolo originale: Inherent Vice / Regìa: Paul Thomas Anderson / Sceneggiatura: Paul Thomas Anderson dall’omonimo romanzo di Thomas Pynchon / Fotografia: Robert Elswit / Montaggio: Leslie Jones / Scenografia: David Crank / Musica: Jonny Greenwood / Interpreti principali: Joaquin Phoenix, Josh Brolin, Owen Wilson, Katherine Waterston, Reese Witherspoon, Benicio Del Toro, Martin Short, Eric Roberts / Produzione: Ghoulardi Film Company, Warner Bros. / Distribuzione: Warner Bros. Entertainment Italia / Paese: U.S.A., 2014 / Durata: 148 minuti
SUL WEB
Sito ufficiale del film Inherent Vice (Vizio di forma) di Paul Thomas Anderson
Filmografia di Paul Thomas Anderson
Warner Bros. Entertainment Italia