N-Capace di Eleonora Danco ⋅ Un film al di là dei confini tra le arti visive

SCRITTO DA
Maurizio G. De Bonis

Il film di Eleonora Danco N-Capace (BibiFilm Tv), recentemente distribuito in poche sale cinematografiche, merita senza dubbio un approfondimento poiché rappresenta il risultato di un atto creativo che si colloca, fortunatamente, al di là delle catalogazioni e che affonda fortemente le sue radici in un territorio che non posso che definire poetico. E quando nel nostro Paese, viene realizzata un’opera impossibile da incasellare e che comunica attraverso fattori poetici, appunto, e senza impantanarsi nella dannazione del significato e del contenuto, sono sempre in molti, a differenza di ciò che avviene in giro per il mondo, a storcere il naso.

A tal proposito, appare molto significativa e lungimirante la presa di posizione del Sindacato Nazionale Critici Cinematografici Italiani – SNCCI (associazione di categoria di cui mi onoro di far parte) che ha deciso di designare, attraverso una sua commissione interna, N-Capace un Film della Critica, assegnando a quest’opera un cosiddetto “marchio di qualità”, iniziativa tesa (per quanto sia possibile) a sostenere a livello culturale un’operazione creativa, come quella messa in atto da Eleonora Danco, che non posso che definire un oggetto raro nell’ambito del panorama cinematografico italiano.

Ma quali sono gli elementi che fanno di N-Capace un lungometraggio così rilevante?

In primo luogo, un concetto di base che potrebbe essere considerato addirittura banale ma che nel nostro Paese, conservativo e conservatore, banale non è: la totale libertà espressiva su cui è basato.
In secondo luogo, il fatto che si tratta di un film che pur affrontando alcuni contenuti molto evidenti (il problema della morte, la relazione oscura nei riguardi delle persone amate, il sesso, la vecchiaia e l’adolescenza) non si incarta nella sterile concezione di opera d’arte intesa come contenitore di un messaggio.

Eleonora Danco si muove a livello creativo in un territorio franco, emancipato da ogni schema, e il suo film non si mostra allo spettatore come veicolo di una tesi o di una posizione concettuale quanto piuttosto come una riflessione soggettiva (sì, soggettiva) poetico-filosofica sull’impossibilità di decifrazione della vita e dei comportamenti umani.

Eleonora Danco

Altro aspetto fondamentale, riguarda la cultura visuale che sta alla base di questa operazione. Ebbene, se la stessa Eleonora Danco ha più volte fatto riferimento nel corso della sua carriera artistica (anche teatrale) a personaggi come Luis Buñuel e Giorgio De Chirico, appare a mio avviso indubitabile che la sua sostanza estetica si basi essenzialmente sulla cultura visuale proveniente dall’arte contemporanea e dalla fotografia degli ultimi venti anni. E non ha alcuna importanza se l’artista cresciuta a Terracina (ma in realtà nata a Roma) sia consapevole o no di tale questione, anzi per quel che mi riguarda se fosse totalmente ignara di ciò che succede da anni nel mondo della videoarte e della fotografia (ma non credo) sarebbe un aspetto ancor più a suo favore.

Mentre apprezzavo enormemente, durante la proiezione alla quale ho assistito, le inquadrature e le brevi sequenze di N-Capace non potevo allo stesso non collocare Eleonora Danco in un solco creativo al fianco di fotografe (ma preferirei chiamarle artiste visive), di estrema importanza, come l’italiana Paola De Pietri, l’olandese Rineke Dijkstra e la finlandese Elina Brotherus. Il corpo, sia femminile che maschile, collocato nello spazio come simbolo raggelante disgiunto dal contenuto, come puro fattore di poesia visuale, come prova di uno straniamento che proviamo tutti noi. E poi, l’uso della sua stessa immagine impiantata nella presunta realtà non solo in quanto elemento autobiografico ma anche come vera e propria allegoria di un’umanità smarrita e non in grado di comprendere alcunché.

Eleonora Danco ha, in tal senso, liberato il cinema italiano dall’immagine collegata strettamente all’idea di veicolo di contenuti inequivocabili e ha espresso semplicemente la sua stessa condizione di smarrimento esistenziale uscendo fuori di sé, divenendo straniera nei riguardi di se stessa, tirandosi fuori dal racconto e dalla psicologia, autoraffigurandosi nel suo disorientamento  e, dunque, manifestando non il suo pensiero razionale quanto piuttosto le sue sensazioni più inspiegabili e il suo sentimento percettivo (dunque radicalmente estetico).

Ciò che si prova dopo la visione di N-Capace è una sensazione di ritrovata libertà, in una rinnovata concezione creativo/visuale realmente contemporanea che dimostra come le definizioni di cinema, fotografia, videoarte siano ancora il frutto di una visione superficiale ancora sostenuta da chi  fatica a comprendere come tali catalogazioni siano state di gran lunga superate dal lavoro di numerosi artisti internazionali, i quali (senza bisogno di fare proclami) non riconoscono più confini nella loro pratica creativa e si sono collocati in un’altra dimensione che forse potrebbe essere definita solo arte visuale tecnologica.

E forse anche questa definizione in un prossimo futuro sarà superata.

© CultFrame – Punto di Svista 04/2015
(pubblicato su L’Huffington Post Italia)


CREDITI

Titolo: N-Capace / Regia: Eleonora Danco / Sceneggiatura: Eleonora Danco / Montaggio: Desideria Rayner, Maria Fantastica Valmor / Fotografia: Daria D’Antonio / Musiche: Markus Acher / Distribuzione: Bibi Film / Paese: Italia / Anno: 2014 / Durata: 80 minuti

SUL WEB
Filmografia di Eleonora Danco

Maurizio G. De Bonis

Maurizio G. De Bonis è critico cinematografico e delle arti visive, curatore, saggista e giornalista. È direttore responsabile di Cultframe – Arti Visive, è stato direttore di CineCriticaWeb e responsabile della comunicazione del Sindacato Nazionale Critici Cinematografici Italiani. Insegna Cinema e immagine documentaria e Arti Visive Comparate presso la Scuola Biennale di Fotografia di Officine Fotografiche Roma. Ha pubblicato libri sulla fotografia contemporanea e sui rapporti tra cinema e fotografia (Postcart), sulla Shoah nelle arti visive (Onyx) e ha co-curato Cinema Israeliano Contemporaneo (Marsilio). Ha fondato il Gruppo di Ricerca Satantango per il quale ha curato il libro "Eufonie", omaggio al regista ungherese Bela Tarr. È Vice Presidente di Punto di Svista - Cultura visuale, progetti, ricerca.

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