Shallow Pool. Mostra dell’artista inglese Joe Clark a Roma

SCRITTO DA
Pietro D Agostino
Joe Clark. Shallow Pool. Installation view. Foto: Roberto Apa. Courtesy the artist and Galleria Mario Iannelli
Joe Clark. Shallow Pool. Installation view. Foto: Roberto Apa. Courtesy the artist and Galleria Mario Iannelli

Joe Clark. Shallow Pool. Installation view. Foto: Roberto Apa. Courtesy the artist and Galleria Mario Iannelli

Come utilizzare il dispositivo fotografico? Quali sono le aspettative che cerchiamo di soddisfare con il suo uso? Cosa vogliamo fare emergere con la complicità delle sue caratteristiche peculiari? Queste e altre domande sono, a nostro avviso, basilari per chiunque attivi un proprio percorso di ricerca. E non solo con la fotografia. Sicuramente le risposte e le modalità sono molteplici, a partire da quelle che possiamo categorizzare come espressive. I fattori, come quello documentario, sono prevalenti all’interno di un concetto di fotografia come strumento efficace e pertinente per la divulgazione e lo studio di informazioni sotto forma di immagini. Non di meno, all’interno di queste variegate modalità, possiamo inserirvi a tutto campo anche quella di un utilizzo del dispositivo a scopo di indagine. E a questo proposito, restringendo il campo di osservazione, vogliamo concentrare la nostra attenzione sul lavoro di Joe Clark, in questi giorni esposto e per la prima volta in Italia nella galleria Mario Iannelli di Roma.

Nella ricerca dell’autore inglese emergono le ambiguità della fotografia che ne fanno a tutt’oggi uno degli aspetti più interessanti e al contempo anche meno analizzati del dispositivo in sé. La scelta di esporre cinque opere in tutto, sapientemente dislocate con un allestimento semplice ma efficace all’interno delle sale della galleria, sono già sufficienti a farci partecipi di questi processi e del potenziale tutto in divenire che all’interno di questa indagine possiamo rinvenire. Davanti a noi, entrando nello spazio espositivo, ci troviamo di fronte ad una fotografia in cui possiamo osservare una composizione, un assemblaggio di vari elementi e materiali, una sorta di concetto di infinito che possiamo immaginare ma non realizzare se non attraverso la “realtà” di un’elaborazione fotografica.

Joe Clark. Unnecessary Complications #2, 2015. Foto: Roberto Apa. Courtesy the artist and Galleria Mario Iannelli

Joe Clark. Unnecessary Complications #2, 2015. Foto: Roberto Apa. Courtesy the artist and Galleria Mario Iannelli

Troviamo, poi, una installazione composta dalla proiezione di un video su di una grande tela inclinata. Qui Joe Clark mette in rilievo, utilizzando sapientemente un’ulteriore dispositivo tecnologico, uno degli aspetti cruciali del processo fotografico: il variare delle forme al variare della luce.
“Immagini che mutano istantaneamente al muoversi del minimo filo di luce”. Quello che ci dice Luigi Veronesi con questa frase riportata nel libro Fotogrammi e fotografie (edizione Einaudi, 1983), in cui parla della sua ricerca con la tecnica del fotogramma, è esattamente quello che Clark riporta della sua esperienza tra luce e forme con delle immagini in movimento.

Sempre sullo stesso lato della galleria vi è un’immagine fotografica in cui su uno sfondo omogeneo, un cielo, troviamo in sospensione degli elementi vegetali. Infine, due grandi opere; nelle quali la perdita di elementi su cui ancorare il nostro sguardo sulla loro superficie rende alquanto difficoltosa lo stabilizzarsi della visione. Di fatto, il meccanismo che l’autore mette in funzione è quello di porre sullo stesso piano più elementi da focalizzare che, in maniera enigmatica, ingannano i nostri sensi, tutti tesi nel tentativo di dare una compiutezza rassicurante su ciò che stiamo osservando.

Shallow Pool diviene allora metafora di un percorso; come nel tentativo di valutare dalla trasparenza superficiale dell’acqua le sue profondità, in queste opere siamo richiamati in continuazione ad osservarne la veridicità attraverso l’ambiguità della fotografia. Joe Clark fa tutto ciò riformulando gli utilizzi di tecniche, anche virtuali, agendo con strategie completamente manuali invertendo e liberando alcuni processi di elaborazione dell’immagine dallo scopo per cui sono stati realizzati.

© CultFrame – Punto di Svista 05/2015

Joe Clark nasce in Inghilterra nel 1982. Si diploma nel 2010 alla Slade School of Art di Londra. Ha al suo attivo numerose esposizioni tra le quali citiamo alcune recenti personali: Polychroming, Centrum, Berlino, nel 2015 e Every song the same, alla Workplace di Londra e alla Art Rotterdam, New Art Section (XPO Gallery) nel 2014. Vive e lavora a Berlino.


INFORMAZIONI

Mostra: Joe Clark – Shallow Pool
Dal 15 aprile al 30 maggio 2015
Galleria Mario Iannelli / Via Flaminia 380, Rome / Tel: 06.89026885 / info@marioiannelli.it
Orario: martedì – sabato 14.00 – 19.00

SUL WEB
Il sito di Joe Clark
Galleria Mario Iannelli, Roma

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Pietro D Agostino

Pietro D’Agostino è attivo nel campo delle arti visive e nel tempo matura un rapporto intimo e inconscio con la luce usandola, attraverso la fotografia, il video ed altri dispositivi tecnologici, come strumento espressivo e di indagine. Partecipa e collabora a varie iniziative performative con musicisti e poeti di area sperimentale e di ricerca. Dall'ottobre 2016 è Presidente di Punto di Svista - Associazione culturale

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