Il loro destino lo si può leggere sui loro volti, sulle pieghe della loro pelle bruciata, sulle labbra screpolate e ferite, sui loro occhi tristi. La loro fatica la si può vedere sui loro corpi nodosi, sulle vene che scorrono lungo le braccia, nel nero profondo e malinconico dei loro occhi.
Sono i minatori e gli operai dei giganteschi giacimenti di ferro e carbone situati negli spazi sterminati della Mongolia. La durezza della loro esistenza è inenarrabile: davanti a loro nessuna prospettiva se non quella di ammalarsi e morire molto giovani. Il tutto per un pugno di riso e una catapecchia dove dormire.
Behemoth (Beixi moshuo), film del cinese Liang Zhao, descrive con assoluta precisione le condizioni di queste persone: anonimi fantasmi inghiottiti dalla polvere finissima del carbone, devastati dalle temperature assurde che sono costretti ad affrontare durante i loro turni, prostrati dalla sofferenza fisica.
Si tratta certamente di un documentario, ma questo lungometraggio sfugge a nostro avviso a ogni tentativo di catalogazione. L’autore, infatti, non si limita a inquadrare il mondo attraverso un semplice principio di realismo. Oltrepassa il confine della documentazione classica e caratterizza il suo lavoro in modo addirittura poetico.
Le magnifiche inquadrature in campo lungo delle vastissime aree delle miniere si alternano a immagini claustrofobiche dei tunnel che si trovano a decine di metri sotto terra. Le soffocanti riprese del lavoro dei carbonai sono seguite dalla raffigurazione della loro semplicissima vita in casupole poverissime. Incorniciano queste sequenze alcune inquadrature sezionate da un gioco di specchi che rappresentano un paesaggio, in qualche caso ancora verde, in cui l’autore situa un corpo (umano) nudo, come se quest’ultimo elemento facesse parte integrante di un contesto naturalistico ancora incontaminato.
La voce off costringe, inoltre, lo spettatore a riflettere in modo intenso su ciò che sta vedendo, un vero e proprio inferno dantesco dei nostri giorni. E infatti Behemoth è ispirato liberamente proprio alla Divina Commedia.
Ma cosa producono questi reietti allontanati dal mondo? Quale prezioso contributo danno allo sviluppo economico della Cina? Il loro lavoro serve a generare barre di acciaio che poi porteranno alla creazione del cemento armato per scopi edilizi. Proprio il cemento armato servirà a sua volta per portare avanti l’assurdo processo di costruzione di grattacieli e città fantasma. Viali sterminati in cui non passa una sola macchina, altissime torri colorate dove non abita nessuno; non un negozio, una scuola, un luogo di aggregazione.
La macchina presa di Liang Zhao si aggira in questi spazi stranianti dove nulla accade, dove niente esiste, dove non c’è anima viva. Uno spazzino si aggira senza quasi nulla da fare, davanti al suo sguardo solo il vuoto provocato dagli esiti folli di un meccanismo puramente capitalistico, forse concepito per dare un lavoro alle persone o, chissà, per aumentare in modo artificiale il prodotto interno lordo.
Alla fine, ciò che resta negli occhi di chi ha visto il documentario di Liang Zhao è il tragico sacrificio umano di “spettri” di cui nessuna saprà nulla, vere e proprie ombre che hanno bruciato la loro vita per consentire la costruzione di aridi e vacui labirinti di cemento e asfalto.
© CultFrame 09/2015
TRAMA
In Cina negli ultimi anni è stata costruita almeno una dozzina di città fantasma, megalopoli fatte di grattacieli in cui nessuno abita. Per arrivare a questo assurdo processo di urbanizzazione bisogna partire dall’inizio: ovvero il durissimo lavoro di estrazione del ferro nelle miniere della Mongolia, lavoro fatto da persone di cui nessuno sa nulla.
CREDITI
Titolo: Behemoth / Titolo originale: Beixi moshuo / Regia: Zhao Liang / Sceneggiatura: Zhao Liang, Sylvie Blum / Fotografia: Zhao Liang / Montaggio: Fabrice Rouaud / Narratore: Zhao Liang / Musica: Huzi, Alain Mahé, Mamer / Protagonisti: I cittadini della Mongolia e operai delle miniere locali / Produzione: INA, Arte France, YLE Finland, RTS Switzerland, CNC France / Paese: Cina, Francia, 2015 / Durata: 90 minuti
SUL WEB
Filmografia di Zhao Liang
Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia – Il sito