Non v’è alcun dubbio su un fatto: Piero Messina, autore de L’attesa, è un regista che cerca in modo determinato un proprio mondo espressivo, una linea registica soggettiva, una dimensione personale per quel che riguarda la creatività cinematografica.
Non cadremo nella trappola di considerarlo semplicemente l’assistente di Paolo Sorrentino (This Must Be the Place e La grande bellezza) e cercheremo di comprendere, invece, se questo regista possiede caratteristiche proprie.
L’attesa è un film basato su atmosfere sospese e rarefatte. Il racconto (liberamente ispirato a una novella di Luigi Pirandello) procede sempre sul non detto, sulle allusioni, sulle possibili intuizioni, sul far finta di non capire e non vedere. Al dolore della perdita è stata messa una sordina, e il “rumore” della sofferenza è attenuato dai silenzi, dagli sguardi nel vuoto, dal nulla che aleggia nell’aria.
Tutto si svolge in una Sicilia misteriosa, tra salite che si arrampicano sull’Etna, laghi dall’aspetto quasi alpino, boschi rigogliosi e un’antica, sublime, villa padronale con annessa proprietà. In questo contesto due figure femminili, una donna adulta e una ragazza, si studiano, si conoscono, si fronteggiano e cercano di cogliere l’essenza una dell’altra. Ma il loro rapporto si basa su una mancanza, quella di Giuseppe, figlio della prima e fidanzato della seconda. Più che L’attesa, questo film si sarebbe dovuto intitolare “l’assenza”, o forse “la presenza”, poiché il vuoto lasciato da Giuseppe sembra voler essere il vero personaggio centrale (molto ingombrante) del lungometraggio di Messina. E anche in questo caso, cercheremo di con cadere in facili, imbarazzanti e prevedibili paragoni con Michelangelo Antonioni (ci riferiamo a L’avventura).
Ebbene, Messina segue una sua strada espressiva ma si ha l’impressione che le sue scelte visuali siano fin troppo concepite per colpire in modo estetizzante lo sguardo dello spettatore. Figure umane che emergono da un buio tenebroso, inquadrature di interni decadenti molto equilibrate, paesaggi di estrema forza, lunghe sequenze in cui l’evoluzione del racconto si interrompe.
La sensazione che si prova al termine della visione di questo lungometraggio è che nonostante sia stato confezionato con il massimo della cura (su ciò non ci sono dubbi) e che il prodotto sia indubbiamente di alto livello, siano assenti due elementi: la poesia e la riflessione esistenziale (fattori che un’opera del genere dovrebbe contemplare).
Infine, le due protagoniste: Juliette Binoche e Lou De Laâge. La prima è la madre di Giuseppe e ricopre la parte dando sfoggio delle sue note capacità professionali ma senza vero pathos, la seconda è la fidanzata del “ragazzo assente”, una venticinquenne francese con esperienza anche televisiva che porta sul grande schermo, uno dietro l’altro, tutti gli stereotipi della recitazione che ritroviamo puntualmente nel cinema transalpino.
© CultFrame – Punto di Svista 09/2015
TRAMA
Jeanne è una ragazza francese che viene invitata per Pasqua nella villa siciliana di Giuseppe, il suo fidanzato italiano. Al suo arrivo, la giovane trova solo Anna, la madre di Giuseppe (anche lei di origine francese), e il “fattore” Pietro. A Jeanne viene detto che Giuseppe arriverà, ma dietro la sua assenza c’è un terribile segreto.
CREDITI
Titolo: L’attesa / Regia: Piero Messina / Soggetto e sceneggiatura: Giacomo Bendotti, Ilaria Macchia, Andrea Paolo Massara, Piero Messina; Soggetto liberamente ispirato a “La vita che ti diedi” di Luigi Pirandello / Montaggio: Paola Freddi / Fotografia: Francesco di Giacomo / Scenografia: Marco Dentici / Le musiche: Alma Napolitano, Marco Mangani, Dimitri Sillato, Piero Messina / Interpreti: Juliette Binoche, Lou de Laage, Giorgio Colangeli, Domenico Diele, Antonio Folletto, Corinna Lo Castro, Giovanni Anzaldo / Produzione: Indigo Film / Distribuzione: Medusa / Paese: Italia, 2015 / Durata: 100 minuti
SUL WEB
Filmografia di Piero Messina
Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia – Il sito