L’inferno dietro la porta di casa. Ciudad Juarez, appena oltre il Rio Grande, pochi chilometri da El Paso, ma è come atterrare su un altro pianeta. L’attore texano e sceneggiatore Taylor Sheridan conosce bene quei posti, li ha girati in lungo e in largo vedendoli cambiare negli ultimi dieci anni, trasformarsi da paradisi per turisti in avamposti militari dei narcos da quando il Messico ha scalzato la Colombia dal primato del narcotraffico.
Il canadese Villeneuve esibisce immediatamente gran “cojones” (per restare in tema) nella tesissima sequenza dell’esfiltrazione del boss da Juarez, una vera spedizione militare che ricorda momenti di The Hurt Locker e Zero Dark Thirty (anche qui il punto di vista è femminile): la colonna militare potrebbe trovarsi in un qualunque scenario mediorientale, i narcos dominano con il terrore, le “regole di guerra” non hanno più alcun valore. Neppure per quelli che in altri tempi sarebbero stati i “buoni”, ma che Villeneuve utilizza come simboli di visioni etiche differenti e regressive, l’agente della CIA cialtrone e bugiardo per il quale il fine giustifica ogni mezzo, il “collaboratore” mosso soltanto dalla sete di vendetta che persegue un obiettivo personale e l’agente dell’FBI rigorosa ed idealista, una “legalitaria” che si illude di combattere dalla parte giusta. Ma, ovviamente, non esiste una parte giusta ed il confine geografico diviene metafora del confine morale dei protagonisti, ognuno disposto a spostarlo sempre un po’ più in là, fino al limite, fino alla vittoria, che nulla ha a che vedere con la giustizia. Ciò che salta agli occhi, infatti, è l’assurdità dello scontro, senza fine né scopo, in cui ognuno vuole vincere la battaglia, ma nessuno vuole vincere la guerra: perché tutti i giocatori ci guadagnano, dai narcos ai federali, fino ai produttori di armi.
Villeneuve, per il quale si è scomodato il paragone con Michael Mann, esibisce uno stile secco e lineare, una tensione costante con accelerazioni improvvise, e riesce a trovare un bilanciamento perfetto tra spettacolarità action e dialoghi di feroce cinismo, grazie ad un trio di attori semplicemente perfetti, sui quali spicca un gigantesco Del Toro, presenza laconica ed inquietante, misterioso e magnetico, qui ai suoi massimi livelli. Ottimo anche l’eclettico Brolin, faccia di pietra ed etica di gomma, amichevole quanto un crotalo. Ma la sorpresa è la narratrice, guida morale nell’inferno messicano, l’eccellente Blunt, già credibile eroina action in Edge of Tomorrow, qui rappresenta l’ingenuità violentata, la fragilità (anche fisica) di un codice morale che non regge l’urto con una realtà feroce, infagottata in t-shirts spiegazzate sfoggia una determinazione commovente ed indomabile.
A rendere però davvero riuscito Sicario è il grandissimo Deakins con una fotografia abbacinante e piatta nei campi lunghi esterni, soffocante negli interni con ampio sfoggio di visori notturni, telecamere termiche e cromatismi che passano dal calore polveroso delle strade messicane ai deprimenti grigi degli uffici federali. Fino allo straordinario virtuosismo dell’ultimo, terrificante dialogo i cui controcampi rivelano Blunt sconvolta in piena luce e totalmente vulnerabile, mentre Del Toro resta avvolto dall’oscurità, autentico angelo della morte che si rivela un attimo prima di venire inghiottito dalle tenebre.
Per chi volesse restare nel mood letterario, consiglio “Il Potere del Cane” di Don Winslow (Einaudi).
CultFrame 09/2015
TRAMA
Kate Macer, un’agente dell’FBI idealista, viene ingaggiata da Matt Graver, comandante di una task force d’élite del governo, per aiutarlo a combattere la guerra contro i cartelli della droga nella zona di confine tra Stati Uniti e Messico, dove la legge è praticamente assente. Guidata da Alejandro, un enigmatico consulente dal passato discutibile, la squadra si imbarca così in un viaggio clandestino che costringerà Kate a mettere in discussione tutto ciò in cui ha sempre creduto, pur di sopravvivere.
CREDITI
Titolo: Sicario / Titolo originale: id. / Regìa: Denis Villeneuve / Sceneggiatura: Taylor Sheridan / Fotografia: Roger Deakins / Montaggio: Joe Walker / Scenografia: Patrice Vermette / Musica: Jòhann Jòhannson / Interpreti principali: Benicio Del Toro, Emily Blunt, Josh Brolin, Jon Bernthal, Victor Garber, Jeffrey Donovan / Produzione: Thunder Road Pictures / Distribuzione: 01 Distribution / Paese: U.S.A., 2015 / Durata: 121 minuti