Suburra. Un film di Stefano Sollima

SCRITTO DA
Eleonora Saracino

Stefano SollimaPiove su Roma. In modo incessante e senza tregua e la città, grondante, sa di putrido, come di un corpo decomposto sotto i sampietrini. Nei palazzi del potere – spirituale e secolare – si consumano tragedie: decisioni laceranti, firme che vergano sentenze, strette di mano che sanciscono patti scellerati. È un mondo, quello di Sollima, che si prepara all’Apocalisse e che, nei giorni che la precedono, porterà alla luce, dal ventre molle di acqua, il marcio di (alcuni) suoi segreti.

Dall’omonimo romanzo di Giancarlo De Cataldo e Massimo Bonini, il regista di ACAB – All Cops are Bastards e delle due serie tv di successo Romanzo Criminale e Gomorra, estrae l’anima guasta di una Capitale che, come nell’antichità, vede, nella sua Suburra, uomini di potere e criminali darsi convegno, circondati da una corte “a delinquere” di preti e puttane, killer e faccendieri.

Tracciare un parallelo con l’attualità viene spontaneo, anche se il libro è stato scritto prima della bufera politica abbattutasi sull’amministrazione capitolina, tuttavia Sollima fa di Suburra un affresco più simbolico che strettamente legato all’oggi e, nel tracciare i contorni di una vicenda “apocalittica”, procede secondo una struttura narrativa in cui il susseguirsi degli eventi è la risultante di un “effetto domino” che fa cadere, una dopo l’altra, tutte le tessere di un multiforme mosaico di intrighi e collusioni.

Roma nasconde, protegge, uccide e il regista la fotografa nel suo splendore notturno, tra le luci sfavillanti delle dimore patrizie e degli alberghi di lusso, i riverberi del Cupolone o i bagliori di un incendio in periferia, come fosse una dea o una maliarda, da amare e da temere. Troppo. Sollima lascia, infatti, che lo sguardo abbia la meglio sul racconto, avvolge quasi per intero il film nella suggestione della notte, lo immerge – letteralmente – in una pioggia ossessiva a scandirne lo scosciare nella musica, bellissima quanto insistente. Il suo è un cinema di genere che scaturisce da una robusta esperienza, da un solido mestiere che qui, però, sembra non contenere gli spazi, debordando oltre come quell’acqua che la città non riesce ad arginare. L’Apocalisse in Suburra non segna soltanto una “fine” ma è anche interpretata alla lettera – dal greco “apó”(separazione) e “kalýptein” (nascosto) – nel suo farsi rivelazione, ad indicare qualcosa che è celato gli occhi dei più e che, inevitabilmente, affiorerà.

Inizia con una preghiera e termina con uno sparo, questa parabola di crimini e misfatti in cui tutto è concatenato secondo un meccanismo di causa/effetto che, pur rivelando certe ingenuità nella sceneggiatura, in cui gli inevitabili tagli operati sul testo di partenza conducono a risoluzioni sovente frettolose, avrebbe potuto funzionare (al) meglio se la regia avesse scelto il rigore in luogo dell’effetto, attutendone l’enfasi visiva.

Il racconto di sette giorni, come nella biblica creazione, prepara all’esatto contrario di essa e in questo Sollima riesce a rappresentare efficacemente la forza distruttiva dell’ineluttabile, il senso plumbeo della corruzione che sta erodendo, dal profondo, le viscere di una società che si fa specchio del malato contemporaneo; altresì meno incisive si rivelano certe scelte registiche, così come i caratteri dei personaggi non emergono con eguale intensità anche se, in un cast di nomi mainstream del nostro cinema, a distinguersi sono soprattutto Alessandro Borghi, giovane di talento di cui ha già dato prova in Non essere cattivo di Caligari e Claudio Amendola, attore di lungo corso che fa del suo Samurai il perfetto criminale vecchio stampo, ultimo esponente di una “casta” di balordi capaci di restare fedeli al loro codice.

Specchio dei tempi ma anche processo paradigmatico della nostra (de)generazione etica e politica, la Suburra umana riflette l’immagine deformata e deformante di un volto urbano bifronte dove la mano che si picchia il petto sul Mea Culpa può essere la stessa che, stringendone un’altra, sancisce un patto di sangue. E’ un grande gioco di potere, dove gli affari si concludono tra accordi e alleanze il cui equilibrio, come qui accade, può frantumarsi in un attimo per quella variabile impazzita – vedi la reazione inattesa degli “ultimi” – che si fa pericolo insondabile di ogni insieme.

Con impeto enfatico il film si presenta quindi nella sua veste di prodotto ben confezionato, con i numeri giusti per piacere ad un pubblico ancora più vasto (nel 2016 Netflix ne produrrà la serie tv che debutterà prima in Usa e poi in Italia) ma sacrificando quella purezza narrativa che avrebbe giovato all’intensità di una storia come questa che non ha bisogno di inutili orpelli per mostrarsi in tutto il suo possente realismo. Crudo e asciutto, nonostante la pioggia.

© CultFrame 10/2015


TRAMA
Una settimana nella storia di Roma. Tra i palazzi del potere si prendono accordi per la realizzazione di una grande speculazione edilizia, il Water-front, che trasformerà il litorale romano in una nuova Las Vegas. In questo lucroso affare sono coinvolti politici, prelati, faccendieri e criminali. Una pericolosa rete di contatti in cui basta un “incidente” per provocare una reazione a catena di morte e distruzione. In pochi giorni i destini di una serie di personaggi si incontreranno generando un susseguirsi inarrestabile di eventi che mineranno le fondamenta del potere.


CREDITI
Titolo: Suburra / Regia: Stefano Sollima / Sceneggiatura: Sandro Petraglia, Stefano Rulli, Giancarlo De Cataldo, Carlo Bonini dall’omonimo romanzo di Giancarlo De Cataldo e Carlo Bonini / Fotografia:Paolo Carnera / Montaggio: Patrizio Marone / Scenografia: Paki Meduri / Interpreti: Pierfrancesco Favino, Elio Germano, Claudio Amendola, Alessandro Borghi, Greta Scarano, Giulia Elettra Gorietti, Antonello Fassari, Jean-Hugues Anglade, Adamo Dionisi, Giacomo Ferrara / Produttore: Cattleya – La Chauve Souris, Rai Cinema / Distribuzione: O1 Distribution / Italia, Francia 2015 / Durata: 130 minuti

SUL WEB
Filmografia di Stefano Sollima
01 Distribution

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Eleonora Saracino

Eleonora Saracino, giornalista, critico cinematografico e membro del Sindacato Critici Cinematografici Italiani (SNCCI), si è laureata in Storia e Critica del cinema con una tesi sul rapporto Letteratura & Cinema. Ha collaborato con Cinema.it e, attualmente, fa parte della redazione di CulfFrame Arti Visive e di CineCriticaWeb. Ha lavorato nell’industria cinematografica presso la Columbia Tri Star Pictures ed è stata caporedattore del mensile Matrix e della rivista Vox Roma. Autrice di saggi sul linguaggio cinematografico ha pubblicato, insieme a Daniel Montigiani, il libro “American Horror Story. Mitologia moderna dell'immaginario deforme” (Viola Editrice).

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