Il giovane regista algerino Hassen Ferhani è cresciuto non lontano dal grande mattatoio di Algeri nel quartiere di Ruisseau a cui ha deciso di dedicare il suo primo lungometraggio, frutto di una coproduzione internazionale. Dopo aver viaggiato, Ferhani è quindi tornato a casa per filmare una realtà particolare dentro la quale, a differenza di altri, gli è stato possibile accedere con la sua telecamera. Ciononostante, per esplorare il luogo ed entrare in relazione con gli uomini che vi lavorano, ci sono voluti diversi mesi di frequentazione e di avvicinamento, di apprendimento dei codici sociali e di comportamento vigenti in quello spazio.
Quando il cinema entra in un macello, lo può fare in molti modi: la famosa sequenza di Un anno con 13 lune di Fassbinder sceglieva di non occultare nulla e, se possibile, di accentuare l’oscenità del processo di morte e di smembramento di corpi resi inermi. Il più recente Tikkun, che a Locarno ha ricevuto il premio speciale della giuria, mostra anch’esso fiotti di sangue, tagli e budella ma, per via del bianco e nero con cui è filmato, questa materia assume la consistenza astratta di segni grafici, di linee, masse, macchie di luce o d’ombra. Fi rassi sceglie una via intermedia: pone i corpi macellati fuori scena e lascia parlare il colore (le tracce di sangue imbrattano ogni superfice ma anche gli abiti e i corpi dei lavoratori con tutta una gamma di rossi e marroni) e il sonoro (le urla delle bestie appese per una zampa nell’attesa del sacrificio estremo: ancora prima della violenza delle lame a colpire è l’annientamento e l’umiliazione che sono costretti a subire questi corpi).
Al regista, più che le bestie interessano però i macellai, i loro compiti, i loro volti, le loro conversazioni, le loro aspirazioni e tutto ciò è colto attraverso una successione di lunghi quadri. Nella prima parte del film la camera fissa documenta le attività e i gesti umani nello svolgimento delle diverse mansioni, nella seconda l’autore viene sempre più spesso interpellato dai lavoratori filmati che sono ormai entrati in confidenza con lui, fino a quando è lui stesso a dire a uno di loro di avere girato tutto il materiale necessario e a discutere con l’uomo del possibile titolo da dare al suo film. Scartato Non mentiamo ma non diciamo neanche la verità, il regista sceglierà Fi rassi rond-point per riprendere le parole di uno dei giovani intervistati che a un certo punto del film confessa di avvertire nella propria testa come una specie di rotonda stradale da cui si dipartono 99 strade senza che lui sappia decidere quale intraprendere.
Filmare un luogo diventa perciò un modo per confrontarsi con delle vite, con delle traiettorie e con le identità complesse di persone che parlano una lingua araba dai subitanei lampi di francese (rond-point, par exemple, en forme, ça depend) e rispettano Benzema perché non canta la Marsigliese alle partite della nazionale francese. Giorno e notte la macchina da presa segue le diverse forme di vita che popolano il mattatoio cercando di coglierne i movimenti ricorrenti, gli atti distintivi, gli atteggiamenti caratteristici: giovani macellai che innamorati cantano o sognano di fuggire oltremare, altri che esprimono con rabbia il proprio senso di rivolta politica, anziani che dopo una vita di lavoro tra le carni sono diventati geni del luogo salmodianti, bovini in agonia, gatti che smangiano budella, topi negli interstizi.
Il film ha vinto il concorso documentari del 33° Torino Film Festival, con la motivazione seguente: “Per la precisione, il rigore, la pertinenza delle scelte che permettono di trasformare un luogo di lavoro duro e di morte in una serie di tableaux vivants colmi di delicatezza, ironia e calore umano.”
© CultFrame 11/2015
TRAMA
Nel macello di Ruisseau ad Algeri vive e lavora un folto gruppo di uomini di età, storie, opinioni e aspirazioni diverse. Il documentario ne mostra il lavoro ma si concentra progressivamente sempre di più sui loro volti, sui loro racconti e ci restituisce la complessità delle loro vite.
CREDITI
Titolo: Fi rassi. Dans ma tête un rond-point / Regia: Hassen Ferhani / Sceneggiatura: Hassen Ferhani / Fotografia: Hassen Ferhani / Montaggio: Narimane Mari, Hassen Ferhani, Myriam Acaguayer, Corentin Doucet/ Produzione: Centrale Electrique, Allers Retours Films / Algeria-Francia-Qatar-Libano-Olanda, 2015 / Durata: 100 minuti
SUL WEB
Filmografia di Hassen Ferhani
CULTFRAME. 33° Torino Film Festival. Il programma
Torino Film Festival – Il sito