Da sempre sosteniamo come sia estremamente riduttivo considerare Michelangelo Antonioni solo come un cineasta. L’autore de Il Grido è stato molto di più, è stato altro. La sua è stata un’esperienza creativa innovativa, caratterizzata dall’articolazione di un linguaggio visuale che derivava da una riflessione molto complessa e personale. Nell’ambito del suo percorso espressivo sono molteplici le discipline che Antonioni ha incontrato: dalla pittura alla psicoanalisi, fino alla filosofia. Ed ancora: appare oggi ancor più chiaro come il suo mondo poetico fosse indirizzato verso una ricerca linguistico-tecnologica, di tipo sperimentale, che gli permise di anticipare tendenze e gusti visuali, tanto che ancora ai nostri giorni la sua estetica è punto di riferimento chiave anche in settori come la moda e la pubblicità. Quella di Antonioni è stata un’arte prettamente visiva, modernissima e sempre in costante evoluzione, basata però non su un’ossessione aridamente estetizzante e di stampo tecnicistico ma sull’analisi della sfera dei sentimenti umani, della sofferenza individuale.
Questa premessa era necessaria per inquadrare la statura intellettuale di un artista visuale, così significativo nell’ambito del XX secolo, che ritroviamo ricollocato in maniera incredibile nell’ambito della produzione del fotografo, scomparso nel 2003, Enrico Appetito. Possiamo affermare ciò, dopo aver visitato la grande mostra allestita presso la Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea di Roma intitolata: I 400 scatti di Enrico Appetito per Michelangelo Antonioni (curatori Marco Maria Gazzano e Antonio Passa, organizzazione dell’Archivio Enrico Appetito).
Si tratta di un’importante operazione di recupero di immagini che il fotografo di scena Appetito realizzò tra il 1959 e il 1964 sui set dei lungometraggi che compongono la cosiddetta tetralogia dell’incomunicabilità (o dei sentimenti): L’avventura (1959-60), La notte (1961), L’eclisse (1962), Il deserto rosso (1964).
Monica Vitti, L’avventura, 1960. Ph. Enrico Appetito
Il lavoro di selezione delle opere è stato estremamente difficile poiché la mole di materiale da visionare era veramente ingente. Tra migliaia di scatti ne sono stati scelti così quattrocento che poi sono stati collocati negli spazi della GNAM di Roma con grande eleganza da Antonio Passa, il quale ha edificato un percorso fluido e avvolgente grazie a grandi pareti incurvate sulle quali sono state poi sistemate innumerevoli stampe fotografiche.
Ma quali sono gli aspetti più interessanti che emergono da questa iniziativa?
Il primo riguarda senza dubbio lo spessore artistico di Enrico Appetito. Noto in ambiente cinematografico per aver fotografato i set dei film di importantissimi registi (da Godard a Visconti, da Rosi a Petri, fino a Fellini), Appetito è riuscito nel suo lavoro svolto per Michelangelo Antonioni ad entrare in perfetta sintonia con il maestro ferrarese, elaborando un mosaico visivo, da L’avventura fino a Il deserto rosso, in grado di evocare con cristallina sensibilità la sostanza creativa dell’autore con il quale si stava relazionando.
La straordinaria, toccante, serie di primi piani in bianco e nero di Monica Vitti e gli scatti (a colori) realizzati sul set de Il deserto rosso, ad esempio, rendono il visitatore conscio riguardo il grado di vicinanza espressiva tra le fotografie di Appetito e le mirabili inquadrature di Antonioni. Ancor di più. Appetito sembra aver colto perfettamente quali fossero le potenti connessioni tra il mondo visivo del regista di Cronaca di un amore e alcuni artisti plastici e figurativi centrali nell’ambito delle arti del Novecento. Non per niente, una delle scelte curatoriali più pertinenti e valide è ravvisabile nella decisione di collocare nel percorso espositivo opere (della collezione della GNAM) vicine a livello concettuale e formale alla tetralogia dell’incomunicabilità antonioniana: da Concetto spaziale. Natura di Lucio Fontana ( 1958-60) a Mitologia 3 di Mimmo Rotella (1962), fino a Presente e passato di Giorgio De Chirico (1936).
Le opere di Enrico Appetito si manifestano, in definitiva, non come mere clonazioni di immagini antonioniane quanto piuttosto come lavori autonomi in grado di dialogare fortemente con la sensibilità dell’artista ferrarese. Il tutto predisposto all’interno di una linea espositiva in cui i collegamenti tra le arti visive, al di là di taluni inutili e superati confini settoriali ormai anacronistici, sono con tutta evidenza le fondamenta culturali e teoriche sulle quali poggia l’intera idea della mostra.
Da notare, infine, che aver inaugurato questa esposizione il 3 dicembre 2015, cioè il giorno dopo la scomparsa di Gabriele Ferzetti (interprete per Antonioni de Le amiche – 1955 e L’avventura), ha aggiunto ancor più emozione all’esperienza percettiva e umana del visitatore.
© CultFrame 12/2015
INFORMAZIONI
Mostra: I 400 scatti di Enrico Appetito per Michelangelo Antonioni – Il segreto dell’arte contemproanea sul set 1959 – 1964 / A cura di Marco Maria Gazzano e Antonio Passa
Dal 4 dicembre 2014 al 7 febbraio 2016
Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea / Viale delle Belle Arti 131, Roma / info e biglietteria: 06.32298 221 / gan-amc@beniculturali.it
Orario: martedì – domenica e festivi 8.30 – 19.30 / chiuso lunedì, 25 dicembre 2015 e 1 gennaio 2016
Biglietto: intero 8 euro / ridotto 4 euro
Organizzazione: Archivio Enrico Appetito / Collaborazione: Società di Psicoanalisi Italiana, Università Roma Tre
SUL WEB
Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea di Roma