Fiat Lux, ovvero l’imbarazzante trionfo del kitsch

SCRITTO DA
Maurizio G. De Bonis
La piazza e la basilica di San Pietro. Incisione di Piranesi del XVIII secolo
La piazza e la basilica di San Pietro. Incisione di Piranesi del XVIII secolo

La piazza e la basilica di San Pietro. Incisione di Piranesi del XVIII secolo

Per prima cosa una precisazione che ritengo doverosa: io non sono credente. Questa affermazione riguardo la mia condizione personale, che, lo confesso, oscilla da molti anni tra l’ateismo e l’agnosticismo, risulta ovviamente del tutto superflua in generale. Problemi tuoi, molti diranno sicuramente.
Era necessario, però, evidenziare questo aspetto soggettivo per chiarire immediatamente il punto di vista che mi porta alla riflessione che state per leggere, punto di vista, dunque, che non ha a che fare con la religione, la spiritualità e il cattolicesimo.

La questione sulla quale vorrei soffermarmi riguarda lo spettacolo (e uso a ragione veduta questo termine) intitolato Fiat Lux, basato sulla proiezione di immagini fotografiche sulla facciata della Basilica di San Pietro avvenuta la sera dell’8 dicembre 2015. Ecco gli autori delle fotografie: Sebastião Salgado, Joel Sartore, Yann Arthus-Bertrand, Ron Fricke, Steve McCurry ed altri.

Ho subito notato innumerevoli rimostranze che parte del mondo cattolico ha esternato, in particolare sui social media, nei riguardi di questa operazione che alcuni considerano come un’iniziativa oltraggiosa di presunti “neopagani” (addirittura) o più semplicemente irrispettosa di un importante simbolo religioso. Ovviamente, non mi addentro in analisi di questo tipo. Non sarebbe da parte mia appropriato e plausibile. Anzi, a costo di apparire dotato di poco tatto, sostengo che non mi interessa proprio.

Eppure, Fiat Lux mi ha colpito in maniera estremamente negativa e mi è sembrato un esempio lampante di totale mancanza di cultura visuale/fotografica, di sciatteria comunicativa, di assenza totale di sensibilità nei riguardi dell’arte e dell’estetica. Per alcune ore sono state proiettate sulla facciata della Basilica pacchiane immagini di animali (scimmie, uccelli, pappagalli, tigri, giraffe ed altro) tipiche delle trasmissioni di talune emittenti tematiche satellitari, discutibili visioni in stile reportage, banalissimi paesaggi naturalistici.

Non entro nel merito specifico della qualità delle immagini (servirebbe un altro tipo di approfondimento); mi voglio concentrare, invece, sull’operazione pseudo culturale che ha generato l’orrida commistione tra elementi artistico/architettonici di straordinaria importanza storica ed estetica (la cupola e la facciata della Basilica) e immagini fotografiche proiettate su questi elementi più o meno alla rinfusa, in un susseguirsi pirotecnico e scomposto di una vacua quanto scontata spettacolarizzazione dell’esistente.

Mi domando in base a quale principio culturale (ma forse non dovrei più usare questo aggettivo) la cupola, progettata da Michelangelo Buonarroti e portata a termine da Giacomo Della Porta e Domenico Fontana, e la facciata, realizzata da Carlo Maderno, siano state inondate da immagini fotografiche. In sostanza, tali elementi artistico/architettonici (la cupola e la facciata) sono stati ridotti a puri schermi, quindi a strutture di mero servizio, per la veicolazione di opere visuali di fotografi contemporanei.

Mi domando ancora: che senso ha un’operazione del genere? Gli autori di questa assurda operazione si sono resi conto dell’obbrobrio visivo che hanno generato? Connettere linguaggi tanto diversi e complessi, come l’architettura e la fotografia, è questione non di poco conto. Sovrapporre linguaggi espressivi in maniera così superficiale e kitsch, anche se questa iniziativa si analizza solo dal punto di vista comunicativo, non ha alcun senso, se non quello estremamente superficiale e rozzo che scaturisce da ciò che potremmo definire “super effetto visivo massificante”.

Non rimarrà nulla di questa inelegante esibizione muscolare/visuale, il cui valore presunto si è consumato istantaneamente nel suo effimero manifestarsi. In tutto ciò, l’armonia e gli equilibri della cupola e della facciata della Basilica di San Pietro sono stati sviliti, sono stati sovrascritti in modo grossolano e insolente nei riguardi delle idee stesse di arte, architettura ed estetica.

Dove sono gli storici dell’arte? Dove sono i grandi architetti? Dove sono gli artisti? Dal silenzio che ho notato (ma potrei aver perso per strada qualcosa, e se è così chiedo scusa) deduco che la questione non li abbia toccati più di tanto. E ciò, sinceramente, non può che farmi tristemente riflettere.

© CultFrame – Punto di Svista 12/2015

 

Condividi
Maurizio G. De Bonis

Maurizio G. De Bonis è critico cinematografico e delle arti visive, curatore, saggista e giornalista. È direttore responsabile di Cultframe – Arti Visive, è stato direttore di CineCriticaWeb e responsabile della comunicazione del Sindacato Nazionale Critici Cinematografici Italiani. Insegna Cinema e immagine documentaria e Arti Visive Comparate presso la Scuola Biennale di Fotografia di Officine Fotografiche Roma. Ha pubblicato libri sulla fotografia contemporanea e sui rapporti tra cinema e fotografia (Postcart), sulla Shoah nelle arti visive (Onyx) e ha co-curato Cinema Israeliano Contemporaneo (Marsilio). Ha fondato il Gruppo di Ricerca Satantango per il quale ha curato il libro "Eufonie", omaggio al regista ungherese Bela Tarr. È Vice Presidente di Punto di Svista - Cultura visuale, progetti, ricerca.

Articoli correlati

Previous
Next

1

About

New CULTFRAME – Arti Visive rappresenta la naturale evoluzione della precedente rivista fondata nel 2000. Vuole proporre ai lettori un quadro approfondito della realtà creativa italiana e internazionale. L’intenzione è quella di cogliere ogni nuovo fattore che possa fornire sia agli appassionati che agli addetti ai lavori un affresco puntuale e moderno riguardo gli sviluppi odierni delle Arti Visive.

3

COPYRIGHT © 2024 CULTFRAME – ARTI VISIVE.
TUTTI I DIRITTI RISERVATI. AUTORIZZAZIONE DEL TRIBUNALE DI ROMA N. 152 DEL 4 MAGGIO 2009