“Per arrivare a quello che non siete – scriveva T.S. Eliot – dovete andare per la strada nella quale non siete e quello che non sapete è la sola cosa che sapete…” Non a caso è questo grande autore americano, voce altissima di un pensiero artistico in cui il reale si frantuma nell’astratto, a fare da (s)punto di partenza per approcciare al film di Giuseppe Tornatore che, come già ne La migliore offerta (2013), si cimenta con le atmosfere del mistery dimostrando – di nuovo – come esse non appartengano propriamente alle sue corde.
La storia muove da un enigma legato alla sparizione di Ed Phoerum, un sessantenne professore di astrofisica che ha da anni una relazione extraconiugale con Amy Ryan, una sua bella e giovane studentessa che si mantiene facendo la stantwoman. Ad unire i due amanti, sebbene spesso separati dalla distanza geografica che li divide, non è soltanto la passione amorosa ma anche quella per la seducente insondabilità dell’universo che sembra riflettersi, come il riverbero di una stella lontanissima, nel loro stesso rapporto fatto anche di parole non dette e di segreti mai rivelati.
Nella scena iniziale Ed ed Amy sono avvinti in un abbraccio che è già un presentimento e, nel salutarsi, sembrano prendere commiato da un presente (fatto di passione e di carne) destinato a sfumare presto in un futuro intangibile che si nutrirà, per esistere hic et nunc, della sola memoria, anche digitale. Il professore, infatti, improvvisamente inghiottito dal “buco nero” di un mistero, riuscirà a comunicare con l’amata solo attraverso messaggi telefonici, video e lettere vergate a mano. Dove si trova Ed, in realtà? Forse in uno di quegli universi paralleli ipotizzati dalla teoria del multiverso con i quali lui stesso si balocca? Oppure è lì, dietro di lei, pronto a sorprenderla e a rispondere a domande e desideri ancor prima che vengano formulati?
Tornatore fa fronte all’istanza troppo presto privando immediatamente lo spettatore di una, seppur vaga, suspence e, nel rivelare il meccanismo del gioco narrativo (peraltro affatto originale), tenta di sopperire al repentino svelamento disseminando la storia di false piste, inquietanti presagi, ingannevoli sensazioni che lasciano percepire come, in tutto ciò che stiamo guardando, nulla è come sembra. Invece no. E’ – tristemente ed esattamente – così come lo vediamo: non vi è più nulla da scoprire, se non strascichi di un antico senso di colpa, e la storia finisce per dipanarsi sempre più faticosamente, in una estenuante reiterazione di videomessaggi e missive, fino al prevedibile epilogo.
Il regista siciliano, autore anche della sceneggiatura, stavolta sembra smarrire davvero il senso della misura, debordando non soltanto oltre la verosimiglianza ma attingendo suggestioni e/o ispirazioni da territori complessi come la meccanica quantistica o la metempsicosi di derivazione platonica che, inevitabilmente, sfiora appena con un tocco di imbarazzante superficialità; la stessa che sottende al messaggio – se di messaggio si tratta – che il film vuole trasmetterci ovvero quello del numero infinito di chance che risiedono nel nostro universo (in gran parte ancora sconosciuto) e che, grazie ad una tecnologia sempre più sofisticata, rendono possibile l’impossibile.
Tornatore tenta, così, di spiegare, e financo accettare, un’ “assenza” dell’oggetto amato attraverso l’esatto contrario: la presenza, invasiva e costante, di esso. In un prolungato discorso di fram(m)e/nti amorosi, come una versione di Barthes 2.0, Ed parla ad Emy senza sosta dal cellulare e dal pc, sembra pedinarla ogni giorno, indovinare addirittura i suoi pensieri e le sue mosse e la donna, inizialmente sgomenta, è sempre più avvinta da un “mistero” che, nonostante sia ormai più che svelato, si ostina a credere tale.
In quella complessa trama, alla cui “perfezione” tecnologica Phoerum si affida nell’ordirla, c’è tuttavia qualcosa che inceppa il meccanismo, quella variabile umana che non può sottrarsi alla caducità o al disfacimento e che dimostra la nostra fallibilità di fronte ai grandi enigmi della vita stessa, compreso l’amore. Ecco allora che la rappresentazione “esistenziale” di Tornatore rivela il suo trucco scenico, proprio come quello – con un’evidente quanto ovvia metafora metacinematografica – con il quale la giovane Amy si confronta nel suo lavoro, tra le fiamme di pericoli fittizi e costruiti ad arte.
Come già nel precedente film, il regista di Bagheria si concentra prevalentemente sull’aspetto formale, incastonando la suggestione sfuggente dell’arcano su uno sfondo di splendente bellezza e, da York ad Edimburgo, fino alla magnifica Isola di San Giulio sul lago d’Orta, il buen retiro del professore, sposta i suoi personaggi come fa un illusionista con i gesti e le ombre per far credere l’incredibile.
Proprio come Phoerum (che nella versione originale Amy soprannomina “wizard” ovvero “mago”, in luogo di “stregone” della traduzione) Tornatore manipola e altera la nostra percezione nel tentativo di contraffare un universo che è, fin dall’inizio, permeato di una sostanza di finzione desolatamente manifesta. Evocare le stelle, distrarsi tra gli atomi e le particelle o smarrirsi nella pena d’amore per spiegarne il suo eterno potere rischia, allora, di generare cosmiche banalità e soffocare il respiro ampio del dramma in un fiato trattenuto di tedio.
© CultFrame 01/2016
TRAMA
Amy è una studentessa che lavora come controfigura al cinema e in televisione. Da sei anni ha una relazione con il suo professore di astrofisica, l’affascinante Ed Phoerum, di molti anni più vecchio di lei. La giovane ne è profondamente innamorata ma Ed, che vive in un’altra città e ha una famiglia, sembra ogni tanto sfuggirle fino a quando, un giorno, sparisce del tutto. Questa sua “assenza” sarà per Amy l’inizio di un viaggio nell’impossibile alla ricerca strenua di riappropriarsi di un amore che le parla solo attraverso video messaggi, sms e lettere. La mancanza fisica dell’uomo, la cui presenza virtuale si fa presto ossessiva, costringe la ragazza a guardare più profondamente in se stessa e a fare i conti con un passato dal quale cerca di fuggire.
CREDITI
Titolo: La corrispondenza / Regia: Giuseppe Tornatore / Sceneggiatura: Giuseppe Tornatore / Fotografia: Fabio Zamarion / Montaggio: Massimo Quaglia / Scenografia: Maurizio Sabatini / Musica: Ennio Morricone / Interpreti: Jeremy Irons, Olga Kulylenko, Simon Johns, James Warren, Shauna Macdonald, Oscar Sanders, Paolo Calabresi / Produttori: Isabella Cocuzza e Arturo Paglia con Rai Cinema / Distribuzione: 01 Distribution / Italia, 2015 / Durata: 116 minuti