Berlinale 2016. 66° Festival Internazionale del Cinema di Berlino. Il programma

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Claudio Panella - Silvia Nugara

Berlinale 2016Tra l’11 e il 21 febbraio la sessantaseiesima Berlinale riunisce nella capitale tedesca quelli che ormai sono diventati manifestamente una serie di festival nel festival. Da quest’anno, infatti, per la prima volta, in vece di un catalogo riassuntivo dell’intera kermesse (o quasi), ognuna delle sezioni si presenta distintamente con una propria brochure. Questo dimostra anche quanto sia titanica l’impresa di rendere conto di ciò che si vedrà a questa manifestazione così eterogenea e proteiforme che, per di più, in un inizio d’anno funestato da lutti importanti per il mondo del cinema, si è trovata a dover arricchire il suo programma di ben tre tributi: a David Bowie (di cui si vedrà L’uomo che cadde sulla terrà di Nicolas Roeg), ad Alan Rickman (con una proiezione di Ragione e sentimento di Ang Lee che vinse la Berlinale nel 1996) e a Ettore Scola (di cui si rivedrà Ballando ballando).

Anche il film con cui il festival si apre è un tributo ma non a una celebrità, bensì alla Hollywood degli studios, grande macchina per produrre sogni che i fratelli Coen hanno voluto ritrarre in Hail, Caesar! con un cast stellare capitanato da Josh Brolin, George Clooney, Ralph Fiennes, Scarlett Johansson, Frances McDormand, Tilda Swinton e Channing Tatum. Altrettanto stellare il cast di Chi-Raq, il nuovo film di Spike Lee con Wesley Snipes, Angela Bassett, John Cusack, Samuel L. Jackson, una Lisistrata attualizzata e ambientata a Chicago, la città in cui il numero di omicidi ha superato i morti tra le forze speciali USA in Iraq (da cui la crasi Chicago-Iraq). Sempre fuori concorso si vedranno anche il dramma familiare Mahana del neozelandese Lee Tamahori (Once we were warriors); Saint Amour di Benoît Delépine e Gustave Kervern con Benoît Poelvoorde e un Gérard Depardieu nei panni di un bovaro; il fantasy Midnight Special di Jeff Nichols con Kirsten Dunst e Adam Driver e una valanga di anteprime europee e mondiali speciali tra cui Where to Invade Next di Michael Moore, Creepy di Kurosawa Kiyoshi, il biopic Miles Ahead di e con Don Cheadle su Miles Davies, l’ultimo Terence Davies sulla vita di Emily Dickinson A quiet passion e il lavoro firmato a otto mani (tra cui quelle di Tilda Swinton) Four Portraits of John Berger.

La giuria, presieduta da Meryl Streep – a cui si affiancheranno Clive Owen, Alba Rohrwacher, la fotografa Brigitte Lacombe, la regista Małgorzata Szumowska e il critico Nick James – sarà chiamata invece a giudicare il nuovo André Téchiné, che ha scritto il suo Quand on a 17 ans insieme a Céline Sciamma (Tomboy, Diamante nero); Kollektivet (The Commune) del danese Thomas Vinterberg; L’avenir di Mia Hansen-Løve con Isabelle Huppert; Zero Days del documentarista Alex Gibney sull’universo criminale e spionistico che si sviluppa in internet; Soy Nero dell’iraniano all’estero Rafi Pitts; Alone in Berlin dell’attore-fotografo e regista Vincent Perez; Cartas da guerra di Ivo M. Ferreira basato su un epistolario di António Lobo Antunes durante la guerra coloniale portoghese in Angola. In competizione anche il debutto cinematografico del direttore del British theatre Michael Grandage che con Genius dirige Colin Firth, Jude Law e Nicole Kidman in un film in costume anni ‘20 sul leggendario editore Max Perkins e l’ultimo Danis Tanovic che con Death in Sarajevo porta sullo schermo un testo di Bernard-Henri Levy. Nel magmatico concorso suscitano attesa e curiosità il nuovo lavoro di Gianfranco Rosi che con Fuocoammare porta la sua macchina da presa a Lampedusa e il fluviale filippino Lav Diaz che nelle otto ore esatte di A Lullaby to the Sorrowful Mystery continua a confrontarsi con i miti su cui è fondata la storia del suo paese.

L’Orso d’oro alla carriera verrà assegnato quest’anno al direttore della fotografia Michael Ballhaus, re del dolly, che verrà omaggiato con le proiezioni, tra le altre, di Martha (1974) di Fassbinder, Il colore dei soldi (1984), Goodfellas (1990), L’età dell’innocenza (1993) e Gangs of New York (2002) di Scorsese, Una donna in carriera (1988) di Nichols, I favolosi Baker (1989) di Kloves, Dracula di Bram Stoker (1992) di Coppola, Quiz Show (1996) di Redford. Altri riconoscimenti alla carriera verranno poi assegnati a Tim Robbins, al produttore e distributore Ben Barenholtz e alla distributrice ed esercente Marlies Kirchner il cui Theatiner Filmkunst di Monaco aprì nel 1957 proiettando Guardie e ladri di Steno e Monicelli.

Nell’anno in cui il premio Teddy per il miglior film GLBT compie i suoi gloriosi trent’anni, la sezione Panorama, già tradizionalmente attenta allo sguardo del cinema sulle questioni di genere e sessualità, offre uno spaccato ancora più ricco sul cinema omosessuale e queer di ieri (con la proiezione della versione restaurata dello storico Anders als die Andern del 1919 e un programma di titoli fondamentali o di premiati del passato quali Je, tu, il, elle e Toute une nuit di Chantal Ackerman, Parting glances del 1986 con Steve Buscemi o Hedwig. La diva con qualcosa in più del 2001 di e con John Cameron Mitchell) e di oggi (il bio-doc di Fenton Bailey e Randy Barbato su Robert Mapplethorpe; l’ultimo Ira Sachs Little Men, l’ultimo Olivier Ducastel e Jacques Martineau sulle calde notti di Theo and Hugo, il coreano Bacchus Lady su un’anziana prostituita sifilitica).

La retrospettiva si concentrerà sul 1966 come anno cruciale del cinema tedesco dell’Est (dove moltissime produzioni erano figlie degli studi DEFA) e dell’Ovest (anno in cui Volker Schlöndorff presentò a Cannes Il giovane Törless aggiudicandosi il premio della critica e Alexander Kluge vinse un Leone d’argento a Venezia per La ragazza senza storia).

In un mondo in cui le immagini su schermo sembrano essersi liberate dai condizionamenti imposti da generi e formati, alcuni grandi festival aprono sempre più ampiamente le porte alle serie televisive: quest’anno a Berlino si vedranno in anteprima alcuni episodi della meta-serie israeliana The writer su uno sceneggiatore di serie tv, The night manager di Susanne Bier con Tom Hiddleston e Hugh Laurie e l’inglese Love, Nina su una babysitter inglese negli anni Ottanta a Londra.

PS: chi volesse (ri)scoprire tutto il cinema indipendente punk giapponese fine anni ’70 e anni ’80 troverà di che gioire nella retrospettiva “Hachimiri” all’interno della sezione Forum che annovera titoli quali High-School-Terror (1979) di Macoto Tezka, l’esordio di Sion Sono A Man’s Flower Road (1986) o Il ragazzo del palo elettrico (1988) di Shinya Tsukamoto.

© CultFrame 02/2016

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Claudio Panella - Silvia Nugara

Silvia Nugara ha un dottorato di Linguistica Francese. I suoi interessi riguardano le relazioni tra il linguaggio e la costruzione della realtà sociale, con riferimento agli immaginari e ai discorsi relativi alle soggettività di genere. Claudio Panella, Dottore di ricerca in Letterature e Culture Comparate, si interessa alle interazioni tra la letteratura e le arti, alle trasfigurazioni letterarie del paesaggio e della città, alle rappresentazioni del lavoro industriale e post-industriale nella letteratura. Attualmente sono redattori di Punto di Svista - Arti Visive in Italia e CultFrame - Arti Visive.

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