L’epoca del “Dogma” si è conclusa ormai da tempo e infatti nell’ultimo lungometraggio di Thomas Vinterberg non mancano costumi e scenografie anni Settanta e musiche diegetiche e non (con tanto di Elton John da cantare sui titoli di coda), ma l’interesse per ogni conformismo e irregolarità della istituzione famigliare è senz’altro una costante che caratterizza i film del regista danese da Festen (1998), a Riunione di famiglia (2007), a Il sospetto (2012).
Il film è tratto da una pièce teatrale scritta da Vinterberg stesso, che ha passato la sua intera adolescenza in una comune forse non molto dissimile da quella qui ricostruita, compostasi un po’ per caso con la riunione di un gruppo alquanto eterogeneo di amici oramai adulti dei protagonisti principali: Erik, professore universitario di architettura che vorrebbe svolgere la professione più che insegnare, la sua compagna Anna, annunciatrice del tg nazionale, e la loro figlia Freja.
In molti ricorderanno Together (2000) del collega svedese Lukas Moodysson, film ambientato nella stessa epoca in una comune ancora più scombinata, con personaggi assai meno borghesi, e che forse per questo sembrava molto meno “fuori tempo” di quella narrata da Vinterberg. In La comune (Kollektivet), infatti, le ‘buone intenzioni’ da cui prende il via l’esperienza di condivisione di una vecchia casa di famiglia mostrano presto la corda e di tutte le ipocrisie e le superficialità alla base di tale progetto finisce di prendersi dolorosamente carico il personaggio interpretato da Trine Dyrholm, complice di Vinterberg dai tempi di Festen, la quale si è aggiudicata per questo ruolo l’Orso d’Argento come migliore attrice della 66° Berlinale.
In modo analogo ma diametralmente opposto a quanto raccontato in un altro film in concorso nella stessa edizione della Berlinale, L’avenir (2016) di Mia Hansen-Løve, l’evento che innesca gli eventi è il tradimento subito dalla protagonista femminile. Se nel film francese il personaggio di Isabelle Huppert soffre ma non si scompone facendo presto piazza pulita di ogni ricordo del marito (e viceversa), la povera Anna assume nelle mani di Vinterberg la maschera tragica della donna matura e innamorata che viene sostituita con una molto più giovane di lei.
L’inconciliabilità tra amore (verso l’altro) e desiderio (egoista), il tentativo maldestro e velleitario di una convivenza impossibile avrebbero potuto deflagrare in un’elaborazione autenticamente collettiva dell’accaduto, e invece nel film di Vinterberg lo svolgimento del tema tanto abusato del tradimento sentimentale non convince del tutto perché non conduce a nessuna presa di posizione forte e originale. Il fatto diventa sì oggetto di discussione pubblica da parte dei coabitanti e dà luogo all’espulsione (sostanzialmente reazionaria, comunque la si voglia vedere) della più fragile tra loro, ma il finale del film ripiega nella comoda morale della “vita che continua” singolarmente per ogni individuo disgregando e ricreando sempre e comunque coppie probabilmente destinate a durare per un periodo limitato.
Lo scrittore ligure ma residente in Olanda Marino Magliani ha raccontato in un suo romanzo recente (Soggiorno a Zeewijk, 2014) come le città di certe regioni olandesi poggino sulla sabbia e come in conseguenza di ciò ogni loro costruzione debba venire abbattuta e riedificata più volte nell’arco della vita di un uomo. In Olanda, scrive Magliani, ci si riferisce a questa trasformazione continua dei luoghi a cui sono legati gli affetti di ciascun cittadino con l’espressione amara e malinconica “tutto diventa”. È probabile che qualcosa di simile accada anche in Danimarca e che il personaggio protagonista (labile e incoerente) del film di Vinterberg, di professione architetto, abbia assorbito questa ‘filosofia’. Ma il suo ritratto non arriva a esplicitarne i sentimenti a un tale grado di profondità. Da un regista così promettente, era lecito attendersi un discorso più compiuto in senso utopico o in senso critico sulle idee e sulle ideologie degli anni Settanta e sulle illusioni libertarie diffusesi in quell’epoca nelle società scandinave: a conti fatti, la parabola svolta in Kollektivet non sembra puntare né nell’una né nell’altra direzione e la vicenda della comune appare un semplice sfondo, un pretesto, per un dramma famigliare.
© CultFrame 02/2016 – 04/2016
TRAMA
Copenhagen, 1975. L’architetto Erik eredita la casa del padre appena scomparso, con cui non aveva rapporti da decenni. Vorrebbe venderla, ma la compagna e la figlia lo convincono a tenerla e a raccogliere amici e co-inquilini con cui condividerla, creando una comune che cambierà profondamente la loro vita.
CREDITI
Titolo: La comune / Titolo originale: Kollektivet / Regia: Thomas Vinterberg / Sceneggiatura: Thomas Vinterberg, Tobias Lindholm / Fotografia: Jesper Tøffner / Montaggio: Anne Østerud, Janus Billeskov Jansen / Musica: Fons Merkies / Interpreti: Trine Dyrholm, Ulrich Thomsen, Helene Reingaard Neumann, Martha Sofie Wallstrøm Hansen, Lars Ranthe / Produzione: Zentropa Productions (Hvidovre), Toolbox Film (Copenhagen) / Danimarca, Svezia, Olanda, 2015 / Distribuzione: BIM Distribuzione/ Durata: 111 minuti
SUL WEB
Sito ufficiale del film Kollektivet (La comune) di Thomas Vinterberg
Berlinale 2016. 66° Festival Internazionale del Cinema di Berlino. Il programma
Filmografia di Thomas Vinterberg
Berlinale – Il sito
BIM Distribuzione