Le confessioni. Un film di Roberto Andò

SCRITTO DA
Eleonora Saracino

Roberto Andò“La confessione – scriveva Bataille – è la tentazione del colpevole”; difficile sottrarsene, allora, quando il peso di una responsabilità sembra farsi più gravoso e pressoché insostenibile. Roberto Salus, monaco italiano, nell’ascoltare quelle che saranno le ultime parole di Daniel Rochè, potente direttore del Fondo Monetario Internazionale, si carica, all’inizio quasi inconsapevolmente, del fardello di un uomo che finirà per trasformarsi in un macigno pronto per essere scagliato, da Heiligendamm, sul resto del mondo.

Nell’immobile quiete di quella cittadina sulle coste del Mar Baltico si sta per riunire il G8 dei ministri dell’economia per varare un provvedimento, tanto cruciale quanto segreto, le cui conseguenze graveranno terribilmente su alcuni paesi. Un’oligarchia aurea nel cui impenetrabile consesso si decidono le mosse e gli spostamenti sulla scacchiera mondiale, segnando destini di guerra e di pace, di ricchezza e di crisi. In via del tutto eccezionale, forse per conferire al meeting un’aria di maggiore apertura con quel pizzico di moderno anticonformismo che tanto giova all’immagine mediatica, la riunione stavolta ospita tre personalità al di fuori della politica: una celebre scrittrice di libri per bambini impegnata in missioni umanitarie, una rockstar e un monaco.

Chiusi in un albergo di lusso, modernissimo e asettico, i personaggi principali sembrano muoversi in un’apparente condizione di isolamento. In realtà ogni loro gesto è spiato, registrato, annotato con meticolosa attenzione da un apparato di sicurezza che monitora le loro azioni e noi stessi, spettatori, partecipiamo a questa osservazione quasi scientifica ma con un vantaggio maggiore: quello di poter guardare (anche) ciò che le microspie non rilevano.
Roberto Andò, infatti, ci mette nella posizione di poter osservare (e, perché no, investigare) mostrandoci, simultaneamente, chi sta facendo cosa pur non rivelandoci mai del tutto ciò su cui ruota il “mistero” della storia: la confessione. Nello spazio limitato di un fine settimana, il regista siciliano, pare sospendere il tempo, dilatarlo sul tessuto, teso e opaco, del sospetto e mostrarci, dall’interno, l’implosione di un sistema che, perdendo il suo centro, mostra i sintomi, pericolosissimi, del collasso.

Roberto Andò

Dopo il riuscito Viva la libertà (2013), in cui metteva a nudo con pungente ironia un’Italia avvezza all’inettitudine, Andò alza decisamente il tiro e punta al cuore della Storia, quella che si scrive– dai secoli dei secoli – sui tavoli della forza del potere. Nel farlo, però, ricorre ad una narrazione che mostra, via via, le crepe di una sceneggiatura che procede per “sentenze” e in cui ogni dialogo, in luogo della giusta asciuttezza che si fa rigore, sembra intenzionalmente studiato.

La regia, lucida ma meccanica, rievoca fin troppo le atmosfere sorrentiniane (la spietata solitudine di “Il divo”, il riverbero di disperazione nell’acqua delle piscine di lusso di “Youth- La giovinezza”…) e il clima raggelante e metafisico dello spazio scenico richiama alla memoria, in modo eccessivo ed irritante, quel capolavoro di “Todo modo”. Andò, però, non è Petri e in quest’opera in cui avrebbe voluto evidenziare la portata, financo ontologica, del potere, immobilizza i suoi personaggi, facendogli seguire traiettorie palesemente studiate, algide come calcoli e prive sia del pathos che appartiene ad un’indagine di coscienza, sia del senso profondo della sua erosione, sotto i colpi di volontà incontrastabili di (onni)potenza.

Servillo/Salus, per essere un monaco votato al silenzio, parla non poco esprimendosi, in ogni occasione, col tono grave di un verdetto e nel suo ruolo di osservatore privilegiato del dramma – di cui, suo malgrado, ne tirerà le fila – mostra un raggelante distacco che confina la sua parte a mero “simbolo” sottraendola alla naturale empatia che avrebbe suscitato.

Freddo e artificioso, “Le confessioni” si (rin)chiude nello spazio bianco e claustrofobico che Andò gli ha costruito intorno, sacrificando il buon potenziale del racconto, immoto nel gelo dell’occasione mancata.

© CultFrame 04/2016

TRAMA
In una località della Germania sta per riunirsi il G8 dei ministri dell’economia pronti a varare una complessa manovra che dovrà restare segreta. Daniel Roché, direttore del Fondo Monetario Internazionale, ha invitato anche tre ospiti: una famosa scrittrice di libri per bambini, una rockstar e un monaco italiano, Roberto Salus. Rochè viene trovato cadavere nella sua stanza e l’ultimo ad averlo visto vivo è stato Salus al quale il direttore si era rivolto per una confessione. In ansia per le conseguenze di tale tragedia tutti i ministri temono che il defunto abbia rivelato particolati importanti al monaco. Inizia così una sfida serrata intorno a questo segreto stringendo sempre più il cerchio intorno al religioso che, ostinatamente, si rifiuta di parlare.


CREDITI
Titolo: Le confessioni / Regia: Roberto Andò / Sceneggiatura: Roberto Andò, Angelo Pasquini / Fotografia: Maurizio Calvesi / Montaggio: Clelio Benevento / Scenografia: Giada Esposito / Musica: Nicola Piovani / Interpreti: Toni Servillo, Connie Nielsen, Daniel Auteuil, Pierfrancesco Favino, Marie-Josée Croze, Lambert Wilson, Moritz Bleibtreu / Produzione: Bibi Film, Barbary Film / Distribuzione: O1 Distribution / Italia, 2016 / Durata: 100 minuti

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Eleonora Saracino

Eleonora Saracino, giornalista, critico cinematografico e membro del Sindacato Critici Cinematografici Italiani (SNCCI), si è laureata in Storia e Critica del cinema con una tesi sul rapporto Letteratura & Cinema. Ha collaborato con Cinema.it e, attualmente, fa parte della redazione di CulfFrame Arti Visive e di CineCriticaWeb. Ha lavorato nell’industria cinematografica presso la Columbia Tri Star Pictures ed è stata caporedattore del mensile Matrix e della rivista Vox Roma. Autrice di saggi sul linguaggio cinematografico ha pubblicato, insieme a Daniel Montigiani, il libro “American Horror Story. Mitologia moderna dell'immaginario deforme” (Viola Editrice).

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