Abbas Kiarostami ⋅ Maestri del Cinema

SCRITTO DA
Mariella Cruciani
Frame tratto dal film "Il sapore della ciliegia" di Abbas Kiarostami

Abbas Kiarostami. 22 giugno 1940 (Teheran) – 4 luglio 2016 (Parigi)

Abbas Kiarostami, cineasta iraniano, autore di opere dallo stile inconfondibile, prima di realizzare negli anni Settanta numerosi corti e mediometraggi per il Kanun, l’Istituto Iraniano per l’Educazione dei bambini e dei giovani, si dedica alla creazione di spot pubblicitari. In proposito, ha dichiarato: “E’ vero che durano solo un minuto, hanno, però, un inizio, un tema centrale e un finale. Devi trovare un rapporto con lo spettatore: lo devi, in qualche modo, convincere. Dunque, devi sapere sia di psicologia che di sociologia”. Elementi, questi ultimi, centrali anche nei successivi lungometraggi del regista iraniano.

Con i cortometraggi e i mediometraggi girati per il Kanun, Kiarostami scopre il modo e la bellezza di lavorare con dei non attori. Per il suo primo film, Il pane e il vicolo (1970), il protagonista è un bambino di sette anni e non ci sono professionisti. In questi anni, cominciano a formarsi anche i nuclei tematici del suo cinema: i bambini, l’educazione, il rapporto con la famiglia, l’Iran contemporaneo, ma anche l’amore. Per esempio, ne Il viaggiatore (1974), anche se non si tratta di un classico film d’amore, il protagonista è, come ha detto lo stesso Kiarostami, “uno dei più grandi innamorati della storia”. Nei lavori successivi, come Il coro (1982) e Gli scolari (1984), viene introdotto il tema della comunità e si esce dal nucleo familiare (“I miei figli sono andati a scuola e anch’io, con loro, sono uscito di casa”.) Compiti a casa (1989) è l’ultimo film sull’infanzia ma di questa prima fase dell’attività di Kiarostami va, senz’altro, ricordato Dov’è la casa del mio amico? (1987), per la purezza dello sguardo e la bellezza mai estetizzante delle immagini. Il piccolo protagonista del film deve riportare il quaderno, finito per sbaglio nella propria cartella, ad un compagno di scuola, affinché non venga punito. Il problema è che non sa dove abita: comincia, così, un’estenuante peregrinazione tra adulti indifferenti ed ostili. Nel cinema di Kiarostami, i bambini risultano sempre più sensibili e maturi dei grandi: il regista è convinto che i piccoli non siano “ come i bachi da seta, vermi che, poi, diventano farfalle”, ma il contrario. In altre parole, si nasce sani, completi e, strada facendo, si assumono difetti perché la società ci impone di non essere noi stessi, rendendoci “innaturali”.

Con Close-up (1990), Kiarostami volta pagina. In meno di una settimana, il regista, prendendo spunto da una notizia di cronaca e coinvolgendo i veri protagonisti della vicenda, realizza un film che è, anzitutto, una riflessione vertiginosa sulla messa in scena del reale e sulla menzogna dell’attore. L’impostore Sabzian che si spaccia per il noto regista Makhmalbaf, rivivendo la scena del tribunale, afferma di non recitare ma, in realtà, diceva lo stesso quando fingeva di essere il regista. Finzione e verità sembrano confondersi anche in E la vita continua (1992) in cui un padre, alter-ego del regista, parte con il figlio per scoprire che ne è stato dei bambini di Dov’è la casa del mio amico?, dopo che un terremoto ha colpito, davvero, il villaggio di Kokher. Di fronte alle dinamiche della natura e della vita, Kiarostami si fa piccolo e si accosta con discrezione e pudore ai personaggi, rapportandosi ad essi come soggetti reali, e non come semplici elementi di scena. La riflessione sulla verità, o meno, delle immagini prosegue con Sotto gli ulivi (1994): durante le riprese di E la vita continua, un giovane muratore fatica ad entrare nel ruolo perché, nella vita “vera”, è davvero innamorato della ragazza che interpreta sua moglie. Naturalmente, non sapremo mai se tra i due nascerà qualcosa: nel piano-sequenza finale, Hossein rincorre la ragazza, si ferma un attimo a parlarle e poi si allontana, saltellando.

A questo punto, Kiarostami si arresta e, dopo essersi concesso un “fuori-campo” dei sentimenti, lascia che i personaggi vivano da soli la loro storia. La materia primaria, il primo mezzo di lavoro per il regista non è la cinepresa o il negativo della pellicola ma le persone e le loro vicende. Questo assunto vale anche per i film successivi, come Il sapore della ciliegia (1997) e Il vento ci porterà via (1999). Nel primo, tutto viene raccontato attraverso i viaggi in auto che il protagonista compie per mostrare ai passeggeri, che si alternano, il luogo in cui dovranno recarsi l’indomani se accettano di aiutarlo nel suo tentativo di suicidio. Nel secondo, un gruppo di viaggiatori arriva in un piccolo paese per filmare la cerimonia funebre di un’anziana che, però, non sembra avere voglia di morire. Anche in questi casi, Kiarostami pare volerci dire che le vere immagini sono quelle che aggiungono qualcosa ad un racconto e che nascono dall’intimo: non è la semplice realtà ciò che il regista vuole cogliere, bensì la verità umana. (“Quando, con lo sguardo o con il suono, riusciamo a portare l’attenzione fuori dal quadro, è come se avessimo creato un altro schermo, di lato, sopra, sotto”).

Nel 2001, Kiarostami comincia a lavorare con una piccola macchina da presa digitale: la “camerapen” gli consente una libertà ancora maggiore e, grazie ad essa, dirige film di diversa natura e grandezza, oscillanti, come sempre, tra documentario e finzione. Nascono, così, ABC Africa (2001), Dieci (2002), Five dedicated to Ozu (2004), 10 on Ten (2004), Roads of Kiarostami (2005) e Shirin (2008). Per realizzare ABC Africa, il regista e il suo operatore si recano in Uganda, a Kampala, per documentare le condizioni in cui versa un popolo sterminato dalla povertà e dall’Aids e per registrare lo sviluppo di un progetto promosso dal Fondo Internazionale per lo Sviluppo Agricolo. Dieci mostra, invece, dieci scene della vita affettiva e sentimentale di sei donne o, forse, dieci differenti scene della vita di una sola donna. L’ambiguità narrativa di Dieci si ripresenta in Copia conforme (2010) girato per la prima volta fuori dall’Iran e con un cast internazionale. In questo caso, i personaggi centrali sono due: si incontrano, come perfetti estranei, ad un primo appuntamento per poi darsi, di colpo, del tu e cominciare a comportarsi come una coppia in crisi. Campi e controcampi, inquadrature molto strette, dialoghi fitti dal tono monocorde contribuiscono alla creazione di un’opera ambiziosa che ruota, ancora una volta, intorno ai temi dell’indecifrabilità della realtà e dei sentimenti.

Gli interrogativi sul bisogno primario di ogni essere umano si ripresentano puntuali, nel recente lavoro di Kiarostami, a partire dal titolo: Qualcuno da amare (2012). Attraverso lo strano triangolo formato da una ragazza, il suo fidanzato e un anziano professore, il cineasta torna ad indagare il rapporto uomo-donna senza, però, fornire indicazioni o risposte: il film si interrompe, non a caso, nel momento decisivo. L’intera filmografia del regista persegue e insegue l’idea, apparentemente paradossale, di un cinema che non mostri più di tanto: se il personaggio vede qualcosa, a Kiarostami interessa più la sua reazione e non ciò che ha visto. E’, un po’, come un puzzle: l’autore fornisce il materiale e lo spettatore compone il tutto nella sua testa. Una favola persiana racconta di un gruppo di cammellieri che, in mezzo ad un deserto, incontrano un tale e gli chiedono se ha visto, per caso, un cammello. Quest’uomo dà tutte le indicazioni del cammello, di chi lo cavalcava, ecc, però, alla fine, dice di non averlo visto. Quando non si vede, è come se si vedesse di più : la morale di questa storia è perfetta per riassumere e illuminare un cinema, come quello di Kiarostami, che fa, programmaticamente, della limitazione dello sguardo e della mancanza il suo punto di forza (“Non mi lamento della tua assenza perché, senza la tua assenza, non potrei godere della tua presenza!”).

 

BIOGRAFIA

Abbas Kiarostami nasce in Iran, a Teheran, il 22 giugno 1940. Studia alla Scuola di Belle Arti di Teheran lavorando come grafico, illustratore e regista di spot pubblicitari. Nel 1969 fonda il Dipartimento di Cinema presso l’Istituto per lo Sviluppo Intellettuale di Bambini e Ragazzi, luogo in cui dirige anche i suoi primi cortometraggi e mediometraggi. Il suo ultimo film sull’infanzia, Compiti a casa (1989), è un buon esempio di cinema poetico, un cinema capace di denunciare con delicatezza alcuni aspetti controversi della società iraniana. Nel 1990 volta pagina con Close-up: partendo da una notizia di cronaca e coinvolgendo i reali protagonisti della vicenda, realizza una storia in grado di portare la realtà nel mondo della finzione. E la vita continua (1992) e Sotto gli ulivi (1994) completano una trilogia iniziata con Dov’è la casa del mio amico? (1987). Il sapore della ciliegia (1997) segna l’inizio di una fase introspettiva del regista e inaugura il suo ingresso nelle file degli autori premiati. Il film successivo, Il vento ci porterà via (1999), è ancora una prova del suo stile inconfondibile e rappresenta anche la prima collaborazione del regista con il produttore Marin Karmitz. Nel 2001, Kiarostami si innamora di una piccola macchina da presa digitale e, con essa, dirige diversi film che oscillano tra la finzione e il documentario: ABC Africa (2001), Dieci (2002), Five Dedicated To Ozu (2004), 10 on Ten (2004), Roads of Kiarostami (2005) e Shirin (2008). Con Copia conforme (2010) torna a lavorare ad una grande produzione, girando per la prima volta fuori dall’Iran, in Toscana, e con un cast internazionale. Infine, Qualcuno da amare (2012) porta Abbas Kiarostami in un universo tutto nuovo da scoprire: il Giappone.

© CultFrame 07/2013 – 07/2016

FILMOGRAFIA

1970  Il pane e il vicolo
1972  La ricreazione
1973  L’esperienza
1974  Il viaggiatore
1975  Due soluzioni per un problema
1975  Anch’io posso
1975-1979 Il palazzo di Jahan -Nama
1976  Il vestito per il matrimonio
1976  I colori
1977 Tributo agli insegnanti
1977 Il rapporto
1977 episodio di Come passare il tempo libero?
1978  Soluzione
1979  Primo caso, secondo caso
1980  Igiene dentale
1981  Disciplinatamente o indisciplinatamente
1982  Il coro
1983  Il cittadino
1984  Gli scolari
1987  Dov’è la casa del mio amico?
1989  Compiti a casa
1990  Close-up
1992  E la vita continua
1994  Sotto gli ulivi
1995  Repérages segmento del film A propos de Nice, La suite
1995 Un oeuf segmento del film Lumiere and Company
1997  Birth of light
1997  Il sapore della ciliegia
1999  Il vento ci porterà via
2001  ABC Africa
2002  Dieci
2004  Five Dedicated To Ozu
2004 10 on Ten
2005 Tickets (segmento di un film collettivo)
2005  Roads of Kiarostami
2005  Correspondances
2007  4 videolettere a Victor Erice
2007  Where is my Romeo? (segmento del film collettivo Chacun son cinema)
2008  Shirin
2010  Copia conforme
2012  Qualcuno da amare

SUL WEB
CULTFRAME. Qualcuno da amare. Un film di Abbas Kirostami di Mariella Cruciani
CULTFRAME. Le fotografie di Abbas Kiarostami a Roma di Maurizio G. De Bonis

Mariella Cruciani

Mariella Cruciani è giornalista e critica cinematografica, collabora con Cinecritica (periodico del SNCCI) ed è redattrice di CineCriticaWeb. Scrive anche su Punto di Svista - Arti Visive in Italia. E’ direttrice responsabile di www.officinadellastoria.info, per la quale cura la sezione “cinema e storia”. Tra le sue pubblicazioni più recenti: l’e-book “Il cinema di Moretti” , Sette Città (2013), un saggio per il volume curato da S. Toffetti “Morale e bellezza. Marco Bellocchio”, Istituto Luce Cinecittà (2014).

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