Il cielo azzurro, intenso, fortissimo. La terra sottostante è marrone; quasi si riesce a percepirne l’odore e la consistenza. Un prato verde da cui si erge un albero molto ampio. Le pareti di due colline che si intrecciano e si sovrappongono anche grazie ad un raffinato gioco di ombre. Distese sinuose e morbide, probabilmente coltivate. Un grosso albero secco posto su una zona desertica si erge come un totem archetipico. Immagini in cui la presenza degli esseri umani si avverte appena e in cui trionfa un elemento contenutistico decisivo: lo straordinario e geometrico equilibrio delle forme e dei colori del pianeta e all’opposto un tragico senso di indifferenza della natura riguardo le cose umane.
Le fotografie di Abbas Kiarostami, presentate fino al 22 dicembre 2001 presso la Galleria Il Gabbiano di Roma, propongono una sfumatura diversa ed inusuale dell’arte del grande cineasta iraniano.
Non più sequenze cinematografiche distese, dall’avvolgente ed ipnotico respiro e dal metaforico ritmo visivo, ma immagini fisse, risultato creativo di una ricerca poetica effettuata sul territorio che ha portato ad un approfondimento di grande impatto stilistico, dedicato proprio al tema della raffigurazione della natura. Una pesante solitudine sembra caratterizzare ogni scatto ma ad un’analisi più precisa ciò che viene fuori con forza è un senso di sublime sospensione che oltrepassa la questione del significato.
Sono circa quaranta le stampe a colori esposte nella capitale, opere che fanno emergere tutta l’abilità da parte di Kiarostami nel raccontare un mondo, quello delle zone rurali del suo paese, in cui il rapporto uomo-natura appare ancora inalterato e limpido, quasi mitico. L’occhio profondo e attento dell’autore di Sotto gli ulivi e Il sapore della ciliegia spazia tra colline e vallate, cercando di rintracciare quei sottili e miracolosi disegni spontanei che creano forme e composizioni quasi metafisiche
La realtà rappresentata dall’obiettivo fotografico risulta così quasi magica e sospesa, mentre il paesaggio, vero e proprio nucleo di base della narrazione visiva, evoca un universo in cui il fluire dell’esistente si manifesta in una delicata architettura di emozioni, in un estetica della percezione.
In questo senso appare chiaro come il cinema di Abbas Kiarostami e la sua fotografia facciano parte di un discorso espressivo organico ed armonioso che privilegia un percorso visuale fondato sul collegamento tra il mistero della vita, agire umano e indecifrabilità delle emozioni soggettive.
© CultFrame 12/2001 – 07/2016
INFORMAZIONI
Dal 21 novembre al 22 dicembre 2001
Galleria Il Gabbiano / Via della frezza 51, Roma / Telefono: 063227049
Orario: 10.00 – 13.00 e 16.30 – 19.30 / chiuso lunedì e festivi / Ingresso libero
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