Ne Il nastro bianco, il regista austriaco Michael Haneke delineava con il suo stile ferocemente preciso e tragicamente algido quel tratto piscologico-sociale di tipo collettivo che già precedentemente alla Prima Guerra Mondiale annunciava in modo angosciante il drammatico avvento del nazismo in Germania.
Nelle fasi iniziali del suo film Frantz (ispirato al film di Ernst Lubitsch Broken Lullaby), il cineasta francese François Ozon sembra voler percorrere la stessa strada di Haneke, basandosi ovviamente su scelte stilistiche e narrative diverse. In realtà, Frantz pur presentando in maniera precisa l’humus sociale (fatto di devastante frustrazione e odio verso il vincitore transalpino), che dopo la Grande Guerra avrebbe rappresentato il terreno fertile per la nascita e la crescita della mostruosa malattia nazionalsocialista, tenta di costruire qualcosa di più, di concentrarsi su aspetti soggettivi che alludono in verità a questioni universali.
La vicenda complessa, e per certi versi inverosimile, della tedesca Anna e del francese Adrien evoca problematiche che superano l’analisi dei crimini del XX secolo per far emergere elementi che accompagnano la storia dell’umanità da sempre. L’insensatezza della guerra, l’orrore della violenza, il distacco tra la gente comune e le tragiche decisioni dei governi, la fragilità delle giovani generazioni mandate a morire forse per nulla, l’angoscia collettiva generata dalle prospettive esistenziali negate, il valore dei sentimenti individuali sempre messo in secondo piano rispetto al presunto bene supremo di uno Stato. E, infine, la sostanziale e glaciale lontananza della “Patria” dal destino insignificante dei singoli.
Anna, giovane tedesca in lutto per la morte al fronte dell’amato Frantz, e Adrien, ex soldato francese tornato dalla guerra in una condizione psicologica molto precaria, intrecciano contro tutti e contro tutto le loro esistenze. Potrebbero odiarsi con tutte le loro forze e invece iniziano a conoscersi, a cercarsi, a frequentarsi tentando di recuperare quella purezza dei sentimenti che il conflitto mondiale aveva cancellato dalla faccia della Terra.
Ozon racconta questa storia con mano registica estremamente sicura e stile elegante, soprattutto quando le sequenze sono girate in un bianco e nero non tagliente come, invece, era quello usato da Haneke. I primissimi piani dei due protagonisti divengono, così, non solo elementi visuali ma aperture narrative verso l’interiorità dei personaggi, questi ultimi mai banali e prevedibili.
La bellezza soavemente umana e delicata del volto dell’attrice tedesca Paula Beer rappresenta un valore estetico aggiunto all’economia del film. Il suo viso segnato e triste, ma pieno di luce, si manifesta come l’essenza di un “femminile” mai statico psicologicamente, fragilissimo e forte allo stesso tempo, aperto e profondo. Ozon la inquadra in maniera magnifica (come fa per altro anche con Pierre Niney, il protagonista maschile), la mostra nella sua sensualità reale, nella sua meravigliosa e semplice eleganza, nel suo introverso incanto. I dialoghi tra i volti dei due personaggi principali sono cuciti in maniera sapiente da Ozon su sfondi diversi: ora la bucolica Germania, fatta di paesini e fiumi puliti, ora la campagna francese e la grande villa dove vive Adrien.
La possibile relazione tra i due personaggi è appena accennata, perché di fatto impossibile. Il fallimento del loro auspicabile amore (mai nato), rappresenta il dato più tragico dei contenuti veicolati dal film. Questa distanza quasi colmata ma mai chiusa del tutto e il rimpianto di non essersi potuti amare sono fattori che anticipano in maniera alta e artisticamente quasi sublime l’inizio dell’abisso che sarà il fulcro dello sconquasso del XX secolo: la Seconda Guerra Mondiale, l’avvento del Nazismo e del Fascismo, la distruzione del cuore dell’Europa, la Shoah e gli stermini di massa.
Sullo sfondo aleggia il fantasma della millenaria follia umana che attraversa anarchicamente e brutalmente la Storia, follia a cui Anna e Adrien vorrebbero sottrarsi. Purtroppo, però, non avranno la forza di farlo fino in fondo. Infine, neanche le bugie di Anna, riferite per proteggere i genitori di Frantz da una terribile verità, bugie usate come amorevoli carezze ricolme di tenerezza e rispetto, serviranno purtroppo a proteggere il mondo dalla sua tendenza autodistruttiva
© CultFrame 09/2016
Film presentato alla 73. Biennale Cinema di Venezia
TRAMA
Anna è una giovane tedesca che ha perso il futuro sposo morto al fronte durante la Prima Guerra Mondiale. La ragazza vive con i genitori del suo fidanzato defunto, i quali la amano come una figlia. Un giorno sulla tomba del suo amato Frantz, Anna scorge un ragazzo in lacrime. Scoprirà che si tratta di Adrian, un amico francese del suo Frantz. Tra i due si stabilirà un rapporto particolare e intenso.
CREDITI
Titolo: Frantz / Regia: François Ozon / Sceneggiatura: François Ozon / Fotografia: Pascal Marti / Montaggio: Laure Gardette / Scenografia: Michel Barthelemy / Costumi: Pascaline Chavanne / Musica: Philippe Rombi / Interpreti: Pierre Niney, Paula Beer, Marie Gruber, Ernst Stotzner, Johann Von Bulow, Anton Von Lucke / Produzione: X Filme Creative Pool, FOZ, Mars Films, France 2 Cinéma / Distribuzione: Anademy Two / Paese: Francia, Fermania, 2016 / Durata: 113 mins.
SUL WEB
Filmografia di François Ozon
Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia – Il sito