Quando si pensa ai vent’anni, di solito l’immagine che si compone nella nostra mente è di leggerezza: ci si avvicina, a passo svelto, verso l’età della piena maturità, i problemi da affrontare ci sono, ma spesso sono sovrastati da una progettualità che non ha ancora conosciuto gli ostacoli disseminati nel quotidiano più concreto e crudele. I vent’anni raccontati da Giuseppe Piccioni in Questi giorni, presentato in concorso alla 73a Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia, sono molto diversi.
Il suo microcosmo è composto da quattro ragazze, ognuna con una storia che si annuncia emblematica fin dai primissimi minuti del film, ma che poi scivola via senza mostrare il giusto spessore. Si tratta di ragazze “comuni”, come se ne vedono tante: universitarie che vivono in provincia, appassionate di lettura o di musica, o semplicemente giovani donne in cerca della propria identità. Figure nelle quali dovrebbe essere facile riconoscersi. Ma qualcosa, nella scrittura di Piccioni, non funziona.
Nella prima parte del film, come è facile immaginare, la storia lascia emergere i rapporti nella loro dimensione ordinaria: Liliana sta per scrivere la tesi di laurea e mostra una certa fascinazione (contraccambiata) per il suo relatore, il professor Mariani (Filippo Timi), Angela vive una relazione difficile con il fidanzato e la famiglia dai modi provinciali, Anna segue i dettami della vita borghese che ha però “sporcato” con una gravidanza troppo repentina. E poi c’è Caterina, outsider del gruppo e, forse, vera protagonista, prossima alla partenza verso Belgrado, una città che, in qualche modo, le somiglia con le sue ferite e la sua profonda conflittualità.
Una base importante, quella iniziale, che però mostra da subito una certa instabilità. Ognuna delle ragazze, rappresentate da un’emotività che troppo spesso appare eccessiva e quindi inverosimile, disegna sullo schermo un cliché nella sua espressione più ovvia e banale. Invece di approfondire ogni individualità, il regista e sceneggiatore resta in superficie, definendo una realtà già scritta, già vista, e per questo per nulla interessante. I pochi spazi interpretativi lasciati al pubblico, di facile soluzione, vengono sempre esplicitati, scatenando un generale senso di frustrazione che lascia ben poche aspettative per il seguito della storia.
Nella sua seconda parte, il film si trasforma in un road movie. Il viaggio, nello stretto spazio dell’abitacolo di un’automobile, si fa più intimo, concedendo, a tratti, qualche breve slancio di naturalezza che risolleva una recitazione altrimenti affannosa. Ma le tante (troppe) questioni lasciate in sospeso in precedenza non vengono approfondite.
Mentre le quattro amiche si conoscono meglio, confessando esplicitamente qualche segreto (che per il pubblico era già ovvio fin dall’inizio), l’attenzione si sposta su Adria (Margherita Buy), mamma di Liliana. Assente nel suo ruolo di guida per la figlia fin dall’inizio della storia, troppo presa dalla gestione di un improbabile negozio di parrucchiera che diventa palcoscenico dal quale snocciolare banalissimi luoghi comuni, improvvisamente acquisisce una consapevolezza (e una scaltrezza) che non le si addicono. Diventa madre, amica e solido sostegno grazie a un evento fortuito al quale è difficile credere.
Ancora più che uno scioglimento, che non si realizza se non in parte, al film sembra mancare una struttura d’insieme. Gli accenni di individualità, troppo spiegati e troppo superficiali, non riescono ad amalgamarsi in una dimensione drammatica rilevante e non risolvono una dichiarazione di intenti forse troppo articolata e di difficile gestione, soprattutto quando si scivola nel banale errore di voler spiegare ciò che è già noto perché troppo spesso raccontato.
© CultFrame 09/2016
TRAMA
Quattro ragazze, legate da una lunga amicizia, condividono riti quotidiani ed esperienze di vita. Quando una di loro decide di partire per Belgrado, dove ha trovato lavoro, le altre la seguono. I pochi giorni di viaggio trascorsi insieme diventeranno un momento formativo importante, ma anche l’occasione per confessare segreti fino a quel momento tenuti nascosti.
CREDITI
Titolo: Questi giorni / Regia: Giuseppe Piccioni / Sceneggiatura: Giuseppe Piccioni, Pierpaolo Pirone, Chiara Atalanta Ridolfi / Fotografia: Claudio Cofrancesco / Montaggio: Alice Roffinengo / Scenografia: Giada Calabria / Musiche: Valerio C. Faggioni / Interpreti: Maria Roveran, Marta Gastini, Laura Adriani, Caterina Le Caselle, Filippo Timi, Alessandro Averone, Mina Djukic, Sergio Rubini, Margherita Buy / Produzione: 11 Marzo Film, Publispei, Rai Cinema / Paese: Italia, 2016 / Distribuzione: BiM / Durata: 120 minuti
SUL WEB
Filmografia di Giuseppe Piccioni
BIM