Selezionato nel Concorso principale della 73° Mostra del Cinema di Venezia, Spira mirabilis è il sesto lungometraggio firmato in coppia da Massimo D’Anolfi e Martina Parenti e rappresenta il compimento di un percorso di ricerca cinematografica originale che si rinnova di opera in opera. Così come le piccole meduse appartenenti alla specie della Turritopsis, che sono tra le protagoniste del film, rinascono ogni volta uguali a se stesse ma ogni volta mutate, il cinema di D’Anolfi e Parenti mantiene una sua forte riconoscibilità etica ed estetica, ciò nondimeno risulta sempre sorprendente e talvolta anche spiazzante.
Dopo la sobria ma rabbiosa disperazione che caratterizzava Materia oscura (2013), la coppia di autori ha voluto incontrare la ‘parte migliore’ dell’umanità, viaggiando per il mondo (Milano, Berna, Wounded Knee, Shirahama, Parigi) e filmando le opere e i giorni di persone in ascolto quotidiano del proprio desiderio di libertà e di conoscenza. Spira mirabilis è sì l’esito di un progetto concepito e realizzato nell’arco di più di tre anni, di cui L’infinita fabbrica del Duomo (2015), presentato lo scorso anno a Locarno, è stato estratto come un capitolo a se stante; eppure, la forma di questa sinfonia visiva vera e propria non si limita a offrire allo spettatore una successione lineare di episodi legati tra loro da un forte nesso concettuale, come nel pur bellissimo Le quattro volte (2010) di Michelangelo Frammartino in cui si assisteva a quattro successive forme di reincarnazione (uomo, animale, vegetale, minerale).
Infatti, Spira mirabilis intreccia diverse storie, compresa quella del Duomo, in una partitura dalla struttura spiraliforme che ruota intorno a un fuoco centrale. Questo nucleo, oltre che una riflessione sui quattro elementi naturali (terra, aria, acqua, fuoco), è soprattutto il racconto di quattro esempi di indipendenza, di resistenza, di autonomia creativa: la lotta per la sopravvivenza di una comunità di indiani Lakota che significativamente apre e chiude il film; la coppia svizzera che ha inventato e produce il singolare tamburo Hang; uno scienziato giapponese che studia da quarant’anni una particolare specie di meduse marine e, pur vivendo appartato, non trascura la propria passione per il karaoke e per il canto; l’inesausta macchina che da secoli rinnova i fregi e le statue del Duomo di Milano
Come nei loro lavori precedenti, pur filmando l’ambiente e la materia naturale, D’Anolfi e Parenti esprimono un punto di vista decisamente antinaturalista, consapevole che la natura non è mai qualcosa di innato e spontaneo ma è sempre filtrata dall’opera e dallo sguardo degli esseri umani, compreso quello dei cineasti. Questi ultimi non si abbandonano mai all’incanto del creato ma vi si accostano tramite un’indagine sul lavoro umano, sui gesti, sugli utensili, sui mezzi di produzione e sugli strumenti prodotti e, infine, sul cinema stesso. Alle quattro parti su menzionate, si aggiungono anche, in alcuni momenti del film, i frammenti del racconto L’immortale di Borges recitati dalla stella Marina Vlady avvolta dall’eterea materia di cui è (o era?) fatto il cinema: giochi d’ombra e di sovrimpressioni alla luce di un vecchio proiettore che materializza fasci di pulviscolo roteante e fantasmi di pellicola.
Spira Mirabilis è dunque un film estremamente concentrato, e non soltanto perché i suoi protagonisti appaiono immersi in una temporalità operosa e meditativa, in controtempo con lo zeitgeist imperante, intenti a realizzare in modo assai concreto disegni che molti definirebbero utopici, ma anche perché, manifestamente, comprime in sole due ore il vastissimo materiale girato dagli autori e il repertorio da loro raccolto su ogni storia. Tale densità non si esprime solamente sul piano visivo, ma è accompagnata da un importante lavoro di stilizzazione e intensificazione del sonoro che risolve molti dei raccordi tra le varie porzioni di questa esplorazione umana ed elementare che è qualcosa di diverso (e di più) di un lungometraggio documentario. Al punto da lasciare chi si sia fatto avvolgere dalle spire del film per tutta la proiezione con la curiosità e il desiderio, forse inappagabili, di poter vedere i singoli episodi in extenso per non tornare troppo rapidamente alle solite, distratte, visioni cinetelevisive.
© CultFrame 09/2016
TRAMA
Una comunità di nativi americani che cerca di preservare la propria identità. Uno scienziato giapponese che sembra avere scoperto una creatura, una piccola medusa, in grado di rigenerare se stessa quasi fosse immortale. Una coppia di musicisti e artigiani svizzera che fabbrica dei particolari tamburi in metallo. Cavatori e restauratori che lavorano al rinnovamento perpetuo delle statue del Duomo di Milano.
CREDITI
Titolo: Spira mirabilis / Regia: Massimo D’Anolfi, Martina Parenti / Sceneggiatura: Massimo D’Anolfi, Martina Parenti / Fotografia: Massimo D’Anolfi / Montaggio: Massimo D’Anolfi, Martina Parenti / Musica: Massimo Mariani / Interpreti: Marina Vlady, Leola One Feather, Felix Rohner, Sabina Schärer, Shin Kubota, Joe, Coco, Seth, Brett Brings Plenty, Friederike Haslbeck, Moses Brings Plenty / Produzione: Montmorency Film, Lomotion, Rai Cinema, SRF Schweizer Radio Und Fernshen – SRG SSR / Italia-Svizzera, 2016 / Distribuzione: iWonder Pictures / Durata: 121 minuti
SUL WEB
PUNTO DI SVISTA. L’infinita fabbrica del Duomo. Un film di Massimo D’Anolfi e Martina Parenti
Filmografia di Massimo D’Anolfi
Filmografia di Martina Parenti
Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia – Il sito