La La Land. Un film di Damien Chazelle

SCRITTO DA
Maurizio G. De Bonis

Damien Chazelle Come sarebbe bello se un infernale ingorgo in un’autostrada cittadina si potesse all’improvviso trasformare in un musical gioioso, pieno di giovani sorridenti e ragazze dai corpi sinuosi avvolti in abiti colorati. Come sarebbe bello esorcizzare la sofferenza interiore grazie a una canzone o poter lenire le pene d’amore ballando in una strada deserta. Questo è quello che succede nel cinema, certo non nella vita di tutti i giorni. E questo è anche ciò che accade in La La Land, musical di Damien Chazelle.

Il film è costruito secondo tutti i cliché tipici non solo del cinema musicale ma di tutto il mondo hollywoodiano. Tali cliché vengono cavalcati e amplificati in modo scientifico (e sapiente) nel tentativo di operare una sorta di trasfigurazione del luogo comune in concetto alto, assoluto. Ma in fin dei conti, in La La Land si parla di amore, di sogni, di difficoltà esistenziali e della tristezza della vita. Niente di più.

Nelle note di produzione, il regista Damien Chazelle dice di esserci ispirato niente meno che a Max Ophüls, e in parte a Martin Scorsese. Lasciamo da parte il secondo e concentriamoci sul primo. Ciò che possiamo dire è che forse Chazelle farebbe bene a volare un po’ più basso. La sua opera è certamente super professionale, girata in modo impeccabile, punteggiata da virtuosismi (e molto gradevole dal punto di vista visuale) ma il cinema di Ophüls era altra cosa, era articolazione geniale e realmente creativa (dunque innovativa) della lingua filmica. Era la costruzione di un mondo espressivo personale, poetico. I movimenti di macchina arditi di La La Land si esauriscono nella loro visione, non dicono niente di più di ciò che sono: ovvero sequenze ben girate.

Il film, per altro, ha dei guizzi registici improvvisi non quando la macchina da presa compie mirabili evoluzioni ma quando inquadra staticamente la notte di Los Angeles, le sue strade anonime, i suoi angoli isolati. Proprio quest’ultimo aspetto mostra l’adesione dello sguardo di Chazelle a dei modelli estetici (in ambito fotografico, soprattutto) contemporanei che evidentemente l’autore ha ben metabolizzato.

Damien Chazelle

La storia d’amore tra il pianista jazz tormentato Sebastian e la delicata aspirante attrice Mia si evolve in modo assai prevedibile e, pur strappando qualche momento di commozione, non colpisce mai realmente lo spettatore. Tutto si consuma tra lo sguardo un po’ corrucciato di Ryan Gosling (comunque simpatico) e i grandi (nonché languidi) occhioni blu di Emma Stone, quest’ultima sempre un po’ piangente.

Proprio intorno a Emma Stone gira l’intero impianto visuale del film, incessantemente costellato da continui primissimi piani (in ogni caso non disdicevoli) dell’attrice che sembrano voler dialogare con le impressionanti immagini del volto di Ingrid Bergman visibili in diverse sequenze. Anche in questo caso (come già affermato per Ophüls) sarebbe opportuno non far paragoni. Mentre il viso della Bergman era (ed è) una pura immagine significante al di là della finzione, al di là del cinema, quello della Stone (molto carina, ovviamente) è solo in grado di esprimere gli ovvi significati generati dal suo scontato personaggio.

Se collochiamo, infine, il film di Damien Chazelle nell’ambito del genere musical, la nostra memoria cinematografica è in grado di far riemergere innumerevoli riferimenti, esempi, rimandi. Uno fra tutti, il capolavoro del 1957 di Stanley Donen Funny Face (distribuito in Italia con il terrificate titolo di Cenerentola a Parigi). Anche in questo caso la relazione tra le due opere non può che essere a sfavore di La La Land. L’eleganza e il rigore formale delle immagini realizzate da Donen così come lo stile complessivo del film sono, infatti, inarrivabili, mentre la soavità semplice e diretta di Audrey Hepburn ritorna alla nostra mente come un esempio di naturale e irraggiungibile raffinatezza.

Di La La Land ricorderemo, invece, solo qualche passaggio divertente, un jazz molto (troppo) annacquato e i vestitini sempre molto femminili indossati da Emma Stone.

© CultFrame 08/2016 – 01/2017

TRAMA
Sebastian è un pianista jazz squattrinato e con poco lavoro. Mia è una barista che sogna di fare l’attrice. I due si incontrano in una Los Angeles convulsa e dispersiva, e si innamorano. Nonostante le difficoltà economiche e le frustrazioni professionali i due sono felici e conducono un vita divertente. Quando le cose inizieranno ad andare bene professionalmente, però, incominceranno le tensioni e il rapporto pian piano di sgretolerà. Ma i Sebastian e Mia continueranno ad amarsi anche non stando più insieme.


CREDITI

Titolo: La La Land / Regista: Damien Chazelle / Sceneggiatura: Damien Chazelle / Fotografia: Linus Sandgren / Montaggio: Tom Cross / Musiche: Justin Hurwitz / Coreografie: Mandy Moore / Costumi: Mary Zophres / Scenografie: David Wasco / Interpreti principali: Ryan Gosling, Emma Stone / Produzione: Summit Entertainment, in collaborazione con Leone Film Group e Rai Cinema / Paese: USA, 2016 / Distribuzione: 01 Distribution / Durata: 127 mins.

SUL WEB
Filmografia di Damien Chazelle
Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia – Il sito
01 Distribution

 

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Maurizio G. De Bonis

Maurizio G. De Bonis è critico cinematografico e delle arti visive, curatore, saggista e giornalista. È direttore responsabile di Cultframe – Arti Visive, è stato direttore di CineCriticaWeb e responsabile della comunicazione del Sindacato Nazionale Critici Cinematografici Italiani. Insegna Cinema e immagine documentaria e Arti Visive Comparate presso la Scuola Biennale di Fotografia di Officine Fotografiche Roma. Ha pubblicato libri sulla fotografia contemporanea e sui rapporti tra cinema e fotografia (Postcart), sulla Shoah nelle arti visive (Onyx) e ha co-curato Cinema Israeliano Contemporaneo (Marsilio). Ha fondato il Gruppo di Ricerca Satantango per il quale ha curato il libro "Eufonie", omaggio al regista ungherese Bela Tarr. È Vice Presidente di Punto di Svista - Cultura visuale, progetti, ricerca.

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