Al di là del principio estetico connesso al sentimento che si genera nell’esperienza della percezione, principio di tipo soggettivo, esiste la questione, mai accettata fino in fondo dal mondo della fotografia, dell’artista visuale che si fa macchina e che non produce artificiosamente idee fotografiche, semplicemente si abbandona a esse, perché inevitabili. In tal senso, fattori come composizione dell’inquadratura, scelta del campo e del fuori campo, impostazione estetizzante (cioè ricerca artificiale del bello) e post produzione divengono elementi del tutto marginali, se non proprio insignificanti.
Ebbene, la fotografia liberata dalla fotografia (perdonate il gioco di parole) può produrre visioni finalmente estranee ai soliti schemi espressivi, ormai defunti, che siamo abituati a fruire, schemi basati sulla tirannica e unidirezionale correlazione tra autore/deus ex machina e opera d’arte visiva. E a proposito di quest’ultima fattispecie (cioè la fotografia liberata dalla fotografia), è possibile affermare come non sia più il “fotografo” a eseguire lo scatto ma, grazie a un sano e sovversivo meccanismo di ribaltamento, è il lavoro fotografico stesso a designare fortemente il suo artefice.
Proprio questa è la sensazione che abbiamo provato contemplando la mostra di Rafael Y. Herman intitolata The Night Illuminates The Night. Allestita presso il Padiglione A del MACRO Testaccio di Roma, l’esposizione, curata da Giorgia Calò e Stefano Rabolli Pansera, è una perturbante esperienza di fruizione e conduce il visitatore fuori dai confini del prevedibile; lo costringe a misurarsi con una concezione della fotografia che si pone oltre l’idea di clonazione percettiva della realtà e abbatte definitivamente il luogo comune del potere presunto dello sguardo fisiologico.
Le immagini che compongono il percorso espositivo (tutte di grandi dimensioni) sono state realizzate da Rafael Y. Herman in una sorta di condizione di cecità volontaria. L’artista ha vagabondato tra la Galilea e il Mar Mediterraneo in ore notturne effettuando scatti senza nessun aiuto di luce “supplementare” e evitando, nella maniera più assoluta, interventi digitali. Sono venute fuori dal “nulla” vivissimo e densissimo dell’oscurità delle improvvise apparizioni della natura di Israele, delle emersioni fantasmatiche di foreste, tratti di mare, campi, alberi che si manifestano allo sguardo del visitatore senza che l’autore abbia elaborato a tavolino il tessuto espressivo delle opere. Un Medio Oriente, dunque, che affiora dall’oblio delle tenebre in modo epifanico e che si configura come un mosaico visuale che ha a che fare, fortunatamente, più con l’immaginazione che con la rappresentazione.
Gli echi pittorici di grandi maestri della pittura israeliana come Nahum Gutman e Reuven Rubin, come sostiene giustamente Giorgia Calò nel suo testo critico Reiventare il medium, sembrano aleggiare nelle visioni di Herman, il quale aggiunge, però, una dimensione filosofica al suo lavoro che sembra, in tal senso, frutto di una riflessione concettuale tutta personale.
Le coordinate dello spazio-tempo, applicate in genere alla fotografia, in The Night Illuminates The Night si vaporizzano lasciando spazio a una sensazione non tanto di sospensione quanto piuttosto di stupor assolutamente sorprendente perché totalmente indipendente dalle sovrastrutture umane (collettive e individuali). Proprio per tale motivo, le opere che costituiscono la mostra, vanno a comporre un percorso interiore che può essere condiviso da chiunque in un processo di conoscenza del tutto anticonvenzionale. E l’allestimento, buio, caratterizzato da ampi spazi di respiro e da una quasi assenza straordinariamente evocativa, esalta l’operazione creativa di Herman, il quale diviene il tramite fondamentale tra la sostanza archetipica (addirittura mitica) dell’area geografica che ha attraversato (tra Galilea, Monti della Giudea e Mediterraneo) e lo sguardo individuale contemporaneo di chi si rapporta alle sue opere.
Rafael Y. Herman, nato nel 1974 nella capitale del deserto israeliano del Neghev (Be’er Sheva), con questo suo lavoro si colloca idealmente in un solco creativo molto articolato e denso di sfumature che è tipico della fotografia israeliana degli ultimo decenni. L’aspetto interessante è che la sua poetica e la sua cifra stilistica non sono state determinate dalla classica formazione che condividono molti artisti suoi connazionali, diversi dei quali passati per la preziosa esperienza didattica delle accademie israeliane, come ad esempio Bezalel di Gerusalemme. Nelle sue note biografiche è, infatti, possibile leggere come la sua educazione giovanile sia stata essenzialmente musicale e da economista (laurea presso l’Università di Tel Aviv). Tale fattore non fa altro che accrescere lo spessore del suo lavoro, evidentemente generato non da un, seppur illuminato e alto, indottrinamento di tipo scolastico quanto piuttosto da un libero approfondimento personale e da una sensibilità intellettuale che nessuno può insegnare.
© CultFrame 01/2017
INFORMAZIONI
Rafael Y. Herman – The Night Illuminates The Night / A cura di Giorgia Calò e Stefano Rabolli Pansera
Dal 25 gennaio al 26 marzo 2017
MACRO Testaccio (Padiglione A) / Piazza Orazio Giustiniani 4, Roma / info: 060608
Orario: martedì – domenica 14.00 – 20.00 / chiuso lunedì
Biglietto: intero 6,00 euro / ridotto 5,00 euro
SUL WEB
The Night Illuminates The Night – Il sito
MACRO – Museo d’Arte Contemporanea Roma