Un re allo sbando. Un film di Peter Brosens e Jessica Woodworth

SCRITTO DA
Daniel Montigiani

Peter Brosens e Jessica WoodworthDevono essersi divertiti molto Peter Brosens e Jessica Woodworth a girare il loro nuovo film, Un re allo sbando, presentato all’ultimo Festival di Venezia nella sezione Orizzonti. Sin dalle prime sequenze sembra infatti di percepire una sorta di maliziosa soddisfazione da parte dei due registi nel raccontare con grottesca giocosità alcune strampalate disavventure dell’immaginario re belga Nicolas III (Peter Van Den Begin), nello stuzzicare un personaggio che, soprattutto nella prima parte della pellicola, si configura come vera e propria “star” di una discesa agli inferi, certamente brusca e inaspettata, ma tutt’altro che priva di risvolti comici. Nel corso di un viaggio in Turchia il re viene difatti a sapere che la Vallonia, la parte meridionale del Belgio, ha dichiarato l’indipendenza. Nicolas è pronto a tornare a Bruxelles per far fronte a questa improvvisa crisi ma, come se ciò non bastasse, si scatena una tempesta solare che manda in tilt computer, telefoni e aerei. A quel punto, il re e i suoi collaboratori saranno costretti a adottare una serie di soluzioni ben lontane dalle comodità a cui erano abituati.

Al di là di alcune improbabili quanto divertenti situazioni in cui il protagonista viene a trovarsi, a sorprendere lo spettatore che già conosce il lavoro di Brosens e della Woodworth è in primis la decisione dei due di distanziarsi dalla cupa visionarietà ai limiti del catastrofico che pervadeva la loro ultima, affascinante opera, La quinta stagione (2012). È come se, nel concepire questo nuovo film, la coppia di cineasti avesse considerato lo stile raffinato, ricco di rimandi alla grande pittura fiamminga e belga (Brueghel il Vecchio, Ensor, Magritte) de La quinta stagione come una sorta di inutile orpello, un sofisticato ostacolo che avrebbe impedito loro di concentrarsi con ironica spietatezza sul volto, sulla figura del re, che, come vedremo, risulta essere più sfaccettata del previsto. Tuttavia, per essere visionari – o, comunque, per fare un buon film – non è certo necessario riempire con maniacale cura le scene di citazioni di grandi pittori.

Peter Brosens e Jessica Woodworth

Nelle prime sequenze, durante le quali vediamo un alquanto perplesso Nicolas in visita a Istanbul, i due registi dimostrano infatti di saper costruire inquadrature suggestivamente bizzarre con pochi, semplici mezzi, riprendendo i corpi – in questo caso quelli del re e dei suoi collaboratori – in maniera tutt’altro che classica (ad esempio escludendo le teste), in modo tale che lo spettatore li percepisca come presenze in rapporto profondamente disarmonico con l’ambiente, sagome sperdute nell’asfittico spazio dell’immagine. Peccato però che, già pochi minuti dopo l’inizio del film, ci accorgiamo di come Brosens e la Woodworth, quasi inconsapevolmente desiderosi di sbarazzarsi di qualsiasi idea di regia perché troppo occupati a seguire le rocambolesche traiettorie del re, si diano a un’eclatante sciatteria, a una povertà di visioni lontana anni luce da quel senso di minaccia pieno di atmosfera de La quinta stagione.
Priva del minimo rigore stilistico è, ad esempio, la sequenza ambientata in un piccolo pullman con delle improbabili cantanti bulgare in cui il re e i suoi collaboratori con aria basita compiono la prima parte del loro lungo, faticoso viaggio di ritorno in Belgio, quasi una scena da Kusturica di seconda mano, uno dei tanti siparietti di ammiccante, provinciale ilarità, figlia di un grottesco stantio, ruffiano, banale. Altrettanto già vista è la figura del protagonista, il quale, ancora prima di venire a conoscenza dei tumulti della Vallonia e di dover affrontare le tragicomiche conseguenze della tempesta solare, sembra come perso, insoddisfatto. La confusa mancanza di espressività del suo sguardo è infatti una silenziosa – ma sottilmente disperata – richiesta d’aiuto: ogni giorno di più Nicolas soffoca con triste discrezione nella prigione dei propri doveri, si sente schiacciato dalla consapevolezza di essere il re di un paese caratterizzato da conflitti interni, cuore pulsante di un organismo a dir poco incerto, l’Unione europea. Ma se, sulle prime, il lungo viaggio verso il Belgio a base di assortite scomodità – pullman strampalati, soste surreali, personaggi di una semplicità al limite della rozzezza più imbarazzante – assomiglia a un vero e proprio calvario, punto di non ritorno di una crisi esistenziale destinata a non abbandonare più il protagonista, ecco che, dopo pochi giorni, questa folle, inaspettata (dis)avventura diventa per lui un’esperienza rivelatrice, grazie alla quale il nostro può riscoprire una sana normalità, una semplicità liberatoria ben lontana dalle tensioni della sua delicata posizione. E, finalmente, avremo anche l’onore di vederlo sorridere per la prima volta. Davvero un’idea di commovente originalità.

Aderendo allo spirito “surrealista” (si fa per dire) e da teatro dell’assurdo, potremmo affermare infine che Un re allo sbando è un divertito “attacco” alla figura del re spesso così privo di qualsiasi idea di regia e talmente convenzionale dal punto di vista narrativo che sarebbe quasi capace di spingere qualche anarchico con un minimo gusto in fatto di cinema ad abbracciare per ripicca gli ideali della monarchia.

© CultFrame 02/2017

TRAMA
Il re del Belgio Nicolas III è un uomo insoddisfatto e solo, che parte per una visita di Stato a Istanbul insieme a un regista inglese, Duncan Loyd, incaricato di restituire un po’ di smalto all’immagine ormai vetusta della monarchia. Loyd, infatti, sta girando un documentario sul re, con il fine di far risaltare il suo lato più umano. Nel corso del suo soggiorno in Turchia giunge la notizia che la Vallonia, la parte meridionale del Belgio, ha dichiarato l’indipendenza. Il re è pronto per far ritorno nel suo paese nel tentativo di salvarlo, ma un’improvvisa tempesta solare blocca le comunicazioni e il traffico aereo. In più, la sicurezza turca gli impedisce di tornare via terra. Pur di far ritorno in Belgio, Nicolas adotterà insieme ai suoi collaboratori soluzioni tutt’altro che ortodosse, dando così il via a un’avventura dai sorprendenti risvolti tragicomici.

CREDITI
Titolo: Un re allo sbando / Titolo originale: King of the Belgians / Regia: Peter Brosens & Jessica Woodworth / Sceneggiatura: Peter Brosens & Jessica Woodworth / Fotografia: Ton Peters Nsc / Montaggio: David Verdure / Scenografia: Sabina Christova / Musica: Michel Schöpping / Interpreti principali: Peter Van Den Begin, Lucie Debay, Titus De Voogdt, Bruno Georis / Produzione: Nadejda Koseva & Svetla Tsotsorkova, Olivier Abrassart & Sebastian Schelenz, Peter Brosens & Jessica Woodworth / Distribuzione: Officine UBU / Paese: Belgio, Olanda, Bulgaria, 2016 / Durata: 94 minuti

SUL WEB
Sito ufficiale del film King of the Belgians (Un re allo sbando) di Peter Brosens & Jessica Woodworth
Filmografia di Peter Brosens
Filmografia di Jessica Woodworth
Officine UBU

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Daniel Montigiani

Laureato in Scienze dello Spettacolo e diplomato al Master di Critica Giornalistica presso l'Accademia d'Arte Drammatica Silvio D'Amico, è critico cinematografico e membro del Sindacato Nazionale Critici Cinematografici Italiani (SNCCI). Ha collaborato con le riviste online Recensito e Paper Street. Fra le sue pubblicazioni: Non solo paura: ironia e black humour, saggio contenuto in Cuore di tenebra: il cinema di Dario Argento (Edizioni Ets) e il libro American Horror Story. Mitologia moderna dell'immaginario deforme (Viola Editrice) scritto con Eleonora Saracino.

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