Dal 24 marzo al 2 aprile 2017 si svolge a Parigi la nuova edizione del Cinéma du réel, il festival che ebbe tra i suoi padri fondatori Jean Rouch, della cui nascita ricorre quest’anno il centesimo anniversario. Per Rouch, sono strumenti di analisi del reale anche la magia, il sogno, l’allucinazione di cui il cinema ‘documentario’ può fare tesoro. In omaggio al centenario Rouch, durante il festival (al Centre Pompidou) sono allestite delle postazioni trasmettenti diversi archivi audio del regista risalenti agli anni 1954-1966: dialoghi e voci off registrati per i suoi film, suoni d’ambiente e rumori, appunti sonori raccolti durante i suoi viaggi e le sue ricerche. Oltre che una selezione di opere di autori più giovani in dialogo con l’opera del maestro Rouch, il programma organizzato con la Fondation Jean Rouch prevede una speciale proiezione di Mammy Water (1954) con illustrazione dei materiali sonori legati al film.
Tra gli altri omaggi, la retrospettiva completa dedicata al cinema dell’italo-brasiliano Andrea Tonacci, scomparso nel 2016 e una delle figure centrali del così detto “Cinema Marginal”, attento all’attivismo indigeno sul continente sudamericano con numerosi film realizzati tra gli anni Settanta e i Duemila. Presente a Parigi, Charles Burnett è l’ospite d’onore della sezione Rebelles a Los Angeles che raccoglie opere di cineasti formatisi alla UCLA a partire dagli anni Sessanta grazie a un programma di sostegno per studenti africani e afro-americani: tra loro anche Haile Gerima, anch’egli invitato a Parigi. Infine, si segnalano gli omaggi al poeta e disegnatore marocchino Ahmed Bouanani (1938-2011), autore di un lungo e alcuni corti e oggetto del documentario Crossing the Seventh Gate di Ali Essafim, e quello al tailandese Ing K, che col suo cinema politico sfida la censura indagando temi come le violenze religiose o l’industria del turismo e le lotte popolari per ottenere una costituzione democratica nel suo paese.
Dé/montage(s) curata da Federico Rossin è invece una sezione che esplora il ruolo del montaggio come pratica teorica e creativa attraverso una serie di opere da scoprire o riscoprire: Ruiz, Kubelka (con uno dei film presentati nel 1967 alla prima rassegna del New American Cinema organizzata a Torino dall’Unione culturale e a breve riproposta da Fondazione Prada a Milano), John Baldessari, Robert Beavers, tra gli autori coinvolti.
Nelle sezioni competitive (internazionale, francese, film d’esordio e cortometraggi) sono proposti titoli recenti, una decina per ogni concorso, che raccontano crisi e conflitti del nostro presente quali l’irrisolta questione israelo-palestinese (presente in almeno tre film), l’immigrazione in Europa (su cui riflette anche Sylvain George con il suo Paris est une fête. Un film en 18 vagues), i diritti dei lavoratori e le loro residuali lotte di classe ma anche le relazioni affettive e familiari (con alcuni esempi di cinema privato e di recupero di video di famiglia), i desideri e le aspirazioni di chi vive in zone del mondo dove è difficile sognare una vita diversa e il sopravvivere nella contemporaneità di miti e riti ancestrali, come in Pagani di Elisa Flaminia Inno, opera prima che segue attraverso le storie di diversi personaggi una particolare processione che si svolge ai piedi del Vesuvio; e come nel cortometraggio Whipping Zombie di Yuri Ancarani, girato ad Haiti.
Fuori concorso gli ultimi film di altri due autori italiani: Giovanni Cioni che in Viaggio a Montevideo mette in immagini l’omonima poesia di Dino Campana e Franco Piavoli che dopo l’omaggio tributatogli dal Cinéma du réel nel 2016 porta a Parigi il mediometraggio Festa per il quale ha filmato una festa di paese del Nord Italia di oggi, e che sarà possibile confrontare nella serata del 2 aprile con Domenica sera (1966) e Voci nel tempo (1996).
Un festival in cui reale e immaginario cinematografico si incontrano non solo sugli schermi ma anche nei diversi luoghi in cui la manifestazione è dislocata, dal Beaubourg al Forum des Images, dalle biblioteche alle sale periferiche e fuori della città di Parigi, dai centri di accoglienza di Emmaüs al penitenziario di Bois-d’Arcy.
© CultFrame 03/2017
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