RiMembra di Monica Biancardi. La fotografia come poesia visuale

SCRITTO DA
Maurizio G. De Bonis
© Monica Biancardi. Da RiMembra
© Monica Biancardi. Da RiMembra

© Monica Biancardi. Da RiMembra

Una giovane donna che guarda la metropoli e il pendio di una collina, una ragazza con vestito rosso seduta su gradini e una coppia (un uomo e una donna) ripresi di spalle, un corpo nudo femminile che affiora dall’acqua e delle mani che emergono da un cespuglio pieno di fiori e che tendono una corda, le membra di anziana e la morbidezza statica del mantello di una statua. E ancora: il viso di una fanciulla dormiente, lo scorcio di un giardino in fiore, un corpo muliebre agghindato in modo kitsch. Poi: un vestito rosso, una scatola incendiata, il fuoco. Sono dittici e trittici che compongono il labirinto espressivo che caratterizza il libro, intitolato RiMembra (Damiani Editore), dell’artista napoletana Monica Biancardi.

Si tratta di un’opera (non posso che definire così questa esperienza editoriale) che si pone in maniera “altra” rispetto al panorama fotografico italiano. Per diversi motivi. In primo luogo, perché propone un’idea della fotografia che si articola secondo un discorso totalmente personale, lontano dalle mode e dalle tendenze dominanti. Poi, perché costringe il lettore a misurarsi con la forza enigmatica dell’immagine e la potenza deflagrante della connessione di elementi visuali che, allo stesso tempo, entrano in contrasto e si integrano (miracolosamente). Ancor di più. Si tratta di un’operazione soggettiva maturata nel corso del tempo che fa emergere Monica Biancardi non come una fotografa quanto piuttosto come una “macchina dello sguardo” che agisce per significanti.

© Monica Biancardi. Da RiMembra

© Monica Biancardi. Da RiMembra

Scorrere le pagine di RiMembra è un’avventura percettiva che, a mio avviso, non va vissuta dal fruitore secondo il principio scontato della ricerca del significato. Certo, inizialmente l’attenzione di chi guarda è catturata da talune assonanze e da una consequenzialità degli accostamenti che potrebbero far pensare a un’operazione estremamente elegante ma prevedibile. Irrompono, invece, nel flusso delle immagini dei fattori che sono assolutamente destabilizzanti: il senso estetico (libero), l’istinto poetico (automatico), l’affrancamento dal contenuto (sovversivo). Le opere che compongono questo prezioso volume si manifestano come sentimenti che si sono generati nell’esperienza della percezione e che tendono, esattamente come succede in poesia, verso il significante piuttosto che verso il significato.

I dittici e i trittici di Monica Biancardi, elaborati comunque su inquadrature che possiedono una loro autosufficienza, si comunicano nella loro essenza indecifrabile e non intendono impartire al lettore alcuna lezione intellettualistica, né pedagogica. Chi guarda deve semplicemente abbandonarsi a essi, deve farsi attraversare da segni, forme e cromatismi, deve in sostanza farsi toccare dal “suono” delle immagini così come accade quando si legge/ascolta un componimento poetico. Razionalizzare le fotografie di Monica Biancardi, cercare un legame consolatorio e ovvio tra esse, sarebbe un errore clamoroso.

© Monica Biancardi. Da RiMembra

© Monica Biancardi. Da RiMembra

Non a caso tutto il percorso visuale è accompagnato da un testo di Gabriele Frasca che accarezza le immagini nell’ambito di un processo evocativo che trasforma i segni della realtà estratti dallo sguardo dell’autrice nei segni simbolici della scrittura e nella sonorità del verso poetico. Il libro, oltretutto, è aperto da una composizione di Michelangelo Buonarroti tratta da Le Rime, raccolta di poesie del grande pittore-scultore. La leggerezza delicata, quanto disperata, delle parole di Buonarroti che vien fuori dal componimento n.237 Molto diletta al gusto intero e sano, trova ardite risonanze in molte delle opere visive pubblicate nel libro e si pone come una sorta di “contenitore poetico-filosofico” di tutto il libro. Così, la donna che poggia le mani sul Muro del Pianto a Gerusalemme e il deserto, il corpo pingue di una figura femminile e le enigmatiche pieghe dell’immagine posta accanto, la schiena punteggiata di terra e le ossa di un bacino, divengono gli echi indecifrabili di una sensibilità percettiva che si manifesta come un labirinto di evocazioni. Tali evocazioni si rincorrono tra le pieghe del reale e la forza oscura della memoria e si disperdono nel buco nero che sovrasta/ingloba le cose umane simboleggiato dalle due inquadrature nere che chiudono il volume.

© CultFrame – Punto di Svista 03/2017
(pubblicato su L’Huffington Post Italia)

Monica BiancardiCREDITI
Libro: Monica Biancardi – RiMembra
Testo di Gabriele Frasca
Editore: Damiani 2017
96 pagine / 50 immagini
Prezzo: 27 euro
ISBN: 9788862085144

SUL WEB
Il sito di Monica Biancardi
Damiani Editore

 

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Maurizio G. De Bonis

Maurizio G. De Bonis è critico cinematografico e delle arti visive, curatore, saggista e giornalista. È direttore responsabile di Cultframe – Arti Visive, è stato direttore di CineCriticaWeb e responsabile della comunicazione del Sindacato Nazionale Critici Cinematografici Italiani. Insegna Cinema e immagine documentaria e Arti Visive Comparate presso la Scuola Biennale di Fotografia di Officine Fotografiche Roma. Ha pubblicato libri sulla fotografia contemporanea e sui rapporti tra cinema e fotografia (Postcart), sulla Shoah nelle arti visive (Onyx) e ha co-curato Cinema Israeliano Contemporaneo (Marsilio). Ha fondato il Gruppo di Ricerca Satantango per il quale ha curato il libro "Eufonie", omaggio al regista ungherese Bela Tarr. È Vice Presidente di Punto di Svista - Cultura visuale, progetti, ricerca.

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