“Cosa ci faccio qui?” Con questa domanda la fotografa Kerstin Schomburg inizia il suo testo di presentazione inserito nel catalogo della mostra intitolata Punti di vista, allestita a Roma, presso il Museo Casa di Goethe. Una domanda estremamente interessante, stimolo per una riflessione che dovrebbe cercare di andare oltre qualsiasi plausibile risposta, per aiutarci piuttosto a prendere consapevolezza di quello che vediamo intorno a noi e del dialogo che costantemente instauriamo con i luoghi che frequentiamo, sia che ne siamo coscienti sia che li percorriamo in modo assolutamente distaccato e inconsapevole.
Un luogo non è mai solo nostro né esiste un unico modo di decifrarlo e interpretarlo, molti come noi lo vivono, lo osservano e ad ogni sguardo corrisponde un’esperienza diversa. Ci muoviamo in un ambiente condiviso con altre persone, lo attraversiamo in tempi più o meno lontani per esigenze e motivazioni del tutto differenti, lo guardiamo in modo sempre diverso, ne avvertiamo le trasformazioni e il divenire secondo una percezione intima e unica. La domanda iniziale appare, quindi, quanto mai appropriata soprattutto parlando di fotografia di paesaggio.
La mostra Punti di vista è frutto di una scrupolosa ricerca condotta nel 2015 sulle opere del pittore paesaggista Jacob Philipp Hackert, vissuto in Italia dal 1768 fino al 1807, anno di morte, il quale aveva raffigurato nei suoi dipinti, con estrema precisione, molti luoghi della penisola dai quali era rimasto profondamente affascinato.
L’opera di Hackert è caratterizzata da un’attenta osservazione della natura e dei suoi elementi senza tralasciare l’inserimento in essa della figura umana come parte integrante, le sue attività e i suoi interventi eseguiti in maniera più o meno evidente nell’ambiente. Un’osservazione che restituisce, nella gran parte dei casi, vedute vaste e ariose, ricche di dettagli da cui l’occhio dell’osservatore viene inevitabilmente attratto. Una bellezza di impronta spiccatamente classicista, ma non idealizzata e piuttosto aderente alla veridicità dei luoghi osservati, come l’artista stesso teneva a puntualizzare, tanto da essere individuabili in maniera abbastanza precisa, così come è stato possibile, non senza difficoltà, anche a Kerstin Schomburg. Ciò che ha mosso l’artista tedesca a intraprendere questo lavoro di ricerca, però, non è stata tanto la curiosità di appurare quanto le vedute di Hackert fossero esatte, ma piuttosto l’affinità di estetica che ha potuto riscontrare tra il suo modo di fotografare e i dipinti da lei studiati, affinità non tanto sul piano descrittivo, almeno inizialmente, ma soprattutto sul piano dell’esperienza vissuta nei luoghi. Dice lei stessa: “Ho scoperto che più di 200 anni fa c’era un pittore che ha sentito e osservato il paesaggio come me”. E ancora: “Probabilmente volevo semplicemente sapere se il mio sguardo sul paesaggio è veramente lo stesso”.
Da qui l’idea approfondita nel lavoro di cui la mostra ne costituisce una selezione. Nel suo personale viaggio in Italia ha ripercorso le orme del pittore recandosi sui luoghi da lui visitati e raffigurati. Roma innanzitutto, ma anche i dintorni: Albano, Nemi, Tivoli, per poi spostarsi a Pisa, Livorno, Civitavecchia, Pozzuoli, Napoli e Sorrento, riproponendo le vedute rappresentate nei dipinti dopo averne individuato, dove possibile e con notevoli difficoltà, l’esatto punto di osservazione.
Jakob Philipp Hackert. Veduta dal Monte Testaccio, 1781 © Kerstin Schomburg. Piramide vista da Via Galvani, 2015
L’accostamento tra le opere pittoriche e le immagini fotografiche rende immediatamente palesi le differenze dovute alle trasformazioni che si sono susseguite nel corso del tempo; ci appaiono scenari in alcuni casi facilmente riconoscibili, in altri totalmente stravolti da discutibili interventi umani, ma il lavoro va oltre questa prima evidenza. Non si pone con un atteggiamento critico in questo senso né tanto meno di denuncia anzi, sebbene i soggetti raffigurati siano spesso disarmonici e, in alcuni casi, decisamente stridenti nelle loro parti componenti, i paesaggi che ci vengono presentati, nel loro complesso, riacquistano una particolare armonia proprio per il modo in cui sono stati composti. La fotografa non cerca di nascondere eventuali aspetti che potremmo considerare di degrado, né vuole proporre una bellezza idealizzata ma, ponendosi con lo stesso atteggiamento con cui si era approcciato Hackert in quegli stessi luoghi, accoglie nelle sue opere tutto ciò che le appare. Lo sguardo affascinato dalla visione inaspettata di un luogo che non è più come l’immagine dei dipinti, fa sì che anche ciò che potrebbe apparire deturpante in realtà contribuisca a ricreare il suo ideale di bellezza, in quanto parte costitutiva di un ambiente in continua evoluzione.
La comprensione di tale percorso espressivo è favorito dall’allestimento proposto nella Casa di Goethe (visitabile fino al 24 settembre 2017), in cui le immagini contemporanee, di considerevole formato, sono affiancate alle riproduzioni delle opere pittoriche di Hackert, arricchite dalla presenza di alcuni originali settecenteschi e dagli appunti di viaggio di Kerstin Schomburg, raccolti durante la ricerca dei siti.
© CultFrame – Punto di Svista 05/2017
INFORMAZIONI
Mostra: Punti di vista. Kerstin Schomburg e Jakob Philipp Hackert: una ricerca fotografica
Dal 22 marzo al 24 settembre 2017
Casa di Goethe / Via del Corso 18, Roma / Tel: 06.32650412
Orari: Tutti i giorni 10.00 – 18.00 / chiuso lunedì
Ingresso: 5 € , ridotto 3 €
SUL WEB
Il sito di Kerstin Schomburg
Casa di Goethe, Roma