C’è un abisso culturale e morale incolmabile tra l’Occidente e l’Africa, una terra di deprivazioni e sanguinosi conflitti dei quali si parla poco, quasi sfuggissero alla nostra comprensione. È molto più semplice (e comodo) raccontare della mano occidentale che si protende per portare aiuto prezioso, e sottolineare l’importanza del fare sempre di più, raccogliere più fondi, inviare maggiori quantità di cibo e medicinali. Il tutto mentre si sorseggia champagne all’ennesimo gala di sensibilizzazione sul tema.
Il paradosso è evidente, e lo conosciamo tutti. Talmente bene da averlo reso una confortevole abitudine dietro la quale rifugiarci. La stessa che ha condizionato Sean Penn e il suo film, Il tuo ultimo sguardo. La cornice è quella delle guerre che dilaniano l’Africa occidentale, una “brutalità impossibile” che in apertura viene paragonata a quella di un “amore tra un uomo e una donna”. Un accostamento che stride, provocando un fastidioso rumore di sottofondo che si protrarrà fino alla fine del film.
Wren Peterson dirige un’organizzazione chiamata “Medici del mondo”, pesante eredità lasciatale dal padre, celebre attivista e ingombrante presenza-assenza nella sua vita. Durante un intervento in una Liberia devastata dalla guerra, conosce Miguel Leon, medico veterano completamente assorbito dal suo compito, al punto da non riuscire più a tornare a una “vita normale”. Tra loro si instaura una complicità intensa, un sentimento che sembra una panacea per sopravvivere all’orrore che li circonda, più che a un amore vero e proprio. Un punto di incontro fra bisogni diversi, mentre tutto intorno esplodono colpi d’arma da fuoco e si effettuano interventi chirurgici che lasciano i corpi mutilati. Sì, perché Penn, sostenuto dalla debole e a tratti ridicolmente inverosimile sceneggiatura di Erin Dignam, sembra dimenticarsi di chi si trova al di fuori dell’ospedale da campo. Tutti i volti dei profughi in fuga dalla guerra (a parte quelli di una piccola famiglia usata per creare un maggiore senso di integrazione e vicinanza) si sovrappongono senza identità in una massa informe di vittime tutte uguali, a riprova di quanto la prospettiva, nonostante il chiaro intento, sia quella di un occidente che osserva da lontano, incapace (o al quale manca la volontà) di mettere a fuoco un problema che ci riguarda e che abbiamo contribuito a creare.
Il regista vorrebbe mostrare molto, a tratti cercando uno stile documentaristico, ma non riesce a perseguire il proprio obiettivo, lasciando uno spazio enorme a una storia d’amore che non riesce a raccontarci nessun dramma, se non quello di una donna che cerca di dare un senso alla propria vita, ma nel posto sbagliato e al momento sbagliato. Nell’ansia di sensibilizzare lo spettatore, Penn accenna alcune questioni estremamente rilevanti, come la diffusione dell’aids o la piaga dei bambini soldato, costretti a compiere atrocità che, se non li porteranno alla morte, li lasceranno comunque terribilmente traumatizzati. Ma anche in questi casi, il regista sfiora i problemi o li argomenta dalla prospettiva sbagliata, restituendo una narrazione incoerente e a tratti insostenibile. Affida ai suoi protagonisti due punti di vista opposti creando una guerra (morale) nella guerra: meglio impegnarsi nella ricerca di soluzioni diplomatiche o meglio rimanere sul campo a salvare più vite possibile? Ma, come per molti dei temi appena toccati, il quesito rimane senza profondità e, soprattutto, senza risposta.
Per un regista che ha dato sicuramente prove migliori, riuscendo a raccontare l’intima sensibilità dei propri personaggi (basti pensare a Into the Wild), questo è un passo falso, forse dettato dalla necessità di raccontare se stesso e il proprio impegno, più che la tragedia africana. L’ennesima dimostrazione di quanto tali questioni siano percepite come lontane, anche quando, paradossalmente, si realizzano proprio accanto a noi. E non è certo questa la storia che può colmare tale distanza.
© CultFrame 06/2017
TRAMA
In una Liberia devastata dalla guerra, la dottoressa Wren Petersen conosce il dottor Miguel Leon. Sono entrambi impegnati in una missione di aiuto sanitario, ma mentre Miguel sembra aver trovato un proprio equilibrio, Wren è assalita dai dubbi e vorrebbe abbandonare l’Africa per occuparsi di questioni diplomatiche. Tra loro nasce un sentimento molto intenso, ma anche difficile da vivere, soprattutto nel contesto di una normalità che forse non sono più capaci di affrontare.
CREDITI
Titolo: Il tuo ultimo sguardo / Titolo originale: The Last Face / Regia: Sean Penn / Sceneggiatura: Erin Dignam / Fotografia: Barry Ackroyd, B.S.C / Montaggio: Jay Cassidy, A.C.E / Musica: Hans Zimmer / Scenografia: Andrew Laws / Interpreti: Javier Bardem, Charlize Theron, Adèle Exarchopoulos, Jared Harris, Jean Reno, Denise Newman, Oscar Best, Zubin Cooper, Sebelethu Bonkolo, Hopper Jack Penn, Merritt Wever, Tina Jaxa, Edner Nonez, Nigel Fisher, Ibrahim Mudawi / Produzione: River Road Entertainment / Paese: Usa, 2016 / Distribuzione: 01 Distribution / Durata: 130 minuti