Quando un progetto creativo può essere definito veramente “artistico”? Le risposte potrebbero essere innumerevoli e andrebbero di volta in volta calibrate in relazione al lavoro del singolo autore preso in esame. Ed è esattamente questo procedimento critico che metterò in pratica in questa riflessione. Il mio oggetto di studio, in questo caso, è la poetica visuale di Stefano Cerio, con particolare riferimento a un suo recente lavoro intitolato Night Games che ha dato come esiti concreti una mostra, allestita presso la Galleria Il Cembalo di Roma, e un libro pubblicato da Hatje Cantz.
Vado subito alla questione principale: analizzare questo progetto con gli strumenti (a dire il vero limitati) della critica fotografica sarebbe un errore incommensurabile. La poetica e le immagini di Stefano Cerio sono con tutta evidenza collocate in una zona franca, in un territorio “altro” che fortunatamente fuoriesce dalla fotografia. Intendiamoci, Cerio conosce e utilizza la tecnica, la grammatica e la sintassi della lingua che ha adottato per esprimersi con estrema perizia e notevole consapevolezza. Ma tale fattore non può bastare, ovviamente. Ciò che mi permette di sviluppare uno studio critico approfondito è molto altro, in primo luogo una sorta di “deterritorializzazione estetica” che posiziona le sue immagini in un “luogo” straniero e meticcio che rafforza in maniera esponenziale la componente evocativa delle sue opere.
Nel caso di Night Games, l’autore propone inquadrature di spazi di divertimento (per bambini e adulti) sparsi per il mondo. I frame, caratterizzati da uno sfondo nero quasi assoluto, fanno emergere dal buio abissale della notte strutture fantasmagoriche e decisamente kitsch che comunicano un mondo assurdo situato in una zona di confine tra realtà e immaginazione, tra veglia e sonno, tra percezione e incubo. Questa operazione, però, non prevede una mera rappresentazione (ovvero ri-presentazione) di situazioni parossisticamente deliranti come quelle dei parchi giochi. Soprattutto, non si intende raccontare nulla, meno che mai esprimere giudizi sociali superficiali e parlare di “abbandono” (come sottolinea lo stesso artista).
Le variopinte e insensate strutture visualizzate da Cerio agiscono come significanti, si autocomunicano in modo diretto e costringono il fruitore a doversi confrontare con delle risonanze del mondo che appaiono ancor più spaventose e drammatiche proprio perché veicolate da “oggetti” costruiti per il (presunto) divertimento delle masse. Le opere che compongono Night Games, in tal senso, contengono una sorta di “estetica della politica dell’immagine” molto più potente e destabilizzante di quella che emerge dalla stragrande maggioranza della fotografia documentaria contemporanea perché non basate sui contenuti quanto piuttosto sui segni
Ancor di più. È possibile affermare come Cerio operi, come una sorta di filtro intellettuale e culturale, in un (fuori) territorio in cui si intrecciano le influenze più disparate (e questo è un enorme pregio). Dall’iperrealismo al postmodernismo, dal cinema all’arte contemporanea, dalla filosofia dell’immagine all’esperienza di alcuni grandi fotografi (alcuni ancora in attività), le immagini di Stefano Cerio sono il simbolo positivo di una commistione poetica che si manifesta, fuori da ogni prevedibile citazionismo, come un valore aggiunto.
A tal proposito, potrei scomodare autori come Wenders ed Eggleston, addirittura Fellini. Per quel che mi riguarda, invece, intendo sottolineare una vicinanza forse inimmaginabile e ardita con la visionarietà apocalittica e postmoderna di Marco Ferreri (grande cineasta italiano sempre più rimosso). In particolare, mi riferisco a un capolavoro come Ciao Maschio del 1978 (film di cui si parla ormai pochissimo). Ricordate la sublime inquadratura di un gigantesco “King Kong” morto sulle rive dell’Hudson, con la metropoli che sullo sfondo assiste inerte ma quasi minacciosa?
Ebbene, le opere che compongono Night Games sono fortissimamente intrise di poetica ferreriana, sono sconvolgenti e definitive, folli e algide, apocalittiche e allucinanti, imperscrutabili e nitide esattamente come le immagini che ogni giorno percepiamo quando siamo costretti a uscire di casa per incontrare una realtà in cui conta solo una cosa: la mercificazione (anche dei sogni).
© CultFrame – Punto di Svista 06/2017
(pubblicato su L’Huffington Post Italia)
INFORMAZIONI MOSTRA
Stefano Cerio – Night Games
Dal 5 maggio all’8 luglio 2017
Galleria del Cembalo / Largo della Fontanella di Borghese 19, Roma / Tel: 06.83796619
Orario: giovedì e venerdì 16.00 – 19.00 / sabato 10.30 – 13.00 e 16.00 – 19.00 / oppure su appuntamento
CREDITI LIBRO
Stefano Cerio. Night Games
Testi: Gabriel Bauret, Angela Madesani
128 pagine / 54 immagini
Lingue: Italiano/Inglese
Hatje Cantz, 2017
Prezzo: 35 euro
ISBN 978-3-7757-4301-3
SUL WEB
Il sito di Stefano Cerio
Galleria Il Cemballo, Roma
Hatje Cantz