Esce ora, a tre anni dalla sua realizzazione, l’ultraquarantesimo lungometraggio di finzione dell’ormai ottantenne Claude Lelouch, da non confondere con il più recente Chacun sa vie ancora inedito in Italia con cui condivide il protagonista Johnny Hallyday. Come recita il titolo originale, Salaud, on t’aime, il personaggio di Hallyday è qui una canaglia impossibile da odiare malgrado le ferite e le delusioni inflitte alle donne che hanno avuto la sventura di far parte della sua vita. Nell’universo che contraddistingue il cinema di Lelouch, l’amore uomo-donna è il principale perno tematico e l’uomo-maschio la creatura che, credendosi misura di tutte le cose, porta avanti la narrazione qual più mal vento.
In Parliamo delle mie donne, Johnny (da pronunciare come fanno i francesi con l’accento sulla sillaba finale) interpreta Jacques, un avventuriero attempato, fascinoso fotografo di guerra abituato a cambiare compagna quasi ogni decennio e a chiamare le figlie avute da ciascuna come le stagioni della vita: Primavera la prima, poi Estate, dopo Autunno e infine Inverno, la più giovane, avuta ormai in tarda età… ognuna nutre verso il padre un rancore maturato a forza di assenze, abbandoni, malinconie e ripagato con incontri eternamente procrastinati, telefonate fredde nonché, nel caso di Primavera, un libro-scandalo pieno di cattiverie sul padre. L’unico rapporto apparentemente privo di contraddizioni è quello che Jacques ha con l’amico di una vita Frédéric, interpretato da un Eddy Mitchell effettivamente legato a Johnny Hallyday da un’amicizia ormai cinquantennale. Insomma, un bromance con tutti i crismi dentro e fuori dallo schermo. Attori e cantanti entrambi, i due sono tornati di recente a calcare le scene dei teatri francesi insieme al coetaneo Jacques Dutronc, anche lui star del rock’n roll alla mostarda, con il nome di Les vieilles canailles. A partire da tutta questa mitologia canagliesca, Lelouch confeziona quel che sembra un autoritratto assolutorio (i numerosi figli e le mogli diverse) per di più ambientato nella sua stessa grandiosa magione in Alta Savoia.
Tra vedute paesaggistiche da documentario televisivo e facili metafore (gli animali che scorrazzano nella tenuta, dal falco alla volpe, sono tutte anime del protagonista), il film si concede vezzi di regia didascalici: si vedano per esempio i numerosi momenti in cui i personaggi sono raffigurati attraverso vetri e finestre come se il regista e il suo alter-ego Jacques frapponessero sempre tra sé e il resto del mondo schermi, lenti, obiettivi, vetrate e varie altre superfici (auto)riflettenti per prendere distanza e guardarsi vivere nel mentre. Per di più, le fotografie che si vedono nella parte finale del film sono quanto di più convenzionale e ironicamente discutibile poiché autorizzano una greve associazione tra donne e vacche.
A dimostrazione del lavoro non impeccabile di un regista e sceneggiatore così esperto da non potergli perdonare tali trascuratezze, c’è anche da sottolineare il fatto che il film esce in Italia in una versione accorciata da cui è stata espunta la virata gialla che era invece presente nell’originale: il rimontaggio testimonia l’incertezza narrativa con cui sono tratteggiati il personaggio principale e il compimento della sua parabola. Non possiamo rivelare ulteriori dettagli di trama ma le due diverse soluzioni si presentano entrambe non del tutto convincenti perché lacunose e foriere di un’alternanza di registri che nuoce all’equilibrio del film.
Il film resta comunque un monumento visivo a Johnny, ai suoi occhi acuminati, al suo volto ruvido di rocker âgé pieno di fascino nonché un omaggio a un’epoca e a un’estetica soprattutto musicale, grazie a una colonna sonora a base di Georges Moustaki, Louis Armstrong ed Ella Fitzgerald, che culmina nella scena in cui Johnny Hallyday ed Eddy Mitchell duettano mentre alla tv riguardano Rio Bravo seguendo il canto di Dean Martin, Ricky Nelson e Walter Brennan.
© CultFrame 06/2017
TRAMA
Un grande fotografo di guerra, ormai ritiratosi a vita privata, trova dimora in una bellissima villa tra le Alpi. Lì inizia una nuova fase della sua vita: si mette con la più giovane agente immobiliare che gli ha venduto la casa e inizia a desiderare di poter riunire attorno a sé le quattro figlie avute da quattro donne diverse. Ma le figlie hanno con il padre un rapporto difficile di odio e amore per via delle sue ripetute assenze e resistono all’idea di rivederlo. Quando finalmente arrivano, per l’uomo è il momento di una resa dei conti epocale con il suo passato e con i suoi affetti più cari.
CREDITI
Titolo: Parliamo delle mie donne / Titolo originale: Salaud, on t’aime / Regia: Claude Lelouch / Sceneggiatura: Claude Lelouch, Valérie Perrin / Fotografia: Claude Lelouch / Montaggio: Stéphane Mazalaigue / Musica: Francis Lai, Christian Gaubert / Interpreti: Johnny Hallyday, Eddy Mitchell, Sandrine Bonnaire, Irène Jacob, Valérie Kapriski / Produzione: Les Films 13, Rhône-Alpes Cinéma / Francia, 2014 / Distribuzione: Altre Storie/ Durata: 110 minuti
SUL WEB
Filmografia di Claude Lelouch