First Reformed è il nome con cui ci si riferisce alla più antica chiesa ancora in attività della contea di Albany (lo stato di New York). Nell’incipit del lungometraggio omonimo che Paul Schrader ha scritto e diretto, presentandolo in Concorso alla 74a Mostra di Venezia, l’edificio emerge nel suo biancore e nella sua severa semplicità architettonica da un’alba invernale – una luce che caratterizzerà l’intero film.
Frequentata soprattutto da studenti e turisti, la chiesa viene oramai chiamata anche “souvenir shop” e al pastore cui è affidata tocca eseguire con zelo visite guidate oltre alle regolari funzioni, cui partecipano ben pochi fedeli. Quello tra purezza e corruzione, tra la fede e la colpa di ogni essere umano, è uno dei conflitti che animano l’intera opera di Schrader, e questo nuovo capitolo della prolifica maturità del regista americano è, per stessa definizione dell’autore, esattamente l’opposto del suo ultimo film, Cane mangia cane (2016): nell’opera precedente tratta da un romanzo di Edward Bunker, Schrader ha dichiarato di aver voluto indagare “il profano”, mentre in First Reformed esplora i tormenti spirituali di padre Toller, un ex cappellano militare la cui fede è stata messa a dura prova dalla morte in Iraq del figlio – che egli aveva motivato ad arruolarsi – e dalla crisi coniugale conseguente.
Dopo questa tragedia, le prove per l’uomo non sono però terminate. Infatti, proprio nella comunità a cui è stato assegnato per ritrovare il senso del suo ministero, deve confrontarsi con l’ideologia radicale di un giovane militante ecologista e scontrarsi con le ambizioni benefiche del proprietario di una corporation che è considerata il quinto gruppo più inquinante al mondo e che sponsorizza le celebrazioni del 250° anniversario della sua chiesa.
Come sceneggiatore, Schrader firma in questo caso quello che sembra essere uno dei suoi testi migliori degli ultimi anni. Già prima dell’incontro con il ragazzo che il protagonista cercherà di salvare, discutendoci in una sequenza costruita con una serie misurata di campi e controcampi le cui battute reggono la prova di diventare quasi un dialogo da pièce teatrale, padre Toller si presenta allo spettatore intento a scrivere in un quaderno una sorta di diario. Non riuscendo più a pregare direttamente Dio, il pastore si impone l’esercizio di scrivere a se stesso, mettendo nero su bianco inquietudini che non può confessare a nessuno, man mano sempre più connesse agli eventi che gli occorrono dopo l’incontro con il giovane ecologista marito di una sua parrocchiana. L’espediente narrativo, che sarebbe efficace anche in un romanzo, sostiene così alcuni passaggi chiave del film, facendoli commentare alla voce di Toller.
Interpretato da un dolente Ethan Hawke, il personaggio di padre Toller è inoltre omonimo del drammaturgo tedesco, rivoluzionario ma pacifista, Ernst Toller, che nel 1939 si suicidò proprio a New York all’età di quarantasei anni, la stessa del protagonista del film di Schrader. Alla pene umanistiche e sociali che soffrì lo scrittore, Schrader aggiunge le angosce teologiche peculiari di tanto suo cinema, suggellate da una citazione delle sacre scritture: “è arrivato il momento di giudicare i morti, di dare il loro premio ai tuoi servi, ai profeti, ai santi, a quelli che temono il tuo nome, piccoli e grandi, e di distruggere quelli che distruggono la terra” (Apocalisse di Giovanni 11,18).
Dal punto di vista registico, Schrader realizza un’opera visivamente compatta e convincente con una messa in scena alquanto austera e consapevole che deve molto alla fotografia di Alexander Dynan e anche a un certo cinema nord-europeo, classico e non solo: Schrader ha peraltro affermato di avere deciso di realizzare questo film dopo aver incontrato Paweł Pawlikowski, l’autore polacco del film Premio Oscar 2015 come miglior film straniero, Ida (2013). La regia di Schrader, con pochi movimenti di camera e una grande attenzione ai dettagli, permette allo spettatore di abitare tutti gli ambienti in cui si svolge la prima parte del film. Nella seconda, non manca poi qualche incursione nel gore, già frequentato dall’autore, e si può forse anche cogliere un ammiccare al più recente cinema di Terrence Malick, nutrito qui da un nichilismo che prevede però tanto l’olocausto di sé quanto l’ira vendicativa; e con un finale che invita al dibattito appena terminata la proiezione.
© CultFrame 08/2017
TRAMA
Padre Ernst Toller non ha avuto una vita semplice, non gode di buona salute e ricorre all’alcool per allontanare i suoi fantasmi. Ma quando la giovane Mary gli chiede di parlare col marito Michael, che non approva la sua gravidanza perché è convinto che le sorti del pianeta siano fatalmente segnate, si sforza di provare a convincere il ragazzo a vedere le cose da un punto di vista differente. Tale impegno non è però facile da portare a compimento.
CREDITI
Titolo originale: First Reformed / Regia: Paul Schrader / Sceneggiatura: Paul Schrader / Fotografia: Alexander Dynan / Montaggio: Benjamin Rodriguez Jr. / Musica: Lustmord / Scenografia: Grace Yun / Costumi: Olga Mill / Interpreti: Ethan Hawke, Amanda Seyfried, Cedric Antonio Kyles, Victoria Hill, Philip Ettinger / Produzione: Killer Films, An Omeira Studio Partners, Fibonacci Films, Arclight Films International / Paese: USA, 2017 / Durata: 108 minuti
SUL WEB
Filmografia di Paul Schrader
Mostra Internazionale del Cinema di Venezia – Il sito