Centrale e subito alle spalle del trafficassimo snodo di Oxford Circus, la Tiwani Contemporary è una galleria che, dal 2011, mette in mostra i lavori di artisti internazionali, sia affermati che emergenti, concentrando l’attenzione sull’Africa e la sua diaspora. Vale la pena recarsi in questo spazio per lasciarsi trasportare dalla narrativa di The Slave Ship, la potente installazione multimediale dell’artista di origine etiope Theo Eshetu. Realizzata nel 2015, l’opera è approdata a Londra, dopo essere stata presentata al The Studio Museum di Harlem (2016) e alla Deichtorhallen di Amburgo (2016).
Theo Eshetu è un veterano dell’arte multimediale. Per questo artista poliedrico, i media elettronici sono da sempre strumenti di indagine, che gli permettono di creare trame suggestive, ispirate all’antropologia, alla storia dell’arte, alla ricerca scientifica, all’iconografia religiosa, e all’esperienza personale. Le video installazioni di Eshetu sono caratterizzate da giochi sensibili di luci, suoni e movimento, in cui fotografia, documentario, film, raccontano una rete complessa di culture, che va a formare l’identità stessa dell’artista.
Di padre etiope e madre olandese, Eshetu è nato a Londra ed ha vissuto a Dakar, Belgrado, Roma e poi a Berlino. L’identità ibridata africana ed europea e l’esperienza peripatetica di luoghi e culture, si riversano nelle sue opere, che mettono in costante relazione l’unione, gli scontri o l’armonia tra influenze diverse.
The Slave Ship trae ispirazione dal titolo di uno dei capolavori del romanticismo britannico, la tela in cui Joseph William Mallord Turner raffigurò una nave, tra i flutti in tempesta, nell’atto di liberarsi del suo carico di schiavi, una scia di forme galleggianti, pronte a essere inghiottite dal mare. L’ispirazione gli venne dalla lettura di un episodio infame, quello della nave Zong, che nel 1781, gettò 133 schiavi in mare per poter riscuotere l’assicurazione. Theo Eshetu parte da qui per raccontare il doloroso storico traffico degli schiavi sulle rotte commerciali tra Eurasia, Africa e Americhe.
Una finestra si affaccia su uno spazio buio e teatrale, dove, per mezzo di una superficie riflettente, si crea un globo terraqueo e caleidoscopico, in cui si susseguono immagini di porti, abissi, monumenti, opere d’arte occidentale e paesaggi. I riferimenti sono coltissimi e profondi: le vie d’acqua (canali, fiumi, oceani) rappresentano la metafora della terribile diaspora ed il filo narrativo di quest’opera. La sequenza di immagini include Amburgo, uno dei porti europei da cui arrivavano e ripartivano oro, avorio, zucchero e schiavi, la grafica cruda dei piani e delle sezioni della nave schiavile “Brookes”, vascelli fantasma e profondità marine, in cui, tra pesci multicolori, alghe e filamenti, si intravede appena la figura di un africano, a suggerire quei fantasmi di schiavi deceduti, che perseguitano le acque dei porti europei.
I riferimenti iconografici (Caravaggio) e musicali (Bach) a San Matteo, si ricollegano al passo del Vangelo in cui il servo fannullone va gettato fuori nelle tenebre, dove sarà pianto e stridore di denti. Nell’Antico e nel Nuovo Testamento la schiavitù era considerata naturale, e così lo fu, per molto tempo, nella coscienza degli Europei. Anche dopo l’abolizione di questo traffico indegno, la tratta degli schiavi è una storia sepolta. Oggi, nel Regno Unito, il commercio con cui migliaia di famiglie britanniche si arricchirono nei secoli addietro, trafficando vite umane e zucchero, è un argomento scomodo, molto spesso celato. Eshetu esamina l’eredità di questo commercio per non dimenticare ciò che è stato e per non chiudere gli occhi sull’altrettanto esecrabile traffico di beni e di migranti che si produce nei mari odierni.
© CultFrame 08/2017
INFORMAZIONI
Theo Eshetu – The Slave Ship
Dal 30 giugno al 12 agosto 2017
Tiwani Contemporary / 6 Little Portland Street, Londra / Telefono: +44(0)2076313808
Orario: martedì – venerdì 11.00 – 18.00 / sabato 12.00 – 17.00 / Ingresso libro
SUL WEB
Tiwani Contemporary, Londra