Questo film avrebbe dovuto farlo un regista come Travis Matthews, Bruce LaBruce o Alain Guiraudie. Se lo avesse realizzato uno di questi autori certo non avrebbe evacuato dalla trasposizione cinematografica del romanzo di Walter Siti tutta la componente sessuale polimorfa che lo contraddistingue e che rappresenta uno degli assi portanti dell’esplorazione che lo scrittore conduce tanto nell’universo di borgata quanto nel profondo di un’ossessione personale. Il contagio di Siti, infatti, è sia un’indagine etnografica in forma di romanzo sia un un’autofiction (nel senso francese del termine) in cui il personaggio dello scrittore Walter si lascia condurre nei meandri di un’antropologia allo sbando dalla sua fissazione per il culturista borgataro Marcello.
Nel libro, il rapporto tra Walter e Marcello e le vicende degli abitanti del condominio dove vive quest’ultimo (nella zona Laurentino 38 di Roma) rappresentano quindi solo il pretesto narrativo per raccontare i corpi, i linguaggi, i valori e i desideri di un sottoproletariato romano contemporaneo devastato dalle tv private e dalla cocaina. Un mondo segnato da quella “malattia profonda, quel fango anche interiore, oltre che esterno, che sale quando la disperazione è troppa” (così nel romanzo) e che finisce per contagiare il narratore-personaggio di Walter. Siti parte da Pasolini e lo inverte: “non sono le borgate che si stanno imborghesendo, ma è la borghesia che si sta (se così si può dire) ‘imborgatando’”, nel complesso di una società italiana in cui “è l’ideologia di quelli che una volta si chiamavano gli esclusi (i lumpen, i sub-culturali) a risultare egemone”. Come Pasolini, però, anche in Siti dimensione sociale e dimensione corporeo-sessuale vivono un intrico inestinguibile, con il corpo proprio e altrui a fare da fulcro materiale di ogni indagine socio-politica.
È quindi un peccato che questa componente bio-politica sia stata espunta da Botrugno, Coluccini e Siano. Il terzo è infatti l’autore del testo teatrale da cui i primi due, registi, hanno tratto un film di genere, un “suburra movie”, che sceglie di portare in scena soprattutto ciò che nel romanzo era solo pretesto: storie di droga, truffe, carcere e malavita che per di più alludono ad alcune vicende molto recenti di Mafia Capitale. Il vecchio Walter sovrappeso che nel testo si aggira ai margini dell’urbe con un maglione sporco di cioccolato alla ricerca di storie da contrabbandare nei suoi romanzi, si trasforma in un Vincenzo Salemme improbabile con girocollo e casa piena di libri e oggetti d’arte: se il personaggio di Walter non interessava gli autori, si poteva anche eliminarlo approfondendo maggiormente i caratteri dei personaggi principali. Invece, il film ambisce a essere il più corale possibile correndo il rischio dell’accumulo di episodi, dialetti, macchiette, in particolare tra gli inquilini del caseggiato che l’incipit introduce con una lunga sequenza – la prima di una serie – appesantita da una invadente colonna sonora firmata Vivaldi (Paolo).
Questo film avrebbe forse dovuto farlo un autore come Matteo Garrone o qualcuno a proprio agio con un linguaggio più vicino al materiale documentario di cui era nutrito il testo di partenza, avendo il coraggio, per esempio, di lavorare con un cast di non professionisti e rinunciando ad alcune (pur buone) interpretazioni per guadagnare in autenticità. Sarebbe stato un altro film, con protagonisti trovati per le strade, nei locali o nelle palestre di periferia già corrotti dalla voglia di mettersi in scena come “personaggi” analogamente a quelli del romanzo.
© CultFrame – Punto di Svista 09/2017
TRAMA
In un condominio della borgata Laurentino 38 si muove un’umanità disperata: c’è Marcello, cocainomane che vive di espedienti e sfrutta economicamente l’intellettuale Walter, innamorato di lui. C’è Mauro che lavora al fianco di un grosso spacciatore che ricicla il denaro sporco in progetti immobiliari tra cui un centro di accoglienza per immigrati. C’è Bruno, ultras romanista che picchia la moglie, e Attilio che per comprare la pelliccia alla madre compie una rapina. E poi Cicci in sedia a rotelle, Chiara e Simona depresse, Marina a cui uscita dal carcere propongono di fare da prestanome in un affare losco…
CREDITI
Titolo: Il contagio / Regia: Matteo Botrugno e Daniele Coluccini / Sceneggiatura: Matteo Botrugno, Daniele Coluccini, Nuccio Siano / Musica: Paolo Vivaldi / Fotografia: Davide Manca / Montaggio: Mario Marrone / Scenografia: Laura Boni / Interpreti: Vinicio Marchioni, Maurizio Tesei, Anna Foglietta, Vincenzo Salemme, Giulia Bevilacqua, Daniele Parisi, Michele Botrugno, Alessandra Costanzo, Lucianna De Falco / Produzione: Kimerafilm, Rai Cinema, Notorious Pictures, Gekon Production /Italia, 2017 / Distribuzione: Notorious Pictures / Durata: 110 minuti
SUL WEB
Filmografia di Matteo Botrugno
Filmografia di Daniele Coluccini
Mostra Internazionale del Cinema di Venezia – Il sito
Notorious Pictures