André Agassi, Jim Courier, Boris Becker, Tommy Haas, Maria Sharapova, Serena Williams, Monica Seles. Chi conosce il tennis, chi è appassionato di questo sport agonisticamente crudele e (super)mentale sa di chi stiamo parlando: campioni che hanno fatto la storia di questo gioco che allunga le sue radici diversi secoli prima del Novecento.
Non a caso abbiamo stilato la lista di nomi che apre questo articolo (e ne potremmo fare molti altri). Si tratta di atleti che sono passati in modi diversi sotto le ali protettrici e ingombranti di Nick Bollettieri, come allievi della sua leggendaria accademia della Florida (chiusa nel 2010 e venduta) o come tennisti direttamente allenati dal maestro italo-americano.
Il metodo Bollettieri? Vita spartana, allenamenti durissimi, concentrazione assoluta per 365 giorni l’anno. Ragazzi in giovanissima età “costretti” a vivere tutti insieme nell’accademia. Sveglia la mattina alle 6.30, colazione e scuola, pomeriggi tutti dedicati ai pesantissimi allenamenti tipici della “cura” Bollettieri, cena, a letto. Con questo sistema il coach più contestato e controverso della storia del tennis ha tirato fuori dal suo cappello a cilindro svariati numeri uno del mondo delle classifiche internazionali.
Era dunque più che scontato che prima o poi a qualche regista sarebbe venuta l’idea di girare un documentario su questa figura mitica dello sport moderno che ancora oggi, alla veneranda età di ottantasei anni, continua a seguire con la stessa passione e determinazione adolescenti che intendono scalare i vertici della classifica mondiale ATP e WTA.
Il film in questione si intitola Love Means Zero. Il suo autore è Jason Kohn. Si tratta di un’opera dignitosa e professionale sotto il profilo strettamente cinematografico, con qualche nota di merito riguardante talune inquadrature (decisamente tristi) che immortalano l’accademia di Bollettieri ormai abbandonata, quasi distrutta. Ma l’aspetto rilevante di questo film è rintracciabile nell’impostazione del racconto, certamente basato su interviste a Bollettieri, ai suoi collaboratori e ai suoi atleti, ma che trova il suo vertice espressivo nel ritratto poetico di un uomo allo stesso tempo duro e tenero, generoso e umorale, sincero e furbo, sicuramente di un’umanità debordante e pirotecnica.
Il racconto del rapporto quasi padre-figlio, terminato con una dolorosissima rottura, avuto con André Agassi rappresenta la colonna vertebrale della narrazione. Ed è proprio quando il regista Jason Kohn affonda la sua lama d’autore nella ferita ancora aperta nel cuore del ruvidissimo Bollettieri che il film diventa addirittura commovente (non è facile vedere un duro come Nick Bollettieri avere le lacrime agli occhi).
Proprio un’opera del genere, pur nella sua estrema semplicità espressiva, che può far comprendere a chi non “vive di sport e di tennis” che cosa voglia dire costruire la carriera di un grande campione, cosa c’è dietro una straordinaria performance individuale, quali legami profondi si possano venire a creare tra allenatore e allievo, quali siano gli insegnamenti che la pratica dello sport può fornire a un individuo in fase di formazione, cosa voglia dire soffrire per vincere.
Bollettieri, in tal senso, è stato un insegnante unico al mondo, il solo che per dieci anni ha saputo domare (forse) e indirizzare il genio ribelle e anarchico di André Agassi.
© CultFrame 10/2017
TRAMA
Nick Bollettieri è stato e continua a essere uno straordinario coach nel campo del tennis professionistico. Nell’ambito della sua leggendaria accademia in Florida, sono passati molti dei nomi più significati del tennis mondiale. Oggi a 86 anni continua a seguire i giovanissimi con la passione di sempre.
CREDITI
Titolo: Love Means Zero / Regia: Jason Kohn / Fotografia: Eduardo Enrico Mayen / Montaggio: Michael X. Flores, Jack Price / Musica: Jonathan Sadoff / Interpreti: Nick Bollettieri, Jim Courier, Boris Becker / Produzione: Kilo Films, Showtime Documentary Films / Origine: USA / Anno: 2017 / Durata: 89 min.
SUL WEB
Filmografia di Jason Kohn
Festa del Cinema di Roma – Il sito