Presentato nel corso del 2017 alla 67a Berlinale, al 39° Cinéma du Réel di Parigi – la città cui è dedicata buona parte dei materiali di cui è composto – e al 15° Doclisboa, No Intenso Agora ricostruisce in maniera assai originale i fatti del maggio francese di mezzo secolo fa, battendo sul tempo i molti e prevedibili omaggi che nel corso del 2018 verranno tributati al 50° anniversario del 1968.
A dieci anni dal (meta)documentario che lo ha reso noto ai cultori del genere, Santiago (2007), João Moreira Salles torna alla regia con questo particolare film-saggio in cui assembla repertorio pubblico e privato (famigliare e amatoriale), a partire dall’urgenza di dare nuova vita alle immagini girate da sua madre in un formato ridotto dai colori smaglianti nel corso di un viaggio in Cina nel 1966. Il che fa peraltro apparire molto meno casuali sia il più tradizionale documentario televisivo che trent’anni fa rappresentò l’esordio alla regia di João, China, o Império do Centro (1987), un viaggio alla scoperta della società cinese negli anni Ottanta pre-Tienanmen, sia l’attenzione che il suo più famoso fratello Walter Salles ha riservato alla Cina in particolare con Jia Zhang-Ke (2014).
No Intenso Agora si apre proprio con una serie di sequenze di cinema privato commentate dalla voce over dell’autore: una tavolata felice nella Cecoslovacchia del 1968; una bambina filmata da un genitore mentre cammina – forse per la prima volta – in un’affollata strada brasiliana con la tata di colore che si nasconde sullo sfondo, per non rientrare nel quadro famigliare di cui non ha diritto di far parte fino in fondo; le prime immagini in 16mm realizzate dalla madre del regista nella Cina del 1966, l’anno in cui Mao lanciò la grande Rivoluzione culturale in tutta la Repubblica popolare.
Questa sorta di prologo disegna efficacemente i contorni di un’epoca e le contraddizioni della famiglia borghese di Salles, figlio di un padre banchiere, diplomatico e ministro rifugiatosi a Parigi dopo il golpe del 1964 in Brasile, che poi lasciò precipitosamente la Francia con la famiglia proprio per sfuggire ai disordini del 1968. L’interrogare le immagini, filmati o singole istantanee, con lo sguardo di oggi e con spirito quasi barthesiano – si veda a questo proposito il notevole Vita Nova (2009) di Vincent Meessen – costruisce di capitolo in capitolo una riflessione sempre più ‘postuma’ sul come si possa vivere dopo aver goduto l’intensità di momenti irripetibili: l’effimera stagione di un viaggio in un continente totalmente altro, di una rivoluzione che sarà in buona parte presto riassorbita dal sistema.
La parte centrale del film ripropone in modo cronologico un ricco repertorio del 1967-1968 in Francia, comprese sequenze già usate da Chris Marker in Le fond de l’air est rouge (1977) o da Mourir à 30 ans (1982) di Romain Goupil, e si apre con il discorso presidenziale di fine 1967 del Generale De Gaulle che si auspica un anno un po’ diverso da quello che poi sarà: la tecnica dell’indagine fotografica torna per introdurre la figura di Daniel Cohn-Bendit, protagonista delle proteste a Nanterre, e vedette mediatica subito corteggiata da televisioni e riviste che ne sfruttarono lo spontaneismo per depotenziarne le rivendicazioni; nel seguito, si racconta anche la parabola delle vittime dell’anno ‘rivoluzionario’, dei militanti suicidi come il Michel Recanati omaggiato dal film di Goupil.
Alla gioia della rivolta – mostrata in modo non dissimile dall’ultima opera di Sylvain George, Paris est une fête (2017), per la più recente generazione di rivoltosi parigini, studenti e migranti uniti nel movimento della Nuit Debout – segue l’amara diagnosi dell’incapacità di portare avanti una rivoluzione vera e propria, in Francia come nella Cecoslovacchia di Jan Palach. E le immagini cinesi realizzate dalla madre del regista, che ritornano carsicamente (con varie citazioni dal diario di viaggio in Cina di Moravia) e nell’epilogo, inducono l’autore a riflessioni malinconiche sulla fugacità di ogni tempo felice.
Su questa cifra più intima, il film può sembrar perdere mordente ed essere politicamente discusso, ma l’interesse principale del lavoro di Moreira Salles è nel cospicuo repertorio che restituisce agli spettatori di oggi e nel proporre una narrazione che si situa in un punto di vista lontano, quasi estraneo, rispetto ai rivoltosi cui la famiglia dell’autore non appartenne e dunque non meramente celebrativa di una ricorrenza storica.
© CultFrame 10/2017
TRAMA
Nel 1966 un gruppo di turisti viaggia nella Cina di Mao, godendone l’esotismo. Nel 1968 nelle strade di Parigi, si accende una rivolta che determinerà un punto di rottura nella storia del secolo scorso.
CREDITI
Titolo originale: No Intenso Agora / Regia: João Moreira Salles / Sceneggiatura: João Moreira Salles / Musica: Rodrigo Leão / Montaggio: Eduardo Escorel, Lais Lifschitz / Produzione: Maria Carlota Fernandes Bruno / Brasile, 2017 / Durata: 127 minuti
SUL WEB
Filmografia di João Moreira Salles
15° Doclisboa. Programma. di Claudio Panella e Silvia Nugara
Doclisboa – Il sito