Tra le montagne immacolate della Norvegia, un serial killer agisce indisturbato uccidendo diverse donne. Le sue vittime sono madri che considera imperfette, incapaci di amare i propri figli come dovrebbero. Nella sua visione distorta, il loro sentimento è inadeguato e non potrà far altro che mandare in pezzi non più ricomponibili quelle giovani esistenze destinate, di conseguenza, a un dolore irrisolubile. Quella che mette in scena, ad ogni prima neve d’inverno, è la riproduzione di un trauma personale, una frantumazione della sua identità che ripropone sui corpi delle proprie vittime, letteralmente fatte a pezzi, a significare che qualcosa che doveva restare unito è stato inesorabilmente spezzato. E la sua firma, riconosciuta troppo tardi, è sempre la stessa: un pupazzo di neve dall’aria triste, lugubre annuncio davanti alla casa della prossima vittima. A indagare su tali crimini c’è Harry Hole, un detective eccentrico, solitario e vittima della dipendenza da alcool, coadiuvato da una giovane collega, Katrine Bratt, forse in cerca di qualcosa di più della “semplice” risoluzione del caso.
Sono queste le premesse del thriller L’uomo di neve, firmato da Tomas Alfredson e basato sull’omonimo best seller di Jo Nesbø, ma come talvolta succede, non è semplice trasformare in fotogrammi la potenza immaginativa della parola, spesso arricchita dalle emozioni individuali che la lettura permette di liberare. E forse è proprio per questo motivo che Alfredson sembra volersi discostare dai canoni classici del thriller, per avvicinarsi a questa storia con una prospettiva diversa, anche se non del tutto efficace.
Il suo sguardo parte da lontano, dagli splendidi paesaggi norvegesi, per poi calare lentamente sui personaggi, ognuno a suo modo imprigionato dalla freddezza di quei luoghi, così magnifici eppure così cupi e statici. Quel gelo, anche emotivo, che la neve nasconde, strato dopo strato, non viene mai cancellato, ma piuttosto conservato, anche se nascosto agli occhi più indiscreti. Ma mai come in questo caso, quegli occhi sono i nostri: mentre le indagini procedono e la storia cerca di mantenere un certo grado di suspense (senza mai riuscirci fino in fondo), la nostra attenzione si sposta sui personaggi, sul loro presente e sul loro passato (troppo) nascosto e per questo inafferrabile. Si intuiscono diversi gradi di complessità, ma spesso sono accennati in modo così fuggevole da impedire anche solo un tentativo di comprensione, invece fondamentale nei confronti del protagonista, un detective abile e di grande intelligenza che trova nella dipendenza una consolazione e al contempo uno stimolo. Ed è un’osservazione che vale anche per la coprotagonista, Katrine, in cerca di una verità che la tocca da vicino e che potrebbe distruggerla. Ma la distanza imposta da Alfredson, troppo attento ad allontanarsi dai cliché per lasciare spazio agli ambienti, ai silenzi ridondanti e a un generale senso di isolamento, impedisce di avvicinarsi. Ci si sente esclusi, osservatori distaccati di una vicenda che non riesce a coinvolgere, pur nella sua oggettiva drammaticità. E mentre l’indagine procede, fino ad arrivare a un colpevole che già ci aveva strizzato l’occhio, si ha la costante sensazione di avere i piedi affondati nella neve, di essere immobilizzati e impossibilitati a seguire il filo logico tracciato da Harry e dallo stesso Alfredson.
Per quanto anche lo spettatore sia chiamato a indagare, non tanto sugli omicidi, quanto sui legami tra i personaggi (come sembra voler suggerire lo stesso regista, con una lunga apertura sulle statue del Parco di Vigeland, luogo simbolo di Oslo), questa possibilità viene continuamente negata, con buona pace di chi Harry Hole lo conosce, per la prima volta, proprio al cinema. Non se la prendano, invece, i suoi affezionati lettori: il temperamento ritrovato nel finale potrebbe far pensare che Harry abbia ancora voglia di mostrarsi sul grande schermo, magari lasciandosi conoscere un po’ meglio.
© CultFrame 10/2017
TRAMA
Investigando sulla scomparsa di una donna, avvenuta subito dopo la prima neve d’inverno, il detective Harry Hole, a capo di una squadra speciale anticrimine, teme che sia tornato a colpire un inafferrabile serial killer. Con l’aiuto di una collega appena trasferita, il detective si trova a riaprire vecchi casi irrisolti, nella speranza di fermare l’assassino prima che possa uccidere ancora.
CREDITI
Titolo: L’uomo di neve / Titolo originale: The Snowman / Regia: Tomas Alfredson / Sceneggiatura: peter Straughan, Hossein Amini, Søren Sveistrup / Interpreti: Rebecca Ferguson, Charlotte Gainsbourg, Chloë Sevigny, Val Kilmer, J. K. Simmons / Fotografia: Dion Beebe / Montaggio: Thelma Schoonmaker, Claire Simpson / Musica: Marco Beltrami / Scenografia: maria Djurkovic / Produzione: Working Title, Another Park Film / Paese: Regno Unito, Stati Uniti, Norvegia 2017 / Distribuzione: Universal Pictures / Durata: 119 minuti
SUL WEB
Sito ufficiale del film The Snowman (L’uomo di neve) di Tomas Alfredson
Filmografia di Tomas Alfredson
Universal Pictures