Melodramma nipponico dai risvolti gialli e dalle implicazioni piscologiche, Birds Without Names è un’opera cinematografica che coinvolge intimamente lo spettatore fino a quando, quasi alla risoluzione della vicenda, finisce per incartarsi terribilmente in un finale ridondante, ripetitivo e inutile dal punto di vista drammaturgico. Abbiamo deciso di iniziare questo articolo da un’affermazione “conclusiva”, proprio perché le sequenze di chiusura appaiono semplicemente come un macroscopico stiracchiamento posticcio (per superare le due ore di durata?) che non porta più nulla sotto il profilo contenutistico.
Per oltre un’ora e tre quarti, invece, il regista Kazuya Shiraishi costruisce un intreccio di eventi, ma anche di motivazioni psicologiche, che procede, grazie ad alcuni interessanti flashback, in maniera decisamente armoniosa. Lo “spiegone” finale arriva, dunque, a far decadere una magia espressiva che si era mantenuta ad alto livello per quasi tutta la durata del film.
Perno del racconto, la delicata e ingenua Towako, una ragazza molto carina e fragile che insegue l’amore, lo desidera, lo sogna, ma poi cade sempre tra le braccia di uomini che la illudono e la usano per i loro putridi scopi. Non si tratta certo di una storia innovativa, così come non sorprendono i personaggi che fanno parte dell’architettura della narrazione: i cattivi veramente (super) cattivi, i cattivi mascherati da buoni, i buonissimi che sembrano cattivi. Ma nonostante ciò, il racconto scorre senza intoppi e, soprattutto, senza noia alcuna.
Tutti ruotano intorno all’elemento femminile, fattore che si manifesta grazie al volto gentile, elegante, di Towako, la cui bellezza, lungi dall’essere prevedibile e provocante, ha dei tratti quasi sublimi. In tal senso, la scelta dell’attrice Yû Aoi è stata a dir poco perfetta. La regia di Kazuya Shiraishi, pur virando in qualche passaggio verso una certa sovrabbondanza visuale, riesce a rendere in modo chiaro lo spirito del personaggio centrale e il senso dell’intera vicenda.
Particolarmente significative alcune sequenze in interni, soprattutto quelle che riguardano la squallida abitazione che Towako divide con il coinquilino (perdutamente innamorato di lei) Jinji. Il disordine e la sporcizia della casa si contrappongono all’ordine e alla pulizia degli altri ambienti in cui è girato il film. Si tratta però di un’inversione metaforica. La piccola e confusa casa di Jinji e Towako, apparentemente minacciosa, è in realtà un porto sicuro, un nascondiglio protettivo dall’orrore e dalla perversione che caratterizza il mondo esterno.
Il femminile, inteso in chiave prettamente filosofica, diviene il facile bersaglio dell’immoralità di una società decisamente maschile e maschilista che non conosce altra relazione con l’altro se non quella determinata dall’idea dello sfruttamento. Towako, ovvero il femminile per eccellenza, tutta chiusa nel suo mondo di sentimenti puri e di sensualità totalmente naturale, non può fare, alla fine, che prendere coscienza della sua condizione e ribellarsi.
© CultFrame 11/2017
TRAMA
Towako è una ragazza molto delicata e buona che vive con un uomo un po’ rozzo: Jinji. La donna vive nel ricordo della burrascosa relazione amorosa che ha avuto con il perfido Kurosaki. Un giorno, casualmente, incontra il bel Mizushima, con il quale intreccia una nuova relazione sentimentale. Ma non tutto è come crede la giovane.
CREDITI
Titolo: Birds Without Names / Regia: Kazuya Shiraishi / Sceneggiatura: Taeko Asano / Fotografia: Takahiro Haibara / Montaggio: Hitomi Kato / Scenografia: Riki Imamura / Produzione: The Klockwork / Interpreti: Yū Aoi, Sadao Abe, Tori Matsuzaka, Yutaka Takenouchi /Anno: 2017 / Paese: Giappone / Durata: 123 min.
SUL WEB
Filmografia di Kazuya Shiraishi
Festa del Cinema di Roma – Il sito