Riccardo va all’inferno. Un film di Roberta Torre. 35° Torino Film Festival. After Hours

SCRITTO DA
Claudio Panella

Roberta TorrePresentato per la prima volta al pubblico – non casualmente – nella sezione riservata agli horror contemporanei del Torino Film Festival 2017, Riccardo va all’inferno è un lungometraggio tetro, anche se musicale, dark anche se grottesco, in cui Roberta Torre ha portato sul grande schermo in chiave ancora più nera un suo spettacolo teatrale del 2013, intitolato Insanamente Riccardo Terzo, allora interpretato da pazienti psichiatrici accanto ad attori professionisti.

Il film si propone come una sorta di installazione fuori dal tempo, che non ci si sorprenderebbe di veder ricominciare da capo subito dopo i titoli di coda, ambientata tutta in interni e incentrata sulla follia autofagica della famiglia Mancini, clan che domina il piccolo regno dello spaccio di Tiburtino Terzo asserragliato nel suo palazzo lussuoso ma cadente. Quando il rampollo Riccardo viene dimesso dall’ospedale psichiatrico in cui languiva da decenni a causa – si scoprirà attraverso un paio di flashback, unici spiragli temporali della narrazione – dell’insanità dei suoi familiari, ha inizio un gioco al massacro volto a sterminare tutti i colpevoli del suo ‘scontento’.

Torre prende spunto dal plot shakespeariano e lo rivisita contaminandolo con l’immaginario della malavita nostrana a cui già aveva dedicato opere più solari e camp quali Tano da morire e Sud Side Stori: in questo caso, però, in una sorta di posizionamento di campo che affianca e si smarca sia dall’ambientazione meridionale dei suoi film precedente sia da quella dei camorra-musical dei Manetti Bros, quali il recente Ammore e malavita, l’azione si svolge in una regione dai toponimi laziali (Tiburtino Terzo) che rinvia alle molte cronache nere degli ultimi anni relative al malaffare intorno alla Capitale e in cui il clan Mancini è complice degli zingari guidati dal feroce Romolo.

Roberta Torre

Sembra comunque difficile che Riccardo va all’inferno si possa inscrivere nel filone di successi della serie Suburra, in primis proprio per il suo incedere claustrofobico verso un epilogo fatale: nessun colpo di scena (non lo è per davvero neppure il finale che riporta al centro della scena la Regina Madre che da sempre governa più di ogni Re Mancini), nessuna concessione musicale al motivo orecchiabile da parte di Mauro Pagani, nessuno spazio di interazione tra l’opera e il pubblico schiacciato dal pieno delle inquadrature strette sui personaggi, dalle loro maschere di gomma evidentemente posticce, dalle atmosfere e dagli arredi evocanti più Brazil che non The Rocky Horror Picture Show.

Nessuno spazio di identificazione, infine, appare possibile tra spettatore e personaggi. Resta l’interpretazione fisica e vocale convincente di un Massimo Ranieri inedito, il cui personaggio non può smarcarsi dalla condanna familiare enunciata dalla madre interpretata da Sonia Bergmasco: “l’unico perdono possibile resta sempre la vendetta”. L’aggiornamento principale di questa versione del dramma già tante volte trasposto al cinema è il lasciare a una donna, terribile, l’ultima parola.

© CultFrame 12/2017

TRAMA
Dimesso dall’ospedale psichiatrico dov’era rinchiuso da trent’anni per una pericolosa sindrome schizofrenica, Riccardo Mancini può tornare a casa e dare il via a una scalata al potere che passa per un regolamento di conti con la propria famiglia, un clan criminale al cui vertice si trovano i fratelli e la terribile madre.

CREDITI
Titolo: Riccardo va all’inferno / Regia: Roberta Torre / Sceneggiatura: Roberta Torre, Valerio Bariletti / Interpreti: Massimo Ranieri, Sonia Bergamasco, Silvia Gallerano, Ivan Franek, Silvia Calderoni, Teodoro Giambanco, Michelangelo Dalisi, Antonella Lo Coco, Matilde Diana, Tommaso Ragno / Fotografia: Matteo Cocco / Montaggio: Giogiò Franchini / Musica: Mauro Pagani / Scenografia: Luca Servino / Produzione: Paolo Guerra / Italia, 2017 / Distribuzione: Medusa / Durata: 91 minuti

SUL WEB
CULTFRAME. 35° Torino Film Festival. Programma. di Claudio Panella e Silvia Nugara
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Claudio Panella

Claudio Panella, Dottore di ricerca in Letterature e Culture Comparate, si interessa in modo particolare alle interazioni tra la letteratura e le arti, alle trasfigurazioni letterarie del paesaggio e della città, alle rappresentazioni del lavoro industriale e post-industriale nella letteratura italiana ed europea. Attualmente è redattore di Punto di Svista - Arti Visive in Italia e CultFrame - Arti Visive.

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