A lungo coppia nella vita, ma divorziati da alcuni anni, Amalric e Balibar mettono in scena in questo film dedicato all’icona della musica francese Barbara una danza di sguardi incrociati e un gioco di rifrazioni auto-bio-finzionali che, quasi miracolosamente, non nuocciono al ritratto della cantante e non deluderanno i suoi fan. Molto si deve all’interpretazione di Balibar, che non è solo attrice ma anche cantante, come dimostra l’intenso omaggio cinematografico che le fece qualche anno fa nientemeno che Pedro Costa in Ne change rien (2009). Ma se il talento della protagonista non oscura in Barbara il personaggio a cui Balibar dà corpo, ciò si deve anche alla complessa trama di stratificazioni allestite da Amalric in fase di sceneggiatura e di regia.
Nel film di Amalric, Balibar è infatti un’attrice di nome Brigitte chiamata a interpretare un film su Barbara, lui è il regista Yves, fan dell’artista fin da ragazzo. I confini metacinematografici della narrazione sono sfumati e sempre mobili, accostando con una fluidità notevole film nel film e repertorio, accogliendo le immagini degli anni Sessanta e Settanta accanto a quelle rigirate oggi senza quasi soluzione di continuità come se queste ultime fossero una sorta di re-installazione delle prime; e facendo interpretare addirittura allo scrittore Pierre Michon (celeberrimo in Francia a partire dal caso editoriale di Vies Minuscules, del 1984 ma tradotto in italiano da Adelphi solo nel 2016) la parte del biografo della cantante Jacques Tournier (scrittore e traduttore di Scott Fitzgerald e di Truman Capote, classe 1922 ma ancora vivente) che ne ha raccontato la vita nomadica, le modalità creative, la poetica: tra Tournier e Michon c’è una vaga somiglianza, e l’incursione di Michon/Tournier sul set dove Brigitte sta girando una scena insieme a un attore che lo interpreta ottiene un effetto di autenticità e di corto circuito insieme che è la cifra peculiare di questo lavoro di Amalric, giunto oramai alla sua sesta regia.
Al cuore di una siffatta architettura di specchi, la figura di Monique Andrée Serf, in arte Barbara, emerge dunque in modo prismatico come un’artista infaticabile, ossessionata da ogni minimo dettaglio e impegnata per anni in tour e performance dal vivo interminabili seguite da un pubblico adorante. Frammentando la cronologia del biopic, Amalric consegna Barbara a una dimensione quasi senza tempo – anche se ne seguiamo la parabola nel corso di oltre due decenni – ripercorrendo comunque le tappe fondamentali della parte finale della sua carriera quali il rapporto con il fisarmonicista Romanelli, il sospetto tentativo di suicidio in seguito allo shock per la morte di Jacques Brel, l’addio alle scene.
Barbara fu anche interprete di una manciata di ruoli sul grande schermo, fu proprio Brel a volerla dirigere nella sua prima regia, Franz (1971), con protagonisti lui e Barbara nella parte di Léon e Léonie che tentano di vivere un amore impossibile; o nel film appare fuggevolmente – come tanti altri dettagli – pure una foto di scena (falsa?) del musical Lily passion (1985) in cui lei cantava e recitava con Gérard Depardieu, il cui figlio Guillaume sarà autore di uno dei testi del suo ultimo album intitolato, come il film di Amalric, semplicemente Barbara e uscito nel 1996, l’anno prima della sua morte.
Barbara è stato il titolo inaugurale di Un Certain Regard a Cannes 2017 – meritandosi un inedito Prix de la Poésie du cinéma – e ha poi ricevuto il Prix Delluc e il Prix Vigo ed è uno dei film dell’anno in Francia prima ancora dell’assegnazione dei Césars. In Italia, è stato presentato fuori concorso durante la quarta edizione del Seeyousound-International Music Film Festival di Torino.
© CultFrame 01/2018
TRAMA
Il regista Yves Zand sta realizzando un biopic sull’icona della musica francese Barbara, la cui interpretazione ha affidato a un’attrice, Brigitte, che riesce a immedesimarsi profondamente nella parte al punto da far rivivere a Zand le emozioni provate da ragazzo quando conobbe la vera cantante.
CREDITI
Titolo: Barbara / Regia: Mathieu Amalric / Sceneggiatura: Mathieu Amalric e Philippe Di Folco da un soggetto di Renaud Legrand e Pierre Léon / Interpreti: Jeanne Balibar, Mathieu Amalric, Aurore Clément, Vincent Peirani, Pierre Michon / Fotografia: Christophe Beaucarne / Montaggio: François Gédigier / Musica: Barbara / Scenografia: Laurent Baude / Produzione: Patrick Godeau / Francia, 2017 / Durata: 98 minuti.