Morrissey prima di Morrissey, prima dei mazzi di gladioli sul palco, prima dei virulenti proclama vegani, delle invettive contro la monarchia ma anche dei flirt con il nazionalismo britannico e delle risse con la polizia italiana. Come Nowhere boy raccontava John Lennon fino al limitare della sua vita da illustre sconosciuto, anche England Is Mine mette a fuoco la vita del giovane Steven Patrick Morrissey prima che con Marr e company desse vita agli Smiths e poi avviasse una longeva carriera solista. Ne emerge il ritratto di un misantropo adolescente ai confini con l’autismo per quanto già saldamente egocentrico e provocatore. Un appassionato di musica e lettere con una vena di genialità che sin da giovanissimo gli ha permesso di trasformare la malinconia in immaginario e l’autocommiserazione in poetica.
England Is Mine, infatti, non è tanto o solo il racconto di formazione di una rockstar bensì, più che altro, il ritratto di uno scrittore prima dell’ascesa. Questa presenza della scrittura come fonte d’ispirazione, come aspirazione e pratica costante, come arma di difesa e attacco ma anche come risorsa emancipatoria e relazionale è il maggior elemento d’interesse di questo biopic per il resto opaco e stanco sul piano estetico e narrativo.
Lo Steven di Mark Gill è un distillato di rimpianti già a diciott’anni, uno che passeggia per le vie di Manchester componendo versi come The past is everything I have failed to be, it was the ease of doing nothing over the fear of doing something: il passato e tutto ciò che non sono riuscito a diventare, era la comodità di non fare nulla contro la paura di fare qualcosa. Ma queste forse sono le parole dell’adulto, paroliere che non si è mai dimenticato l’universo di tormenti che lo hanno formato. Lo stesso ultracinquantenne che nel 2013 ha pubblicato una corposa autobiografia piena di verve da cui la sceneggiatura ha probabilmente attinto molte informazioni ma non l’energia creativa.
Chi ha letto il libro ritroverà nel film la madre, intelligente e affettuosa, e l’amica Linder Sterling, artista e intellettuale goth alla cui bellezza neppure l’avvenente Jessica Brown Findlay rende giustizia. Anche il volenteroso Jack Lowden, attore scozzese ventisettenne in ascesa, tra i protagonisti di Dunkirk, per quanto dotato dei giusti occhi cerulei, non riesce pienamente a rendere l’ardente sfacciataggine che balena dal viso dell’artista anche nei ritratti giovanili. Tuttavia, la sua performance e la sceneggiatura non deludono chi vorrà seguire le prime fasi di sviluppo del dandysmo del cultore di Oscar Wilde e Kenneth Williams, di quello che in molte sue canzoni si dichiara più propenso a passare le giornate a letto che a lottare per la pace nel mondo.
Il regista di Manchester, candidato in passato all’Oscar per alcuni suoi corti, co-sceneggiatore e autore di alcune musiche originali del film, restituisce frammenti di una giovinezza periferica in un ambiente di opprimente squallore (come per lo Ian Curtis di Control di Corbijn) in cui tuttavia esistono libri per coltivarsi e giornali come il New Musical Express per informarsi e in cui Morrissey fa alcuni incontri importanti, continuando ad alimentare la propria vocazione letterario-musicale grazie al sostegno della madre.
Ci sono poi, nel film che si svolge tra il 1976 e il 1982, i vinili e le musicassette, i negozi di dischi e le mura tappezzate di ritagli di giornale, echi estetici e culturali di un’epoca che dal punto di vista musicale era straordinaria per uno che venerava New York Dolls, Roxy Music e David Bowie, anche se tutta la vita ha amato i crooner e il rock’n roll anni Sessanta. Una delle scene più belle del film ha infatti come colonna sonora This Town Ain’t Big Enough For Both Of Us degli Sparks, una band monumentale, un duo di geniali innovatori a cui generazioni di artisti sono ancora oggi debitrici. Gli Smiths sarebbero arrivati di lì a poco…
© CultFrame 01/2018
TRAMA
Il giovane Steven ha terminato gli studi e cerca lavoro ma la sua vera aspirazione è diventare scrittore o cantante in una band. La sua timidezza contrasta con il suo senso critico e così scrive lettere avvelenate ai giornali musicali criticando le band locali. Grazie a una di queste lettere incontrerà Linder, artista che lo spingerà a perseguire la sua vocazione.
https://youtu.be/4DHJa10Sa8A
CREDITI
Titolo: England Is Mine / Regia: Mark Gill / Sceneggiatura: Mark Gill, William Thacker / Interpreti: Jack Lowden, Jessica Brown Findlay, Adam Lawrence, Jodie Comer, Katherine Pearce, Laurie Kynaston, Peter McDonald, Simone Kirby / Fotografia: Nicholas D. Knowland / Montaggio: Adam Biskupski / Musica: Ian Neill / Produttori: Baldwin Li, Orian Williams / UK, 2017 / Durata: 93 minuti.
SUL WEB
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Filmografia di Mark Gill
Seeyousound, Torino