Dei, un film tra autobiografia e nuovi linguaggi. Intervista al regista Cosimo Terlizzi

SCRITTO DA
Arianna Pagliara

Cosimo TerlizziArtista e fotografo oltre che regista, Cosimo Terlizzi ha alle spalle un interessante e originalissimo percorso da documentarista. Dei è il suo esordio nel cinema di finzione: l’autore parla della sua terra – la Puglia – mescolando tracce autobiografiche con l’esigenza di mettersi alla prova attraverso forme e linguaggi che finora erano rimasti distanti dal suo percorso cinematografico. Il risultato è un riuscito racconto di formazione portato avanti con sincera empatia e rara delicatezza, lieve eppure incisivo, capace di restituire appieno le inquietudini, gli entusiasmi e le malinconie dell’adolescenza.

CultFrame l’ha intervistato in concomitanza alla proiezione in anteprima del film Dei effettuata il 10 febbraio 2018 a Milano nell’ambito di Acquerò Film Festival – Lo spirito del cinema.

Potremmo leggere Dei come il film che, nel tuo percorso cinematografico, segna un doppio passaggio. Anzitutto quello dal documentario alla fiction, per quanto sia di fatto riduttivo ascrivere i tuoi precedenti lavori, poliedrici e multiformi, nell’ambito del documentario tout-court. In secondo luogo, in senso strettamente produttivo, per la prima volta ti confronti con un cinema inteso come “industria”, che impone dinamiche e necessità nuove, probabilmente più vincolanti e complesse rispetto alle esperienze maturate finora, portate avanti in totale autonomia creativa.

Infatti, è stato come passare dalla piccola officina alla grande fabbrica. I rapporti e le dinamiche sono totalmente differenti. La mia idea nella fabbrica si riverbera con le altre del gruppo di lavoro, il confronto e il compromesso sono continui fino alla chiusura del film in post produzione. Il mio lavoro solitario, sfrontato e libero nella piccola officina (studio) trova pochi compromessi, come l’artigiano davanti all’oggetto che deve creare con i suoi tempi e la sua maestria. Nell’industria si attua un programma fitto di lavoro. L’opera deve essere realizzata nei tempi previsti. Lo staff farà in modo di rendere al meglio l’idea dell’autore. L’autore dovrà sperare di dare alla fine la sensazione di un’opera viva, libera e matura. Ecco la finzione. La vita nei documentari è la scena, mobile, su cui l’autore lavora. Una messa in scena decisa all’istante. Nella fiction tutto deve essere posizionato: la stato d’animo, la luce, l’orologio, gli indumenti. Lo sforzo dell’autore è essere profeti: deve immaginare come vivrà ogni singolo personaggio e pensarlo nei suoi movimenti interiori fino al termine delle riprese. Ho parlato qui di autore, non di regista, questo perché ho diretto un’opera che ho scritto (con Jean Elia) nella speranza di trovare una possibile continuità con le mie precedenti opere. Ho diretto lo sguardo di ognuno, ho detto loro come dovevano guardare. La difficoltà in un’opera realizzata nell’industria sta proprio nel non perdere di vista l’orizzonte che l’autore sta guardando.

Dei. Backstage (Foto: Matteo Leonetti)

Dei. Backstage (Foto: Matteo Leonetti)

Abbandonare il documentario per la fiction significa rispondere a una serie di nuove esigenze, prima fra tutte quella del casting. Hai scelto, per i protagonisti, dei volti ancora poco noti, credibilissimi nei ruoli che interpretano. In che modo hai lavorato in questo senso, quali sono state le tue priorità?

È stato come andare a cercarli davvero, nel senso che era come se ogni personaggio esistesse nella realtà ed io dovevo cercarlo. È stato eccitante e difficilissimo, abbiamo trovato il protagonista due settimane prima delle riprese. Luigi Catani, era tra le centinaia di volti che abbiamo visto. Mi è bastata una piccola fotografia per capire che era lui Martino. Lo abbiamo invitato ai provini ed era subito evidente che aveva quei moti e quei colori che cercavo. Trovato il protagonista la scelta degli altri è stata come la composizione di un puzzle. La madre Carla De Girolamo assomigliava a Luigi, il padre Fausto Morciano diverso e nervoso, mi ricordava mio padre. Trovare gli amici è stato come andare nel passato a cercare i miei amici. Dovevo trovare quelle figure che mi facevano pensare proprio a loro e chi conosce i miei precedenti lavori potrà riconoscerne alcuni. Andrea Arcangeli (Ettore), Martina Catalfamo (Laura), Matthieu Dessertine (Louis), Andrea Piccirillo (Andrej) e Angela Curri (Valentina). Ognuno doveva spiccare con la propria personalità, questo perché il gruppo di amici del protagonista doveva affascinare e incuriosire. Ho cercato gli attori nel loro sguardo, che doveva essere sfaccettato. “Sfaccettato” è stato l’aggettivo che ho usato come intercalare per tutto il periodo del casting.

Un ulteriore cambiamento rispetto ai tuoi precedenti film lo si rintraccia nel linguaggio. Se nel documentario tendevi costantemente a sperimentare e a spingerti verso territori liminali, in Dei scegli invece di restare ancorato a stilemi più classici e collaudati, prediligi uno sviluppo narrativo che, nel suo studiato minimalismo, è fluido, piano e solido.

La sceneggiatura e la complessità dell’industria mi hanno portato a scegliere quella modalità. Si tratta di un territorio molto mediato. È facile farsi affascinare dalle infinite possibilità. Le tentazioni sono tante. Ho pensato quindi che la forma classica potesse aiutarmi. Ho scelto di privarmi di ogni orpello, almeno quello è stato il tentativo. Sobrietà dello sguardo. Tutto il lavoro fatto è stato di assecondare il mezzo per dargli l’illusione di essere protagonista e poi annullarlo per far sì che si vedesse altro da esso. È come mettere a fuoco, allineare il binocolo, posizionare la bussola, mettere a piombo. Ma è molto difficile allineare tutto… non so se ci sono riuscito. La cosa straordinaria è che si è in tanti a lavorare sul corpo di una sola poetica. Un’operazione delicata.

Dei. Backstage (foto: Matteo Leonetti)

Dei. Backstage (foto: Matteo Leonetti)

Il titolo, e uno specifico passaggio del film, fanno riferimento al dialogo tra il centauro e Giasone bambino nella Medea pasoliniana, ovvero all’idea di una natura tutta pervasa dal sacro, di una divinità “espansa” che permea tutte le cose e che, al contempo, ama e odia gli uomini. Qual è il tuo rapporto con Pasolini e in quale misura è stato – se lo è stato – un riferimento per il tuo cinema?

Pasolini non è morto invano. Ha lasciato tracce e ne lascerà. Ho vissuto a Bologna negli anni novanta, una dimensione di studio e vita che mi ha formato artisticamente. Passavo accanto al portone dov’era nato lui. Ciò che ho dentro però è il conflitto non risolto con la natura e con la folle idea di supremazia dell’uomo su di essa. Il tarlo che ossessionava Pasolini, in me come in altri miei coetanei, s’è fatto più complesso ma in una nuova luce. Chi sono gli innocenti in tutto questo? Quei proletari, quei contadini hanno fatto il gioco del disastro. Affascinati dalle promesse di una moderna civiltà. L’ignoranza ha tradito tutti. E continua a farlo. Lo sguardo profetico del poeta non è stato ascoltato. Oggi raccogliamo i rifiuti dalle spiagge e dai boschi. Le grandi industrie hanno fatto scacco matto. Chi sono gli innocenti? Non certo noi umani. Non lo saremo mai. Ma ecco, nel film racconto questo primo germe di conflitto. Quel fascino primordiale verso il mito. Un mito che ci allontana dalla terra… ma poi alla fine è proprio la terra il corpo del mito. Gli Dei sono in ogni cosa, questo insegna la Grecia classica. Nel rosmarino, nell’alloro, nel mirto, nella donna e nell’uomo certo, ma donna e uomo che sono un tutt’uno con gli altri elementi della natura. Il corpo unico del mondo.

Dei. Backstage (foto: Matteo Leonetti)

Dei. Backstage (foto: Matteo Leonetti)

In questo film, seppure in una veste rinnovata, convergono molte delle suggestioni che si rintracciano nelle tue opere precedenti, come ad esempio la fascinazione per l’universo animale/naturale. Nel sentire del giovane protagonista agisce una duplice forza: la spinta all’evasione, verso la metropoli e il viaggio (l’apertura al futuro) e il legame con la terra/natura (le proprie radici), un mondo assieme incantato e, a tratti, brutale. Questa dicotomia, questa percezione delle cose, in un certo senso ti appartiene? Rispecchia il tuo percorso biografico?

La domanda che mi sono posto è stata “bisogna rinunciare alla terra per emanciparsi?”.
La terra intesa come quell’elemento primordiale e vitale che ci inquieta da sempre. Io ho dovuto lasciare la terra (la casa dei miei in campagna) per seguire la mia strada, la strada degli studi e di quello che ritenevo il mio modo di emanciparmi. Tutta l’umanità sembra destinata a lasciare la terra, e a rintanarsi in grandi città magari sospese nel vuoto o in altri pianeti come Marte. Una fuga cominciata da sempre. C’è una disonestà e una viltà innata verso la terra. E poi mi rendo conto che in fondo si tratta di tradire una madre, con un corpo diverso e immenso e che il piccolo uomo capriccioso non sopporta più perché da sempre viziato o privato di ciò che vorrebbe avere. La generosità della terra è innata e straordinaria, ha creato l’uomo, e ora sembra proprio che anche lei sia destinata a perire con una malattia autoimmune. Questo è un argomento che mi tocca molto, un nervo scoperto.
Nel film il protagonista sarà messo davanti ad una scelta, l’emancipazione richiede una rinuncia.

© CultFrame 02/2018

Cosimo Terlizzi (Bitonto, 1973) ha seguito un percorso di studi artistici e sviluppa il suo lavoro attraverso l’uso di diversi media: fotografia, performance, videoarte, cinema. Le sue opere sono state esposte in diversi musei e gallerie, dal Centre Pompidou a Parigi al MACRO di Roma. I suoi film sono stati presentati in festival nazionali e internazionali: Rotterdam Int. Film Festival, Festival d’Automne a Parigi, Kunstenfestivaldesarts di Brussel, Biennale Danza di Venezia, Torino Film Festival, London Int. Documentary Festival, Festival Internazionale del Cinema di Roma.

CREDITI
Titolo: Dei / Regia: Cosimo Terlizzi / Soggetto: Cosimo Terlizzi / Sceneggiatura: Cosimo Terlizzi, Jean Elia / Montaggio: Andrea Facchini / Fotografia: Federico Annicchiarico / Musica: Christian Rainer / Protagonisti: Andrea Renzi, Luigi Catani, Andrea Arcangeli, Martina Catalfamo, Matthieu Dessertine, Andrea Piccirillo, Angela Curri, Fausto Morciano / Produzione: Riccardo Scamarcio, Viola Prestieri / Anno: 2018

SUL WEB
Il sito di Cosimo Terlizzi
Filmografia di Cosimo Terlizzi
Acquerò Film Festival. Anche Scamarcio e Terlizzi tra gli ospiti

 

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