Quando i buoni, i deboli, i discriminati, i dannati e ignorati da tutti solidarizzano possono dar luogo a grandi rivoluzioni. Questa la semplice morale della favola sontuosa che Guillermo del Toro racconta ne La forma dell’acqua – The Shape of Water. La sua protagonista è quanto di più umile si possa immaginare: non solo è muta ma di lavoro fa la “spazzamerda”, l’”asciuga urina”, come si autodefinisce una delle sue colleghe e amica presso il centro di ricerche aerospaziali Occam. Giorno dopo giorno, tra una spazzata e una lavata, la donna viene a contatto con una straordinaria creatura (che in laboratorio viene sempre e solo chiamata “the asset”, la risorsa) giunta in laboratorio per una serie di esperimenti. La creatura si dimostra sensibile alle sue attenzioni e tra i due reietti finisce per nascere un vero e proprio amore. Così, quando Elisa scopre che la creatura non solo è sottoposta a continue violenze ma è anche destinata alla vivisezione, escogita un piano per salvarla ma, poiché siamo negli Stati Uniti del 1962, si trova invischiata in un tipico intrigo da Guerra Fredda con tanto di fughe, sparatorie, generali implacabili e spie doppiogiochiste.
Come la creatura fantastica attorno a cui ruota il film, La forma dell’acqua è anfibio, una fiaba in cui scorrono abbondanti secchiate di melassa ma anche parecchio sangue, immersa in un universo visivo chiaro-oscuro di notti perenni illuminate da luci artificiali. La narrazione attinge da due miti, la Bella e la bestia e la Sirenetta, con un linguaggio visivo in cui domina l’elemento acquatico e i toni del verde, dell’azzurro, del nero solo occasionalmente spruzzati di rosso vivo. Anche il personaggio principale interpretato da Sally Hawkins, attrice tanto British quanto oramai lanciata negli USA sin da Blue Jasmine, è segnato dall’ambivalenza: pura ma anche sensuale (con tanto di nudo integrale). Benché lavori ormai nel sistema cinematografico Hollywoodiano e racconti qui una storia molto statunitense, il regista messicano Guillermo del Toro non disdegna elementi che rinviano all’Europa: strizza l’occhio al favoloso mondo di Amélie Poulain (tutta la scena della preparazione di Elisa prima di andare a lavorare) e quando fa sognare la sua protagonista sulle note de La Javanaise scatena una bizzarra coincidenza. Difatti, viene in mente quando su quella stessa canzone, nell’immaginifico biopic Serge Gainsbourg. Vie héroique di Joann Sfar, balla un’altra coppia che richiama la bella e la bestia ovvero il surreale pupazzone Gainsbarre con colei che in quel film interpretava Juliette Gréco ovvero Anna Mouglalis, giurata alla 74° Mostra di Venezia dove La forma dell’acqua è stato presentato in concorso.
Oltre ai due miti citati e a tutte le versioni cinematografiche che ne sono state tratte (la bellissima “bestia” fa pensare al Jean Marais di Cocteau ma anche alla Daryl Hannah Sirenetta), La forma dell’acqua tributa un omaggio sia al cinema d’altri tempi (Elisa vive sopra un cinema chiamato Orpheum che proietta La storia di Ruth e Mardi Gras) sia alla tv dei grandi varietà musicali con Bojangles, Betty Grable, Carmen Miranda e Alice Faye tingendo l’intero film di una rispettosa nostalgia.
Pur solido nell’intrigo e spettacolare visivamente nonché musicato sfarzosamente da Alexandre Desplat, La forma dell’acqua non è un film impeccabile per il modo in cui indulge nel sentimentalismo ma soprattutto per l’eccesso di correttezza politica. Sarà anche frutto di ironia, ma il suo set di personaggi buoni dal cuore grande sembra ideato con alla mano un manuale di inclusione sociale delle minoranze: c’è una diversamente abile, una persona di colore (per di più entrambe donne), un omosessuale progressista e una creatura diversamente umana nonché un sovietico buono in piena Guerra Fredda. Oltre alla denuncia antirazzista e antisessista, non manca la morale ambientalista. Forse una spinta un po’ meno insistita sul pedale dei buoni sentimenti e qualche metafora meno esplicita avrebbero giovato a un film comunque di grande bellezza e cura soprattutto visiva.
© CultFrame 09/2017 – 02/2018
Film presentato alla 74. Biennale Cinema di Venezia
TRAMA
Stati Uniti 1962. Elisa è muta e lavora come donna delle pulizie in un grande centro di ricerca aerospaziale dove un giorno gli scienziati portano una misteriosa creatura anfibia per sottoporla a esperimenti che potrebbero rivelarsi cruciali nella gara con i sovietici alla conquista dello spazio.
CREDITI
Titolo: The Shape of Water / Titolo italiano: La forma dell’acqua / Regia: Guillermo del Toro / Sceneggiatura: Guillermo del Toro, Vanessa Taylor / Fotografia: Dan Laustsen / Montaggio: Sidney Wolinsky / Scenografia: Paul Denham Austerberry / Musica: Alexandre Desplat / Interpreti: Sally Hawkins, Doug Jones, Richard Jenkins, Michael Shannon, Octavia Spencer, Michael Stuhlbarg / Produzione: Double Dare You / Paese: USA, 2017 / Distribuzione: Twentieth Century Fox Italia / Durata: 123 minuti
SUL WEB
Sito ufficiale del film The Shape of Water (La forma dell’acqua) di Guillermo del Toro
Filmografia di Guillermo del Toro
Mostra Internazionale del Cinema di Venezia – Il sito
Twentieth Century Fox Italia