Regista poco conosciuto in Italia nonostante abbia firmato già più di una decina di film tra lungo e cortometraggi, Jean Paul Civeyrac è anche insegnante di cinema all’Università di Parigi VIII, dove si reca a studiare Etienne, il protagonista di Mes provinciales. Il film è ambientato ai giorni nostri e il regista riesce ad assumere la giusta distanza nel raccontare un mondo a cui è allo stesso tempo vicino e lontano, un mondo di giovani cinefili con cui è a contatto ma dai quali è distante dal punto di vista anagrafico. Non c’è dunque la nostalgia di chi racconta il passato ma neppure il voyeurismo di chi spia con cupidigia i più giovani, solo quell’incredibile leggerezza che nasce dall’aver letto molto, visto molto cinema, molto vissuto e imparato a scrivere un film capace di raccontare la vita e il cinema con molta eleganza.
Mes Provinciales è un racconto di formazione senza esserlo perché disattende le attese di compimento legate al genere e per questo è interessante, risultando capace di raccontare le nostre esistenze in tutta la loro non linearità. Etienne parte convinto e sicuro di sé per andare incontro a un futuro pieno di promesse ma intraprende un cammino di incontri, di domande, di disillusioni che lo portano a dubitare di sé, delle proprie capacità e del proprio valore creativo.
A Parigi, Etienne si scopre provinciale (viene da Lione) come quasi tutte le persone che con lui vivono e studiano nella capitale, intraprende la lavorazione di un film che non sembra concludersi mai, studi che forse non condurranno da nessuna parte, trascina all’infinito la scrittura di una sceneggiatura, viene preso in simpatia da un docente che dice di credere nel suo valore ma che forse ha solo un debole per i proletari, vive di lavori precari, di amori effimeri, di amicizie che forse non sono tali. La sera del suo arrivo, il ragazzo partecipa a una festa dove qualcuno gli parla di un certo Mathias – anche lui studente di cinema a Parigi VIII – come di una mente geniale e radicale. Quell’opinione sancisce per Etienne la costruzione di un ideale verso cui tendere.
Quando i due si incontrano, Etienne è subito sedotto dall’eloquenza brillante, dalla disinvoltura critica e sferzante di Mathias (il bravo Corentin Fila visto in Quando hai 17 anni di André Téchiné) e l’amicizia di quest’ultimo diventa un trofeo da conquistare, la sua approvazione si fa metro di misura di ogni atto creativo. Ciò finisce per sortire effetti castranti sul protagonista che non si sente mai all’altezza di quell’altro il quale, in realtà, esiste più nella sua testa che nella realtà. Mes provinciales gioca con grande raffinatezza su questa relazione a specchio, un po’ reale un po’ sognata, triangolata dall’ideale, mediata dal cinema e dalla letteratura, nutrita di fantasmi e immaginario. La relazione tra i due ha molto a che fare con il concetto di proiezione, con ciò che Etienne proietta su Mathias e con il film che il ragazzo si costruisce nella sua testa.
Mes provinciales parla dunque anche del rapporto tra vita e cinema, di come l’immaginazione possa cambiare le nostre azioni ma anche di come a volte immaginare rischi di essere l’unica azione che siamo capaci di compiere. Il bianco e nero con cui è girato il film e la sua divisione in capitoli sono scelte formali particolarmente azzeccate nel rendere anche visivamente il rapporto tra vita e cinema. Molte riflessioni e domande sono affidate alla dialettica tra i personaggi, il dissidio tra arte e politica, per esempio, è molto ben rappresentato dal conflitto tra l’intellettuale Mathias che crede l’arte sia in sé politica e l’attivista Annabelle, coinquilina di Etienne per un certo periodo e amore inafferrabile, che diffida dell’estetica ma sa apprezzare Il colore del melograno di Sergei Parajanov.
Civeyrac è un cinefilo che sa raccontare senza snobismi ma con grazia cosa significa amare il cinema, vivere e respirare cinema, trovarsi la sera con gli amici per vedere un film di Marlen Khutsiev, proporre a una ragazza di passare insieme un pomeriggio in cineteca sperando di farle capire meglio quanto la si ami, suggerire ai genitori una passeggiata veloce al Louvre forse sfiorando Godard con il pensiero. Nella scena in cui Etienne segue la sua prima lezione universitaria, Civeyrac non risparmia anche qualche frecciata ironica al cinema italiano contemporaneo. Una docente, infatti, racconta all’aula la grandezza del cinema prodotto negli anni Sessanta nello stivale e cita Rossellini, Fellini, Antonioni, Pasolini, Ferreri ma anche autori di genere come Freda, Bava, Argento concludendo che oggi non saprebbe chi accostare a questi nomi. Quando uno studente propone Paolo Sorrentino lei risponde: “non vedo che rapporto ci sia tra lui e i grandi che ho appena citato” e alla ragazza che rilancia con Mario Martone replica: “ammirevole ma niente di più”.
Oltre al cinema e alla musica classica con cui il regista ha un rapporto particolare (qui soprattutto la purezza di Bach ma c’è anche una sequenza deliziosa in cui un personaggio canta Sylvie di Satie), il film guarda anche alla letteratura, a Novalis, a Nerval, a Pascal, dalle cui Provinciales prende ispirazione per il titolo. Laddove Pascal interveniva nel dibattito tra giansenisti e gesuiti a proposito di verità e menzogna, anche il film a modo suo parla di questo, del nesso tra ciò che diciamo e ciò che facciamo, di fedeltà e tradimento nelle relazioni e con se stessi per ragionare sullo scarto tra ciò che desideravamo essere e ciò che poi riusciamo a diventare, tra il valore che ci riconoscono gli altri e quello che noi siamo in grado di riconoscere a noi stessi. Ci si può solo augurare che un film di questa bellezza e pregnanza riesca a trovare una distribuzione in Italia.
© CultFrame 02/2018
Film presentato alla 68° Berlinale
TRAMA
Etienne lascia Lione, la famiglia e la fidanzata per studiare cinema a Parigi. Nella capitale incontra nuovi amici e nuovi amori, talvolta fugaci, talvolta meno, e intraprende un percorso di scoperta di sé che lo porta a interrogarsi sulla natura dei rapporti affettivi e sulla fedeltà agli altri e a se stessi.
CREDITI
Titolo: Mes provinciales / Regia: Jean Paul Civeyrac / Sceneggiatura: Jean Paul Civeyrac / Fotografia: Pierre-Hubert Martin / Montaggio: Louise Narboni / Scenografia: Brigitte Brassart / Interpreti: Andranic Manet, Corentin Fila, Gonzague Van Bervesselès, Diane Rouxel, Jenna Thiam, Sophie Verbeeck, Valentine Catzeflis, Charlotte Van Bervesselès, Nicolas Bouchaud, Laurent Delbecque / Produzione: Frédéric Niedermayer (Moby Dick Films), Michèle Pétin, Laurent Pétin, ARP Sélection / Francia, 2018 / Distribuzione: Les Films du Losange / Durata: 136 minuti
SUL WEB
Filmografia di Jean Paul Civeyrac
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